Saman Abbas aveva soltanto 18 anni quando la sua famiglia decise di ucciderla nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio del 2021. Tuttavia, nonostante la sentenza di primo grado, non è ancora del tutto chiara la dinamica della sua morte, davvero lo zio nel toglierle la vita ha agito completamente solo? Un omicidio studiato, avvenuto sotto l'occhio di una telecamera, che lascia aperta la possibilità che anche la mamma di Saman possa aver avuto un ruolo attivo nella morte della figlia. Cosa accade in quei cinquanta secondi in cui sparisce dall'inquadratura insieme alla figlia? Il 27 settembre scorso il giornalista Giammarco Menga, che noi di MOW abbiamo intervistato, ha pubblicato un libro, "Il delitto di Saman Abbas. Il coraggio di essere libere", che ripercorre tutti gli aspetti della tragica storia di Saman. Una ragazza originaria del Pakistan che sognava di poter vivere secondo i dettami occidentali, e non secondo le rigide regole imposte dalla sua famiglia: niente scuola, niente amici, niente telefono. Sognava di essere un “italian girl”, di amare e di essere amata a sua volta. Eppure, nella sua giovane vita in tanti, troppi, hanno scelto di tradirla e di voltarle le spalle: “Lo scopo di questo libro è non solo quello di dare voce a Saman che non può più averla, ma anche di renderlo un esempio per tutte quelle ragazze che sono ancora all'interno di una loro lotta interiore tra la cultura di origine, da cui conservare quello che c'è di buono, e una cultura occidentale da abbracciare per trovare un giusto compromesso, ragazze che devono continuare ad avere il coraggio di lottare per avere la propria libertà”.
Pensando al caso di Saman il primo riferimento che mi torna alla mente è l’immagine del suo fidanzato Saqib in lacrime, ospite in tv, mentre denuncia la scomparsa di Saman puntando il dito verso i genitori di lei. Eppure, quello che poi è emerso durante le indagini, è l’immagine di un ragazzo non particolarmente scosso per la scomparsa della sua fidanzata.
Lui è uno dei personaggi che ho cercato di approfondire. Sia dall’analisi condotta sui telefoni che sono stati sequestrati ai ragazzi, sia da quello che è uscito dalla sentenza di primo grado, sostanzialmente emerge la figura di un ragazzo che stimola Saman a tornare in quella che ho definito “la tana del lupo” senza accompagnarla, ma stimolandola nella ricerca di documenti che poi si scopriranno non essere necessari per sposarsi, che era il suo obiettivo principale. La cosa che balza più in evidenza è che lo stesso giorno in cui Saman è stata uccisa Saqib chatta con una ragazza pakistana che già sentiva dal 2016, a cui era promesso sposo. C'è questo scambio di messaggi in cui si si capisce che tra i due ci fosse una relazione storica. Lei in Pakistan, lui in Italia. Si parlava di matrimonio e d’amore. È lui stesso che a un certo punto le confessa che le sta nascondendo qualcosa, un qualcosa che avrebbe scoperto tramite il telegiornale quando sarebbe uscita la notizia della scomparsa di Saman. Mettendo insieme questi elementi per me si tratta di una figura che rientra negli amori traditi di Saman. Insieme alla famiglia, ovviamente, genitori che dovrebbero essere i primi a proteggere una figlia. Però negli amori traditi c'è anche questo ragazzo, che l'ha abbandonata proprio nel momento decisivo della sua vita. Lei è stata tradita anche da suo fratello.
Fratello che in un primo momento aveva assecondato la versione della famiglia, ovvero che Saman si fosse allontanata volontariamente, per poi tornare sui propri passi puntando il dito proprio contro i suoi parenti. Un racconto che non è stato ritenuto attendibile, secondo te invece c'è un fondo di verità?
Per me doveva essere giudicato, questo mio pensiero l'ho scritto anche nel libro. Bisognava anche valutare un'attendibilità parziale delle sue dichiarazioni. Sicuramente ha fatto molti errori, ma bisogna ricordare che è stato pressato e condizionato dalla famiglia nei mesi successivi alla scomparsa affinché tenesse la linea del clan, quindi un allontanamento volontario della ragazza. Quando ha rotto il patto e ha confessato per la prima volta che c'era stato un omicidio di origine familiare, indicando lo zio come primo responsabile, quello per me è già stato un atto di coraggio e di pentimento. Al netto degli errori e delle colpe evidenti che anche lui in questo disegno ha, perché ha tradito la fiducia della sorella registrando di nascosto le sue chat controllandola come le chiedevano i genitori, la verità è che alla fine, avendo avuto la possibilità di parlarci personalmente per tanto tempo, ho notato proprio questo pentimento nei suoi occhi. Ho cercato di dargli anche un po' una forma di pietà, perché mi sembrava doverosa verso un ragazzo che aveva solo 16 anni all'epoca dei fatti. Mi è dispiaciuto che non sia stato creduto in nulla, tant'è che i cugini di Saman sono stati assolti anche perché la sua testimonianza è stata totalmente ritenuta inattendibile. Ho fiducia che lui possa essere risentito o comunque riabilitato nel processo di secondo grado che ci sarà a febbraio.
