Negli anni novanta Roma ad agosto era deserta, e l’estate in cui è stata brutalmente uccisa Simonetta Cesaroni non fa eccezione. Era Il 7 agosto quando il suo corpo fu trovato esanime e nudo sul pavimento di un ufficio sito in zona Prati, dove lavorava da qualche mese come contabile, sede del Comitato regionale degli Ostelli della gioventù. Simonetta è stata assassinata con ben 29 coltellate, e il suo corpo trovato nella stanza direttore riverso sul pavimento con indosso i calzini, la canottiera arrotolata sul collo e il reggiseno calato. Nessuna traccia degli altri vestiti: l’assassino deve averli portati via con sé, dopo averli utilizzati, forse, per pulire. Sul volto di Simonetta altre ecchimosi provocate dai diversi colpi ricevuti. Secondo l’autopsia non ci sarebbe stata nessuna violenza sessuale, o l’assassino potrebbe aver tentato di stuprarla senza riuscirci, visto che la scena del crimine lascia intendere che potrebbe trattarsi di un omicidio a sfondo sessuale. La presunta arma del delitto? Un tagliacarte, quello che proprio la mattina del delitto sembrava essere scomparso, ma che poi viene ritrovato al suo posto come se nulla fosse. L’omicidio di Simonetta, meglio conosciuto nell’immaginario collettivo come il delitto di via Poma, è ormai considerato come il crimine irrisolto per eccellenza: tanti i sospettati, ma dopo trentaquattro anni ancora nessun colpevole.
Il 9 agosto, due giorni dopo il delitto, fu arrestato il portiere dello stabile Pietrino Vanacore. Mentre il 28 agosto Mirko Vanacore, uno dei figli del portiere, mentre era intento a pulire l’ascensore del palazzo trovò due macchie di sangue che furono poi analizzate: una apparteneva a Simonetta Cesaroni, mentre l’altra non era tipizzabile. Fu poi analizzata successivamente venne nel 2005 senza però raggiungere risultati definitivi e non fu rilevato il gruppo sanguigno. Questa macchia di sangue appartiene forse all’assassino di Simonetta? Ma soprattutto, come mai è stata ritrovata ben venti giorni dopo il delitto? Un depistaggio o una mancanza da parte degli inquirenti che avevano analizzato la scena del delitto? Del resto com’è possibile che nessuno le abbia notate prima dal momento che l’ascensore era stato molto frequentato in quel periodo dopo il crimine, tanto che era stato anche ispezionato dalla polizia scientifica. E ancora, aveva pulito l’ascensore? La domanda, purtroppo, continua a rimanere sempre la stessa: chi è l’assassino di Simonetta Cesaroni? Una delle poche, possibili certezze, è che Simonetta forse conoscesse chi le ha tolto la vita in quel pomeriggio d’estate. È stata lei ad aprirgli la porta eppure, cosa sia accaduto dopo, tra le mura di quell’ufficio in cui lavorava ancora non lo sappiamo. Trentaquattro anni di misteri.