Una volta si chiamava Gallia Cisalpina, e divenne territorio italico popoloso di colonie romane, immerse in un paesaggio morbido e bucolico. Da molto tempo oramai, la Pianura Padana si è trasformata in una vera e propria camera a gas. Sapevamo già che era una delle zone più insalubri d’Italia e d’Europa prima che ce lo confermasse il Corriere della Sera, che le auto, le industrie e il riscaldamento sono un fattore inquinante di portata enorme, che la sua conformazione morfologica non agevola il riciclo dell’aria, destino infausto, ma che una delle cause principali dell’inquinamento sia dovuto dall’alta concentrazione di allevamenti intensivi presenti, è un’informazione che spesso viene data a mezza bocca o omessa, per salvaguardare potenti interessi economici di un’industria che continua ad alimentare la credenza che la carne sia necessaria alla sopravvivenza del genere umano, anche se non è vero. Però qui lo griderò forte e chiaro: l’industria zootecnica è una delle industrie più impattanti del mondo a livello ambientale. Per farvi capire il perché, non posso non parlarvi di dati e numeri. I numeri devastanti della zootecnia intensiva, secondo i dati dell’anagrafe nazionale zootecnica, gli allevamenti in Italia sono più di 400.000, la maggior parte situati in Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia-Romagna. Gli allevamenti bovini (1,5 milioni di animali e quindicimila aziende) suini (oltre quattro milioni, circa la metà del totale nazionale), concentrati soprattutto in Lombardia, aggiunti a quelli avicoli, ovini e di conigli hanno reso la Pianura Padana invivibile per l’alta concentrazione di ammoniaca e metano presente in quell’area. Complessivamente, gli allevamenti causano il 79% delle emissioni di gas serra nel settore dell’agricoltura, una ripercussione ambientale che non può che aggravare il già precario equilibrio naturale, derivante dalle emissioni di gas climalteranti prodotte dai combustibili fossili, come il petrolio, il carbone e il gas.
Secondo la giornalista Sabrina Giannini, che da sempre si occupa di animali e di ambiente denunciando con le sue inchieste le menzogne del sistema industriale alimentare, prima con Report e poi nel suo programma in onda su Rai 3, Indovina chi viene a cena, “la politica cerca di occultare una parte di verità". Che gli allevamenti intensivi emettano circa il 17% di CO2 non è un’informazione corretta, perché c’è un dato che non viene mai calcolato, quello dell’inquinamento prodotto dai mangimi coltivati dall’altra parte del mondo (ad esempio in Brasile, in cui si continuano a distruggere foreste per ricavare terreni dove si coltiva soia per gli animali da allevamento). Insomma, non vien mai effettuato un calcolo totale che è molto più alto di quanto dicono, sommando i dati di tutti i gas serra, inclusi metano e ammoniaca. Secondo l’Ispra, infatti, gli allevamenti intensivi producono il 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia, rappresentando la seconda fonte di polveri sottili dopo il riscaldamento, e i dati dell’Arpa hanno evidenziato che il settore zootecnico causa il 57,9% delle emissioni totali di metano. Ma come è possibile che un numero consistente di animali possa incidere così tanto sulla qualità dell’aria?
Perché le feci e le urine degli animali rinchiusi negli allevamenti producono ammoniaca, che a contatto con l’aria, per reazione chimica, si trasforma in particolato fine, il PM 10, le polveri sottili che inquinano e ci fanno ammalare. Queste deiezioni per essere smaltite vengono sversate, in alcuni periodi dell’anno, sui terreni, andando ad inquinare il suolo, le acque superficiali e sotterranee oltre che l’aria che respiriamo. “La Comunità europea continua ad erogare milioni di euro a favore degli allevatori” sottolinea Sabrina Giannini e “anche quest’anno per il piano quinquennale della politica agricola comune (PAC) sono stati stanziati 33,5 miliardi, di cui la fetta più consistente, 363 milioni di euro l’anno, saranno elargiti all’industria zootecnica, una delle più inquinanti al mondo. La Von Der Layen è tornata indietro su tantissimi passi in favore della sostenibilità ambientale, non solo su sollecitazione delle categorie e a causa delle proteste di agricoltori e allevatori, ma per sua convenienza perché si vuole ricandidare e avere più appoggio. Inoltre, ha ritirato moltissime proposte che avrebbero attenuato la crudeltà negli allevamenti come, ad esempio, l’uso delle gabbie di contenimento delle scrofe gravide”. È inutile attuare misure di contenimento dell’inquinamento come l’introduzione delle macchine elettriche, la diminuzione degli orari di riscaldamento in case e uffici, il divieto della circolazione delle auto più inquinanti, le domeniche ecologiche se non c’è la volontà comune di compiere un cambiamento radicale delle proprie abitudini alimentari. Gli allevamenti intensivi non sono sostenibili, mangiare carne non è sostenibile. 150 miliardi di animali vengono uccisi ogni anno per soddisfare i capricci alimentari di una popolazione di 8 miliardi di persone nel mondo, una scelta che purtroppo si traduce di frequente anche in sprechi colossali imperdonabili, infatti un recente studio condotto dall'Università di Leiden, nei Paesi Bassi, ha calcolato che circa 18 miliardi di animali uccisi per il consumo umano, non vengono consumati ma finiscono nella spazzatura. Come possiamo tollerare che accada tutto questo?