Nella sentenza non è stato riconosciuto l’aggravante della premeditazione del delitto, infatti si parla di preordinazione. Qual è la differenza?
Preordinazione significa che il disegno del delitto è stato costruito quella stessa sera sulla base di dinamiche impreviste come, ad esempio, il fratello che mostra ai genitori le chat tra Saman e il fidanzato la sera del 30 aprile. La sera dell’omicidio. Ho contestato questa cosa perché c'è una procura che sta lottando per far riconoscere la premeditazione, e lo farà nel secondo grado mostrando le famose telecamere del giorno prima del delitto con gli spostamenti dello zio e dei cugini. Nel libro ho cercato di spiegare che l'omicidio di Saman rientra nel contesto di un delitto d'onore, che purtroppo è ancora diffuso in Pakistan, ed è un tipo di delitto che nasce in un contesto clanico, e che ha bisogno di organizzazione e maturazione. Quindi, se è di tradizione clanica e più persone decidono, è difficile che poi l'attore che esegue sia uno solo. Invece il processo di primo grado ci dice che l'unico esecutore materiale è lo zio. Se è un delitto d'onore, che viene programmato, è abbastanza strano che alla fine non sia premeditato. C'è anche da ricordare che la fossa dove Saman viene sepolta, e dove rimane per un anno e mezzo, è stata scavata in sei fasi. Una fossa profonda due metri, particolarmente complicato averla scavata tutta nella notte in cui Saman è stata uccisa. Molto strano. Il delitto d'onore non si sposa con la preordinazione, perché è evidente che è un qualcosa che viene organizzato per chi è andato fuori dalle regole. Come aveva fatto Saman, che aveva rifiutato il matrimonio, che voleva vivere la sua libertà, che voleva autodeterminarsi. Tutte cose che non potevano essere accettate.
Nel tuo libro sei riuscito a non renderla solo come la classica vittima con tutti pregi e zero difetti, ma una ragazza come tutte.
Premesso che nessuno dovrebbe fare la fine che ha fatto lei, era una ragazza che come le sue coetanee poteva dire anche delle piccole bugie, che sbagliava come sbagliano tutte le ragazze a quell'età sulla soglia dei 18 anni. Cosa voglio dire? Che anche la Corte riconosce un'attendibilità, parziale, di quello che la ragazza raccontava in comunità e al fidanzato. Mi è dispiaciuto che all'interno delle bugie sia stata riconosciuta anche una frase fondamentale, che invece Saman ebbe il coraggio di dire a Saqib pochi giorni prima che venisse uccisa, quando gli raccontò di aver ascoltato la madre parlare al telefono con un parente in Pakistan, che le diceva “uccidetela prima che scappi di nuovo”. Questa frase non viene enfatizzata, ma classificata come una bugia. Nessuno può sapere se quella frase sia stata realmente ascoltata da Saman, però è singolare che pochi giorni più tardi quello che lei aveva riferito sia poi realmente accaduto, anche se in quel momento la madre con il suo ennesimo inganno le dice che stanno parlando di un'altra ragazza.
Sei d’accordo con l’esisto della sentenza che riconosce come solo esecutore materiale dell’omicidio lo zio di Saman? Oppure che anche sua madre, in quei cinquanta secondi in cui non viene ripresa dalla telecamera possa aver avuto un ruolo attivo nella morte della figlia?
A mio modo di vedere, ma questa è una ricostruzione che faccio sulla base degli atti che ho letto e del pensiero personale che ognuno si fa nella ricostruzione dei fatti, per me è un lasso di tempo troppo breve. Sicuramente i genitori rimangono i mandanti e la sentenza per loro è certamente giusta, ma non è come sostiene ancora oggi il padre di Saman, ovvero che loro l'abbiano lasciata sulla stradina e che non sanno assolutamente cosa le sia successo. Perché la mimica del padre, che rimane inquadrato in quei cinquanta secondi, mostra dei sussulti a gambe e braccia, che fanno capire che sta realmente e istintivamente reagendo a qualcosa che vede con i suoi occhi. Che sia stata una sola persona a uccidere Saman a me sembra molto complicato. Nessuno potrà dire con certezza se siano stati in due a tenerla e uno abbia eseguito o il contrario, però io ritengo che su quella stradina non ci fosse solo lo zio quella notte. È la mia idea come l'idea della procura, però la giustizia italiana al momento ci dice che ci fosse solo lo zio, oltre ovviamente ai genitori che l'hanno lasciata lì. Ho fiducia che la verità storica si avvicini a quella processuale con il processo d'appello.
