Sono passati ventuno anni da quando il The Guardian pubblicò sull’Observer la lettera di Osama Bin Laden all’America, il documento con cui il leader di al-Qaeda incitava, a un anno dall’11 settembre, i fedeli a una nuova guerra santa contro la “crociata giudaico-cristiana” di Bush nei confronti dei Paesi arabi. Una lettera rimasta online, come si dice, “a futura memoria”. Ma cosa succede se ciò che dovrebbe ricordarci l’orrore del terrorismo (e in questo caso dell’11 settembre 2001) viene vissuto come una novità, una scoperta, dai giovani della Gen Z? È quello che è successo in queste ore su TikTok, quanto citazioni e video dell’arringa di Bin Laden hanno iniziato a moltiplicarsi sul social cinese, tanto da portare il The Guardian ha cancellare dopo due decenni la lettera dal sito, preferendo rimandare a un articolo che contestualizzava il documento storico. Tutto inizia con l’influencer americana da 12 milioni di follower Lynette Adkins, che ha invitato il pubblico a recuperare la “Lettera all’America”. Adkins, infatti, dopo averla letta, sarebbe entrata in una vera e propria “crisi esistenziale”. La lettera è stata trovata da Adkins “davvero motivante”.
Dopo il suo appello, sempre più persone hanno iniziato a condividere degli screen della lettera di Bin Laden dal Guardian e una responsabile del giornale inglese ha spiegato che dietro alla scelta di rimuovere la pagina ci sia stato proprio questa nuova diffusione decontestualizzata di un documento, tra le altre cose, antisemita. Lynette Adkins ha pubblicato altri video politici nel corso di questi giorni. Le sue critiche sono anche dirette al “capitalismo e all’imperialismo” occidentali, che avrebbero “ucciso lo spirito” delle persone, mentre chiede che i propri “fratelli e sorelle” dell’Africa e del Medio Oriente possano essere liberi di scegliere il mondo in cui vivere. Adkins ha ammesso di essersi resa conto di quanto sta accadendo nel mondo da poco, in questi mesi, tanto da aver scelto di prendersi una breve pausa dai social prima di tornarci, per parlare di quello che definisce “un genocidio” contro i palestinesi.
Dopo due decenni dall’11 settembre c’è chi recupera un documento storico tanto controverso quanto la lettera di Bin Laden contro gli Stati Uniti d’America. E succede proprio in America, all’interno della compagine progressista, tra i cosiddetti “woke” e “social justice Warrior”. Nella lettera di Bin Laden si fa anche riferimento alla Palestina, chiedendo che quei territori occupati da Israele venissero restituiti agli arabi. Eliot Higgins, il fondatore di Bellingcat, uno dei gruppi di giornalismo investigativo e di fact-cheking più famosi al mondo, ha commentato la notizia delle migliaia di ricondivisioni così: “Osama bin Laden come il Noam Chomsky della Gen Z è una cosa che non avevo previsto”. Chomsky è stato infatti più volte definito uno dei massimi teorici dell’antiamericanismo contemporaneo, soprattutto per via di tesi politiche e analisi pseudostoriche fortemente criticate e considerate controverse, talvolta ai limiti del complottismo. Noam Chomsky ha pubblicato svariati testi sul conflitto israelo-palestinese, l’ultimo dei quali insieme allo storico israeliano Ilan Pappé, famoso per considerare l’oppucazione israeliana dei territori palestinesi come un’operazione di “pulizia etnica” iniziata nel 1948 con la Nabka. Il libro scritto a quattro mani con Chomsky si intitola Ultima fermata Gaza. La guerra senza fine tra Israele e Palestina (Ponte alle Grazie, 2023) e recupera anche questa tesa.
Il sostrato per la diffusione della lettera di Bin Laden sembra dunque quello di un antioccidentalismo sempre più di moda tra le nuove generazioni, tanto da rendere appetibili anche le parole di un terrorista. In Italia, nel 2011, sollevò una forte polemica un articolo del sessantottino Franco Piperno in cui i kamikaze che si scagliarono contro le Twin Towers venivano definiti un “pugno audace di intellettuali” verso cui doveva andare “l’ammirazione dell’uomo libero”. La diffusione delle parole di Bin Laden tra la Gen Z, legata agli entusiasmi della nuova sinistra, sembra confermare la brutta china che tanto venne criticata da Oriana Fallaci, inascoltata all’indomani dell’attentato di inizio Millennio, nel suo frigo di rabbia e orgoglio.