Premetto che in passato ho avuto stima di Paolo Crepet. Nel suo percorso di studi, ebbe l’onore di conoscere Franco Basaglia, psichiatra innovatore delle tesi antipsichiatriche che trasformò poi in un grande movimento, fino all’approvazione della legge 180/1978, la quale riformulò il concetto dell’ospedale psichiatrico, da luogo di tortura clinica a forma più umana. Dicevo che in passato ebbi molta stima di Crepet, fino a quando non lo sentii in un convegno dove partecipai con mio padre e alcuni suoi colleghi. Era uno di quei convegni che abitualmente molte aziende fanno per dar risalto all’azienda e Crepet, diciamolo, partecipa spesso come relatore unico. Io, fresco di abilitazione come psicologo, ascoltai il suo intervento dove parlava dell’educazione dei figli e delle aspettative che un genitore non dovrebbe avere nei loro confronti. A un certo punto diss: “Dobbiamo smetterla di spingere i ragazzi a frequentare l’università se non hanno voglia di farla. L’Italia ha bisogno di carrozzieri, fornai, idraulici, commessi e non del solito inutile psicologo”. In quel momento, mio padre e alcuni suoi colleghi di lavoro mi guardarono attoniti. Nella mia riflessione interiore, fui sbalzato da diversi pensieri. Aveva ragione? Sì! Aveva torto? Anche! La questione che aveva posto, la vidi come uno sfogo un po’ banalotto, perché non ci fu una spiegazione legata alle difficoltà lavorative future o all’andamento del mercato degli psicologi che devono obbligatoriamente fare tirocini formativi gratuitamente (e in alcuni casi, pagando), ma il focus era centrato sulle aspettative genitoriali e sulle frustrazioni interiori del neolaureato. Nonché della svogliatezza futura nello svolgere al meglio quel lavoro. Quindi, nel suo discorso, ebbe ragione e torto. In quella sede mi domandai inoltre se lui era felice di essere uno psichiatra e se continuasse a svolgere attività clinica o se ormai la pagnotta e il mutuo se li pagasse con questi interventi aziendali, ma andiamo oltre.
Ribadendo la mia stima passata per Crepet, perché in tante trasmissioni portava concetti psichiatrici, ma soprattutto educativi, vidi nel tempo crollare pezzo dopo pezzo la mia stima. Ormai l’impressione è che sia chiamato per esprimere un parere su qualsiasi cosa e lui accetti. E va benissimo. Fino a quando il parere espresso è solamente frutto di una sua impressione e non di un dato di realtà. Durante le Olimpiadi di Tokyo, in un’intervista per MOW, diede la colpa del black out dell’atleta Simon Biles ad allenatori e genitori, senza sapere che lei è orfana e che fu abbandonata da loro in tenera età. Il black out fu dovuto in realtà alla pressione dei media americani e la Biles, in preparazione alle Olimpiadi, aveva ingaggiato un ennesimo inutile psicologo per superare il suo problema. Per inciso, la Biles oggi ha eseguito, durante i mondiali di Anversa lo “Yurchenko”, un salto che nessuna donna aveva mai eseguito prima. Per inciso, in quell’intervista non ho mai capito neanche il paragone con Valentino Rossi che, se non erro, essendo figlio d’arte una qualche pressione famigliare l’ha avuta. Ma questo è solo un piccolo esempio di ciò che Crepet ultimamente sta mostrando nei salotti televisivi e nelle interviste.