Il fratello di Saman nel suo racconto ha collocato sulla scena del delitto anche i cugini, per cui la procura aveva chiesto ventitré anni di carcere. Invece sono stati assolti entrambi.
Nella ricostruzione che fa la Corte, soprattutto dichiarando inattendibile la testimonianza del fratello, è chiaro che a quel punto fosse giusto, non avendo altri elementi forti a sostegno dell'accusa, che i due ragazzi venissero scarcerati. Loro al momento sono assolti e liberi, che siano innocenti nessuno lo può dire, anche perché non siamo ancora al terzo grado. Resta comunque il fatto che entrambi si siano allontanati pochi giorni dopo il delitto, nonostante questo sia stato fatto passare dai loro difensori come un allontanamento e non una fuga. Anche questo è parecchio strano. Che abbiano avuto paura perché lo zio era già andato via, o perché c'erano i carabinieri sulle loro tracce o altro, non lo possiamo dire.
Invece la partenza dei genitori di Saman il giorno dopo il delitto possiamo considerarla una fuga?
Qui torniamo al discorso della premeditazione e della preordinazione. Anche se in momenti separati i biglietti per il Pakistan erano stati acquistati nei giorni prima, anche per un discorso economico, oltre che di organizzazione di un viaggio. È molto strano che alla fine le cose siano precipitate, guarda caso, la sera prima della partenza. Per me quella è una fuga tra l'altro organizzata all'ultimo solo nel particolare più piccolo, cioè il tassista abusivo che porterà i genitori a Malpensa. È abbastanza difficile pensare che sia tutta una casualità. Questa è una storia in cui guardando i singoli elementi ognuno sembra non avere un valore particolare, ma guardandoli insieme, come il disegno clanico che io vedo nell’omicidio, in come matura il delitto di Saman, ogni elemento guardato nel suo insieme acquista un significato diverso. E in questo caso l'acquisto dei biglietti per il Pakistan è la fuga la mattina dopo la scomparsa. Neanche 24 ore dopo la morte di Saman i genitori sono già in macchina.
Molto spesso si dimentica che la morte di Saman è avvenuta durante la pandemia, e quindi con il fermo dei trasporti durante la notte, un particolare che ha sicuramente inciso nella dinamica dei fatti.
Infatti per me sarebbero potuti partire anche la stessa notte. E sono stati molto bravi anche nello studiare i movimenti rispetto alle telecamere. Questo ci fa capire che loro hanno studiato anche cosa riprendesse ogni singola telecamera e quindi si sono mossi di conseguenza per non fare nulla sotto l'occhio elettronico. Penso comunque che anche se si fosse visto qualcosa in più da quelle telecamere loro erano convinti che l’avrebbero fatta franca, puntando al fatto che all'esterno tutti avrebbero detto la stessa cosa. Cioè che Saman si era allontanata come aveva già fatto in passato, magari in Belgio dal suo primo amore o in Pakistan per fatti propri.
Saman è scappata sola in Belgio?
Sì, il viaggio in Belgio di Saman è stato il suo primo urlo di libertà, che nel libro ho approfondito con degli elementi inediti. C'è questo il racconto dell'incontro che lei ha con un avvocato donna nella stazione di Reggio Emilia, donna che l'aiuta ad utilizzare il nuovo telefono che Saman aveva acquistato quel giorno. E il racconto della videochiamata che fa per far conoscere a Saeed, il ragazzo afgano di cui si era innamorata, la sua nuova amica che l'aveva aiutata. Questo nonostante anche la barriera linguistica, infatti le due si erano comprese a gesti alla stazione. Ovviamente questa è anche la sua prima delusione d'amore, perché questo viaggio in Belgio durerà solo dieci giorni, poi lei piangendo capirà che lui aveva anche un'altra ragazza e quindi chiede disperatamente alla famiglia di rientrare in Italia. Tra l'altro in quel periodo fa anche questo tatuaggio con la S di Said che poi conserverà tatuato sulla pelle e che mostrerà in tante foto che abbiamo imparato a conoscere. Sempre sui social, che erano un po’ la sua finestra sul mondo con cui riusciva ad uscire dai dettami molto ferrei della famiglia, sperimenta il suo secondo amore, che è quello per Saqib. Lo conosce dopo l'estate del 2020, inizia a chattare con questo ragazzo pakistano che viveva nel Lazio. Passerà poco tempo e appena le norme anti-Covid lo permetteranno, a metà di gennaio, prima di una nuova chiusura tra le regioni per l'emergenza della pandemia, ci sarà questo fatidico primo incontro a Bologna dove ci sarà il bacio, poi diventato famosissimo anche sul web.
