"Quando il 27 maggio Alessandro Impegnatiello ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano al settimo mese di gravidanza che voleva lasciarlo non era in sé ed ha avuto un blackout". Queste, per sommi capi, sono le conclusioni della consulenza redatta dai tecnici della difesa dell’uomo, lo psichiatra Raniero Rosetti e la psicologa Silvana Branciforti. Questi ultimi hanno parlato di “un disturbo ossessivo e paranoico dovuto al suo narcisismo”. Chiaramente, l’obiettivo del pool difensivo è quello di motivare un’eventuale richiesta di perizia psichiatrica. Verrà accolta? Quasi certamente, laddove venisse presentata, la risposta è negativa. E lo è anche perché, comunque, un disturbo di questo tipo non è sufficiente per escludere in maniera totale o parziale la capacità di intendere e di volere di un soggetto. Cassazione docet. Ed il perché, comunque, è facilmente evincibile anche dall’atteggiamento di Impagnatiello. Che prima di uccidere Giulia a colpi di coltello l’ha avvelenata per mesi e mesi. Le ragioni sono molteplici e servono anche per delineare la sua personalità. Malevola e malvagia, ma certamente non malata. Somministrandole il veleno l’ex barman dell’Armani ha esercitato nella sua mente un potere irreversibile su Giulia e sul figlio Thiago. Ha scelto di ricorrere inizialmente ad una modalità tanto subdola quanto capace di confermare come fosse presente a sé stesso fin dal primo momento in cui si era determinato ad ucciderla. Una modalità subdola che richiedeva anche un certo sforzo per Impagnatiello. Uno sforzo perché doveva studiare quando e come dosare il veleno affinché Giulia non se ne accorgesse. E in verità, che l’acqua, il latte ed i pomodori sapessero di ammoniaca, se n’era accorta. Ma certamente non poteva pensare che il suo compagno stesse cercando di ucciderla. Il fatto che Alessandro abbia prima tentato di avvelenarla non rappresentava solo la sua volontà di farla franca nell’ipotesi in cui fosse riuscito nel suo intento. Altro che blackout dietro il suo piano criminale c’è l’impulso incontenibile di avere il totale controllo sulla sua preda. Con la somministrazione del topicida, infatti, Impagnatiello avrebbe potuto scegliere come e quando attaccare la compagna ed il figlio che portava in grembo. In questo senso, il veleno è invisibile e silenzioso. Oltre ad incendiare la sensazione di potere del narcisista, consente a chi lo usa di scegliere quando e come attaccare. E di conseguenza impedisce a chi viene avvelenato di impedire o evitare l’aggressione. Un modus operandi subdolo, disumano e spietato. Alessandro Impagnatiello aveva iniziato a somministrare il topicida a Giulia Tramontano a febbraio dello scorso anno. L’ha uccisa a colpi di coltello il 27 maggio. Ha avuto mesi e mesi per cambiare idea, per riflettere su quello che stava facendo, per chiedere di farsi aiutare. Niente di tutto questo. Anzi, sul computer cercava “Come uccidere una donna incinta con veleno”. Ma non lo ha fatto perché vedeva come unica soluzione quella di eliminare la sua compagna ed il figlio che portava in grembo. Così, goccia dopo goccia, giorno dopo giorno ha studiato il modo di cancellarla per sempre. Lei e Thiago. Che non era un figlio qualunque, ma il suo. Nel video girato il giorno del gender revial, al momento della scoperta del sesso, l’ex barman non va ad abbracciare la compagna. Dal punto di vista comportamentale, credetemi, significa tantissimo. Ed infatti si è scoperto che era circa un mese che aveva iniziato ad avvelenarla. Persino quando aveva scoperto che era incinta l’aveva messa in condizioni di sudditanza psicologica. “Non era contento. Giulia mi disse che per lui era una brutta notizia”. Questa la frase pronunciata in aula dalla sorella che stata sentita in qualità di testimone. Il femminicidio che si è consumato a Senago è solamente la punta dell’iceberg della violenza che Giulia ha subito accanto al suo compagno. È stata uccisa dopo essere stata smantellata emotivamente per mesi, dopo essere stata tradita e umiliata da un uomo subdolo, arrogante, disumano. La difesa deve fare la difesa, per carità, ma è un insulto anche alla dignità di Giulia parlare di blackout per Impagnatiello.
Un uomo che dopo aver centellinato il veleno ha ucciso la compagna colpendola alle spalle come fanno i traditori. Poi ha tentato di dare fuoco al suo corpo, ha ripulito la scena del crimine, tolto il tappeto di sala e coperto il divano con un telo. Finendo con lo scappare sotto casa dell’altra donna. Alessandro Impagnatiello è affetto da un disturbo narcisistico di personalità. Verissimo. Ma questa non è condizione sufficiente per il riconoscimento dell’incapacità di intendere e di volere. Dopo soli quattro giorni che si trovava in carcere, a colloquio con le psicologhe, ha esordito dicendo: “Pensare che una settimana fa ero in Monteleone a bere un caffè ora sono qui con un ergastolo”. La banalità del male che si è fatta persona. Prima di chiudere, vorrei fare un’altra riflessione. Lo scorso agosto, il 28 per l’esattezza, Impagnatiello con una scrittura privata a disposto il passaggio di proprietà della sua automobile, quella utilizzata per occultare il cadavere, in favore della compagna del fratello. Sapete come interpreto una mossa di questo tipo da criminologa? L’ex barman, perfettamente cosciente di venire condannato per l’omicidio di Giulia, e dunque anche al risarcimento della parte civile, si è tolto l’unico bene di valore che forse possedeva. In modo che non venisse utilizzato proprio in sede risarcitoria. I mostri non sono solo nei videogiochi o nei cartoni animati. Sempre più spesso assumono le sembianze umane.