Martedì 25 febbraio, su Italia 1, Le Iene Show torna a sparare colpi con Veronica Gentili e Max Angioni. Ma il pezzo da novanta della serata è lui: Marcell Jacobs. L'uomo che ha messo il tricolore sul gradino più alto della velocità mondiale e che da allora convive con il peso del sospetto. Per questo, Nicolò De Devitiis è volato fino a Jacksonville, Florida, per passare "48 ore" con lui e capire se sotto quei muscoli c'è solo un campione o un uomo in fuga. Jacobs non le manda a dire. Racconta la sua decisione di lasciare l'Italia, schiacciato dalla pressione di un Paese che prima ti esalta e poi ti azzanna. "Siamo venuti dall’altra parte del mondo per allenarci nel miglior modo. Sono un po’ scappato, mi sentivo perso e avevo bisogno di cambiare tutto". Tradotto: meno giornalisti, meno dicerie, più lavoro. Perché il titolo di uomo più veloce del mondo pesa, ma perderlo sarebbe ancora peggio.
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E poi c'è la solita ombra lunga del doping. Dopo Tokyo 2020, in molti hanno insinuato il dubbio: troppo forte, troppo veloce, troppo per essere vero. "Dopo Tokyo sì, perché era impossibile che un italiano potesse vincere. Quello non mi ha mai minimamente toccato. Per me posso anche arrivare ultimo a tutte le gare. Ma pensare di barare, perché? Per quale motivo?". E qui sta il punto: non basta vincere, devi anche convincere. Ma la vera corsa di Jacobs non si gioca solo sui 100 metri. Prima di tutto ha spiegato il rapporto con il collega Filippo Tortu: "Tortu è sempre stato uno di quelli che mi ha aiutato a diventare l’atleta che sono oggi. All’inizio lo subivo molto: per quanto mi impegnassi, lui riusciva sempre a battermi. Poi, quando ho fatto quel passaggio mentale che mi serviva, sono diventato il numero uno al mondo". Ma battaglia più difficile è quella con il suo passato. Un padre assente, un’ombra che ha pesato più di qualsiasi avversario in pista. "Ho vissuto l’abbandono del fatto che io non ho mai avuto una figura paterna nella mia vita e quindi ho sempre avuto questa paura inconscia che, se non facevo bene le cose, le persone a cui volevo bene mi potessero abbandonare". Lo ha cercato, ha provato a ricucire, ma il padre non si è nemmeno presentato al suo matrimonio. E certi vuoti, semplicemente, restano. Marcell Jacobs continua a correre. E non è solo una questione di medaglie. È il bisogno di dimostrare, ancora una volta, che chi scatta da dietro può sempre arrivare primo. E magari, un giorno, pure l’Italia capirà che tifare per lui non dovrebbe essere un’opzione, ma un dovere.
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