Il movente dell'omicidio, più nel rifiuto di Saman del matrimonio combinato lo possiamo individuare nel fatto che lei avesse pubblicato sui social proprio queste foto in cui si baciava con il fidanzato?
Il rifiuto delle nozze è sicuramente un elemento, ma non è la causa scatenante, perché dietro quel matrimonio c'erano affari economici, come spesso accade nei matrimoni combinati quando ci si unisce tra parenti, tant'è che il promesso sposo era un cugino della famiglia della madre di Saman. Certamente hanno influito soprattutto i contenuti social con Saqib, ragazzo che era inviso alla famiglia di Saman anche per un discorso di differenza tra caste sociali. Più in generale il movente risiede nella voglia di vivere di Saman, perché alla fine rientra tutto nel concetto dell'onore, che è stato sporcato dai comportamenti di questa ragazza fin dalla sua prima fuga nel periodo in cui era già promessa sposa. La pericolosità di quel bacio non è tanto che l'abbiano visto i parenti più stretti, ma che l'abbiano visto in Pakistan. È lì che si decide che questa ragazza doveva morire. Saman è andata contro ogni tipo di regola e di tradizione culturale della famiglia, del clan. Non sposa chi dovrebbe sposare, fa le sue prime esperienze contro la volontà della famiglia, vuole autodeterminarsi e quindi andare contro il disegno che hanno costruito per lei i familiari. Questo ha portato a ritenere Saman ingestibile, e a trovare come unica soluzione quella dell'omicidio.
Anche perché la famiglia di Saman non voleva realmente integrarsi in Italia, stava lavorando qui per guadagnare il denaro necessario per costruire poi una casa in Pakistan.
La religione non c'entra nulla con questa storia, come musulmani loro non frequentavano neanche la moschea del posto. Avevano ricostruito il loro microcosmo e non avevano bisogno di integrarsi, perché il loro primo scopo era quello di accumulare il denaro per poi edificare in Pakistan, quindi non avevano bisogno di aprirsi ad una nuova cultura. Tutti i parenti, cugini, zii, fratelli che vivevano in questi casolari nelle vicinanze del posto di lavoro nei periodi di fermo tornavano in Pakistan andando a ricongiungersi con la terra di origine, quindi era molto difficile creare un'integrazione per famiglie come questa che non avevano volontà di integrarsi, che sono difficili anche per la politica italiana e per l'amministrazione da intercettare, visto che di base si parte dal presupposto che da parte loro non c'è alcuna volontà di integrazione.
Un aspetto che ritroviamo anche per quanto riguarda l’istruzione di Saman che si viene iscritta alle superiori, ma che poi effettivamente non ha mai frequentato.
Un punto interessante, qui secondo me le istituzioni potevano e possono fare di più, perché per quanto la famiglia le avesse impedito di continuare gli studi, le aveva proposto di acquistare i libri che voleva per continuare a studiare in casa. Anche per il timore che prendendo un autobus potesse avere incontri pericolosi con ragazzini, perché poi alla fine è sempre quello il tema, la paura di incontrare dei coetanei a cui legarsi. Dall'altra parte però se vale la legge dell'obbligo scolastico è chiaro che almeno fino ai 16 anni qualche tentativo in più si sarebbe potuto fare. Con dei controlli periodici si sarebbe scoperto prima che la ragazza in realtà era ancora in Italia e che doveva andare a scuola perché lo imponeva la legge. Questo magari l'avrebbe aiutata a proseguire il suo percorso di integrazione, crescita, e maturazione personale per avere qualche strumento in più per fronteggiare i pericoli della vita che poi ha scoperto all'interno della famiglia.
Hai restituito a Saman la sua dignità, a una ragazza che non potrà mai raccontarsi.
Ho provato a farlo sia sulla base della mia esperienza sia da cronista sia su quello che ho vissuto in prima persona, incontrando alcuni dei personaggi di questa storia, vivendo anche l'ansia del giorno del ritrovamento del corpo. Lo scopo di questo libro è non solo quello di dare voce a Saman che non può più averla, ma anche di renderlo un esempio per tutte quelle ragazze che sono ancora all'interno di una loro lotta interiore tra la cultura di origine, da cui conservare quello che c'è di buono, e una cultura occidentale da abbracciare per trovare un giusto compromesso, ragazze che devono continuare ad avere il coraggio per lottare per avere la propria libertà. Perciò il nostro sottotitolo, scelto con la casa editrice, è “il coraggio di essere libere”. Non solo Saman che ha pagato questo coraggio con la vita, ma anche stimolare quelle ragazze che devono avere lo stesso coraggio per cercare di autodeterminarsi.