Il cristianesimo è una provocazione, talvolta lo è talmente da sembrare un’eresia. Per dire la flotta della Global Sumud Flotilla, nel mio modo visionario di intendere l’amore ecumenico di Dio (ce n’è un altro di modo?), doveva prevedere a bordo almeno un uomo di chiesa. La fede senza le opere è morta, lo scrive San Giacomo. E allora dove siete uomini di Dio? Lo sono i laici che sono partiti con la Flotilla, bardati di pace, di ostinazione. Quel colpo di reni che sembra mancare tra le fila dei cosiddetti “vestiti”. La chiesa in uscita, militante, ha i suoi missionari, i suoi alfieri meticolosi e arditi, a Gaza ripeto. Ma qui, a riva, chi resta? Vorrei essere sconfessata, smentita. Sono una cattolica praticante, ma oramai vorrei solo definirmi cristiana, evidentemente di una cristianità fuori dai ranghi, prossima - per i coevi scrupolosi delle liturgie consolidate e necrotiche - a un’eresia, appunto. Fuori dai ranghi, come lo era Gesù, veemente, rivoluzionario, accerito quando scalciava i mercanti del Tempio. Lo immagino sulla Flotilla esortando l’equipaggio con il suo mite e solido “non temete”. Quel non temete in grado di indirizzare il vento buono, incoraggiare Pietro ad attraversare le acque. Vado a messa, spesso la domenica, e in qualsiasi giorno io debba esaudire la mia sete di pace e di affermazione dello spirito. Mi capita di seguire la messa in tv anche, prego moltissimo. E arrivo al punto, non ho mai ascoltato, nelle varie omelie, parole destinate ai palestinesi, al massacro in corso, alla malvagità, alla ferocia, parole tuonanti e condannanti in direzione di Israele. Perché?

Quanto stiamo vedendo supera qualsiasi obiezione ideologica, dovrebbe superare per un uomo di chiesa qualsiasi deferenza rispetto ai “nostri fratelli maggiori”. Per cui, per quel che mi riguarda, preferirei di gran lunga, al momento, sentirmi figlia unica. Smentitemi, indicatemi un sacerdote che durante l’omelia abbia usato parole tuonanti contro l’abominio, il genocidio. Usiamo la parola: genocidio. Chi è questo sacerdote? Raccogliamoli come granuli in un colino. Quanti sono? Non il generico appello per la pace dalla finestra di piazza San Pietro. Non mi basta nemmeno il vertice con il presidente di uno Stato la cui bandiera mi procura disagio e vergogna. E rabbia, se vogliamo, ma la rabbia è un effetto collaterale e chissà forse auspicato dalle menti mefistofeliche che credono di architettare e eseguire poteri immondi impermeabili a un qualche ritorcimento di giustizia. Arriverà la giustizia di Dio. Nel frattempo sarei lieta di accogliere i nomi degli uomini di chiesa che hanno usato parole tuonanti contro il genocidio dei palestinesi, contro Israele. Accoglierei molto lieta i nomi dei sacerdoti presenti ai raduni accesi, unanimi, per sostenere la Flotilla. Io non li ho visti. Piuttosto ho visto una schiera di tonache per la morte di un sacerdote vetusto, prima o poi si muore tutti, pace all’anima sua, era il vescovo della città in cui vivo, ruolo che aveva ricoperto molti anni fa. Liturgia e deferenze necrotiche, non parlano al mondo, non parlano alla ferita del mondo. Sembrano liturgie e deferenze sconnesse, a volte proteggono ipocrisie irricevibili, perché non è più il tempo, o non c’è più il tempo, per farci andare bene le cose, cose inverse, aberranti.

Io da cristiana mi ribello e mi vergogno per gli ipocriti rimasti a riva, nuova versione dei farisei e filistei due punto zero; sento che una parte del senso di verità o tutto intero il senso di verità dimori nella stiva di uno dei pescherecci in viaggio insieme con il carico sistemato di aiuti. Non c’è la cristianità ufficiale a bordo che liturgicamente si presenta nello statuto ecclesiastico. Dove siete preti, monaci, e il Vicario di Roma? Quale cristianità rappresentate? O i sermoni di Radio Maria, il tremendismo di padre Livio? Vi siete mai pronunciati? Di quale Dio pontificate? Quali ipocrite omelie reciterete al parterre di frequentanti le vostre chiese, se avete dimenticato il povero, l’ultimo, il diseredato! Di cosa parlate quando parlate di Dio? Gesù l’intemperante, veemente e pacifista, sarebbe in una barca della flotilla adesso. Il suo "non temete" tradurrebbe una forma primigenia e sublime di resistenza. Il sangue dei nostri fratelli palestinesi gronderà a lungo nelle nostre coscienze, dopo, tutto sarà rinverdito e ricostituito, similmente al chicco di grano che solo se cade e muore porta frutto. Tutto demolito e ricostruito, nel significato biblico più profondo, tutto sarà smosso, persino le fondamenta di una chiesa mondana che sarà seppellita da sé stessa, secolarizzata e compromessa, sporcata da ordini e gerarchie caduche e ottuse. Non la chiesa di Dio. La chiesa di Dio naviga nei mari con la Flotilla.
