Tre oggetti. Tre tracce. E una nuova, inquietante ombra sul delitto di Garlasco. A 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, una domanda torna a farsi largo tra i silenzi e gli incastri mai risolti: chi era davvero dentro quella casa di via Pascoli la mattina del 13 agosto 2007? Mentre l’indagine su Andrea Sempio resta in una terra di mezzo giuridica - mai chiusa, mai esplosa - è sui reperti più banali che si concentra oggi l’attenzione dei periti nominati nell’incidente probatorio. Non per cercare la verità assoluta, ma per inseguire molecole infinitesimali, quasi invisibili, eppure in grado, forse, di riscrivere tutto.
Le analisi scientifiche si stanno ora concentrando su tre reperti chiave:
-
Un frammento di para adesiva con impressa un’impronta digitale non attribuita, ma soprattutto con sopra materiale genetico maschile.
-
Il tappetino del bagno, testimone silenzioso dell’ultima corsa di Chiara, dove sarebbero presenti tracce genetiche Y, non attribuibili né ad Alberto Stasi né ad Andrea Sempio.
-
Un tampone orale il cui Dna, dicono gli esperti, sarebbe estremamente compromesso, al limite dell’utilizzabile.

Quel tappetino ha già fatto la storia giudiziaria del caso. Nella sentenza che ha condannato Alberto Stasi a 16 anni, si legge che l’assassino, dopo aver colpito Chiara, sarebbe entrato in bagno per lavarsi. Ma oggi, quella stessa scena si ribalta. Nessun sangue nel sifone, capelli lunghi e scuri nel lavabo, e una nuova suggestione investigativa: l’assassino potrebbe essersi solo specchiato, controllando di non avere tracce addosso, forse usando un asciugamano per ripulirsi. Quindi sarebbe uscito, lasciando dietro di sé solo pochi dettagli. O forse no. Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, è cauto ma netto: "Sul tappetino devono essere fatti ulteriori approfondimenti. Le tracce potrebbero essere state contaminate, ma non vanno archiviate". C’è poi l’impronta “fantasma”, quella impressa su una para adesiva, trovata sulla scena del crimine. Non appartiene a Stasi. Non è di Sempio. Ma c’è. E sopra di essa è stato isolato un frammento di Dna maschile. Troppo poco per creare un profilo completo, ma abbastanza per riaccendere il dubbio: c’era un altro uomo nella casa di Chiara? La perita della Gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, ha segnalato la presenza di materiale genetico “Y”, ora nelle mani della genetista forense Denise Albani, incaricata di provare a identificarlo. La difesa di Andrea Sempio: "Nulla cambia. Tutto fumo". Dal fronte di Andrea Sempio, il commento è secco. "Non c’è nulla che cambi il quadro già noto", dice l’avvocato Massimo Lovati. "Il tappetino, il sangue, il Fruttolo… tutto già visto, tutto già spiegato. Torniamo a parlare del Dna sotto le unghie di Chiara, lì si gioca la vera partita". Ma davvero siamo ancora fermi lì? Le novità, seppur microscopiche, minano la ricostruzione ufficiale. Il Dna “Y” trovato dove non dovrebbe esserci, il profilo non identificato, l’impronta che non ha nome. La sensazione è che il caso di Garlasco non abbia finito di parlare.
