Ci saremmo aspettati una difesa d’ufficio e invece… Mario Tozzi stupisce su La Stampa e prova a contestualizzare l’irritazione di chi, di fronte al secondo incidente di Ottavia Piana, rimasta intrappolata in una grotta a Bueno Fonteno in provincia di Bergamo, lamenta l’investimento di risorse economiche e bacchetta l’esperta del Cai per non aver valutato adeguatamente il rischio (la definiscono, a dire il vero, una “sciroccata”, e ovviamente ci hanno capito poco come spieghiamo qui). Tozzi, geologo e divulgatore tra i più popolari in tv e sui giornali, è intervenuto cercando di razionalizzare il fastidio che qualcuno ha provato ed espresso poi sui social. Scrive: “Bisogna forse smarcarsi da un certo senso di fastidio quando si pensa al soccorso che si dovrà inevitabilmente prestare a Ottavia Piana, la giovane speleologa rimasta intrappolata, per la seconda volta in meno di due anni, nelle profondità della grotta Bueno Fonteno in provincia di Bergamo. È quel fastidio, suscettibile di diventare intolleranza, che ci coglie quando si devono impegnare uomini, donne e mezzi per soccorrere chi magari si è avventurato in alta quota, in condizioni meteorologiche avverse, rischiando vite e impegnando risorse pubbliche. Per non dire di quando si deve soccorrere chi si è messo in condizioni di pericolo solo per divertimento, magari in apnea senza compagni oppure fuori pista con la neve fresca”.
Bene, fin qui. Ma poi aggiunge: “Però la grotta non è un mondo per tutti e non sempre la ricerca è una giustificazione così grande da mettere a rischio la propria vita: qualche volta faremmo bene a fare un passo indietro dagli abissi, o dalle vette, e restarcene nel nostro ruolo a fare ipotesi con quello che abbiamo in mano e in testa. Non significa arrendersi o abdicare a essere sapiens, al contrario: si tratta di non abusare dei nostri mezzi e continuare a progredire nel rispetto dei limiti naturali che, per fortuna, ancora resistono”. E il titolo del breve corsivo uscito su La Stampa suggerisce: meglio la ricerca dietro una scrivania”. Ma davvero Ottavia Piana non ha rispettato i limiti naturali? Resta poi la questione dei soccorsi e delle risorse economiche investite. Davvero non avremmo dovuto pagare per il soccorso? Risponde Sergio Orsini, il presidente della Società italiana di speleologia: “I nostri soci hanno un’assicurazione che copre i costi di soccorso in caso di infortunio”. Dunque, a pagare “non sono i cittadini”. Mistero svelato (anche se non era molto difficile immaginare che un’esperta potesse avere una copertura assicurativa) e lamentele fermate sul nascere. Resta solo da chiedersi: quanti soldi dei cittadini sono stati sprecati nell’istruzione che in troppi casi, evidentemente, ha fallito)?