L’arma del delitto non è mai stata trovata, ma qualcosa potrebbe finalmente combaciare. Peccato che, come sempre in questa storia, ogni novità somigli a un déjà vu…
C’è un martello, una mazzetta, un attizzatoio, pure una piccozza. E ci sono i carabinieri, il torrente Tromello, le Iene, Milo Infante, una nonna e una casa dietro un canale. Ma la notizia, vera o no, è una: l’arma del delitto di Chiara Poggi, forse, è stata trovata. O forse era lì da anni. Secondo la trasmissione Ore 14 sera su Rai 2, a fare un salto avanti nel cold case più intricato della cronaca nera italiana sarebbe stato un muratore egiziano, che anni fa avrebbe consegnato una manciata di attrezzi ai carabinieri. Non ieri, non all’inizio della nuova inchiesta che ha rimesso nel mirino Andrea Sempio, ma molto prima. Prima dei dragaggi, prima del rumore. Forse addirittura prima delle Iene. Perché in realtà, finora, si pensava che gli oggetti fossero stati ritrovati dai vigili del fuoco nel greto del torrente, dietro casa della nonna delle gemelle Cappa. E invece no: quegli attrezzi sarebbero stati consegnati volontariamente da questo misterioso muratore egiziano, che nel 2007 potrebbe aver visto, saputo, o semplicemente raccolto. E li avrebbe dati agli investigatori senza clamore, senza telecamere, ma con qualche anno di anticipo rispetto ai nuovi scavi.


Il programma condotto da Milo Infante fa un passo oltre: sostiene che più testimoni avrebbero confermato la consegna degli oggetti molto prima delle ricerche recenti. Quindi, sì: quegli attrezzi erano già lì. E ora che tornano a galla, dovranno essere analizzati per capire se siano compatibili con le ferite trovate sul corpo di Chiara Poggi il 13 agosto 2007. Perché la verità è che, dopo diciassette anni, l’arma del delitto non è mai stata trovata. E quella mancanza, forse, è sempre stata la crepa più profonda della condanna ad Alberto Stasi. Nel frattempo, si torna a parlare di un’altra pista, quella seguita dalle Iene. Un testimone anonimo raccontò a suo tempo di aver raccolto le confidenze di due persone, oggi decedute, che gli avrebbero detto di aver visto Stefania Cappa agitata, subito dopo l’omicidio della cugina Chiara. La ragazza sarebbe stata notata mentre entrava con una borsa pesante nella casa della nonna materna, proprio quella sul retro del canale. Poco dopo, qualcuno avrebbe sentito “un tonfo in acqua”. L’eco di quel tonfo – reale o inventato – oggi rimbalza su una manciata di attrezzi da muratore. Oggetti banali, sporchi di terra e silenzio, che adesso dovranno parlare. O almeno provarci.