Anni fa disse che non voleva essere considerato una starlet della psichiatria, ma purtroppo così è diventato, come il dibattito tra lui e Vladimir Luxuria dimostra, dove si parlava della predisposizione genetica alla transessualità. Crepet sostenne in quella sede che non esistono articoli a favore della componente genetica, ma che la transessualità è solo un fattore di scelta individuale. Ora, è ben noto che tutti gli orientamenti sessuali non si fondano sulla “scelta d’essere”, ma sul “sentire” (l’unica scelta che può fare una persona in termini di orientamento è sul/sulla partner con cui vuole stare), ma basterebbe aprire Pubmed o la definizione di Identità di Genere formulata dall’ APA (American Psychological Association) per rendersi conto dell’errore commesso dallo psichiatra. L’ APA infatti definisce l’Identità di Genere come il senso profondamente sentito e innato di una persona di essere un ragazzo, un uomo o un maschio; una ragazza, una donna o una femmina; o un genere alternativo (ad esempio, genderqueer, genere non conforme, neutrale rispetto al genere) che può corrispondere o meno al sesso assegnato alla nascita o alle caratteristiche sessuali primarie o secondarie di una persona" (American Psychological Association, Am Psychol 70(9):832-864, 2015). Nell’articolo di Pubmed, inoltre, vengono esaminate le prove che l’identità di genere e i relativi costrutti di genere socialmente definiti sono influenzati in parte da fattori innati, inclusi i geni. Sulla base dei dati esaminati, ipotizziamo che l'identità di genere sia un tratto complesso multifattoriale con una componente poligenica ereditaria. Per carità, nessuno non commette mai errori e può essere esentato da critica, ma Crepet ( e lo ripeto per l’ennesima volta) è comunque una persona di carisma e conoscenza, che però sembra sempre più focalizzato alla sua immagine rispetto ai contenuti. A volte fa predicozzi estremi contro i genitori che viziano troppo i figli (e mi trova d’accordo), altre volte parla della nudità dei Maneskin come loro unico mezzo per attirare follower, mentre Mick Jagger non lo ha mai fatto (ci sono più foto di lui nudo che gattini su internet); in altre situazioni, ed è l’ultimo caso che sta facendo discutere, tratta temi anche parecchio complessi, banalizzando tutto a una specie di statistica media illusoria di sua creazione. “Sono diventati tutti vegani, questi sfigati di ventenni... Meno male che sono fuori dai giochi da anni", afferma divertito il saggista e opinionista tv. "Inviti una ragazza a cena e questa mangia miglio... Neanche condito con l’aceto balsamico, ma con l’aceto di mela... Ma che ci si fa con una così? L’amore? Ma a quella le viene in mente che dopo le vengono le occhiaie. Chissà che si inventa. pazzesco. Moriremo eleganti".
A parte il linguaggio poco consono nei confronti della nuova generazione, ci possono essere tanti fattori che portano una persona al veganesimo, ma ridurre tutto a una scelta “cool” (nota a margine: chi scrive non è vegano) e correlare la sessualità allo stile alimentare, mi sembra parecchio forzato. Mentre scrivevo questo articolo, dove il senso è di comunicare a un grande comunicatore che non è necessario verbalizzare opinioni su tutto, ricevo un messaggio da Clara Moroni, buona amica, cantautrice ed ex vocalist storica di Vasco Rossi, nonchè vegana e attenta ai diritti degli animali: "Schwarzenegger è vegano ed è Terminator. Io sono vegana e faccio del Rock. Entrambe ruoli molto fisici. Quindi, la decrepita (la chiamerei de-Crepet-ica) idea che i vegani siano dei fragili, diafani schizzinosi è proprio uno dei più beceri e ottusi luoghi comuni. Caro Crepet, ora che ha trovato una più confacente carriera da Comico sul palcoscenico, si capisce perché esce con una che mangia il miglio con l'aceto di mele, forse non ha capito che c'è un problema dietro che non ha niente a che vedere con l'essere Vegani. Caro Crepet, la informo che per i vegani ci sono anche dei gran bei risotti o tagliatelle al tartufo e dopo due bicchieri di un buon rosso, sai che trombat*!!!”. Il tono del messaggio è chiaramente ironico, ma voglio comunicare al collega psicoterapeuta (mettendo i puntini sulle i: io sono psicologo e psicoterapeuta, mentre lui è psichiatra e psicoterapeuta), che prima di esprimere opinioni personali, converrebbe prepararsi a dovere. Sicuramente io sono un puntino microscopico, mediaticamente parlando, mentre lui è un gigante della divulgazione. Ma i giganti, è risaputo, quando cadono fanno molto rumore.