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Perché nessuno parla di "propriosimona", l'influencer che inneggia alla morte degli uomini e "spinge" le ragazze a vendicarsi con le armi? E come mai nessuna femminista ha ancora preso le distanze?

  • di Paolo Gambi Paolo Gambi

13 giugno 2025

Perché nessuno parla di "propriosimona", l'influencer che inneggia alla morte degli uomini e "spinge" le ragazze a vendicarsi con le armi? E come mai nessuna femminista ha ancora preso le distanze?
Una TikToker italiana, conosciuta come @propriosimona, da anni promuove contenuti di misandria e incitazione alla violenza verso gli uomini, rivolgendosi a un pubblico anche minorenne. Il suo messaggio, ispirato a forme estreme di femminismo radicale, ha assunto toni settari e paramilitari, spingendo giovani follower a gesti violenti e azioni coordinate online e offline. Il caso, portato alla luce dall’imprenditrice Martina Marianelli, è finalmente esploso?

di Paolo Gambi Paolo Gambi

C’era una volta il femminismo delle suffragette. Poi è arrivato quello di Simone de Beauvoir. Poi la “bella vista” è sparita ed è arrivato il tempo di Simona. Su TikTok la conoscevano come @propriosimona. Più di 140.000 follower e una missione chiara: estinguere il maschio, possibilmente con metodi non esattamente da cerchio di sorellanza. Il suo Vangelo? Non quello dell’inclusione, ma quello della vendetta. Fisica. Sanguigna. Sistemica. Una sorta di SCUM Manifesto 2.0, versione italiana con filtri social, in cui il modello sembra essere Valerie Solanas, la squilibrata che sparò a Andy Warhol. D’altra parte Simona ne idolatra un’altra, di squilibrate, quella donna che qualche tempo fa ha bruciato vivo un uomo, definendola con ammirazione “mia divinità”. Non è un lapsus, è una dichiarazione di intenti. Per mesi e mesi, per anni, la poco più che ventenne Simona ha seminato odio e misandria in modo aperto e sistematico. Nel 2024, in Italia, sono stati uccisi 206 uomini e 113 donne. Numeri agghiaccianti da qualunque lato li si guardi. Ma non per Simona, che commenta con gelo: “Dai, speriamo che i primi aumentino". Un auspicio di sterminio di genere, espresso pubblicamente, senza filtri né conseguenze.  "Gli buchiamo tutto, pure quella testa di m*rda che c'hanno", scrive in un commento molto esplicativo. Ma non è una boutade. È un manuale operativo. In decine, centinaia di contenuti ha invitato apertamente a fare minacce scritte, usare violenza fisica, bucare le ruote dello scooter, spaccare i vetri, dare fuoco alle auto, scrivere lettere di intimidazione.

 @propriosimona su TikTok
@propriosimona su TikTok

In un altro video, confida: “Mamma, se potessi tornare indietro nel tempo ti chiederei di educarmi alla vi@l3nza". Un vero e proprio inno alla radicalizzazione emotiva e fisica. Non è più autodifesa, è culto del trauma trasformato in arma. Simona non è un caso isolato. È l’idolo digitale di una nuova setta femminista radicale che parla alle adolescenti e semina odio sotto forma di empowerment. Una setta fatta di gruppi telegram, profili falsi, strategie e scontri all’ultimo sangue con chi non si allinea al loro pensiero radicale. E infatti Simona aveva annunciato di voler fondare una rete segreta, nascosta, illegale, “per fare giustizia alle sorelle”. Aggiungeva: “Non è facile, perché non tutt3 si voglio accollare di usare la vxxxnza". Chi non accetta la lotta armata – anche solo simbolica – è esclusə. Come in ogni setta. Simona spiegava a ragazze – anche minorenni – come costruire armi. Non metaforiche. Vere. E non in teoria, ma con istruzioni pratiche. In un messaggio, riportato da Martina Marianelli, una ragazzina scrive: “Non lo può denunciare?”. La risposta della “maestra”: “In un sistema che non ti tutela al 100% dopo la denuncia? E perché?”. La legge non serve più. La violenza sommaria è la risposta. E chi dice il contrario è “complice del patriarcato”. Tanto odio sui social. Però poi le cose succedono nel mondo reale.

@propriosimona su TikTok
@propriosimona su TikTok

È stata l’imprenditrice e influencer Martina Marianelli a rompere il silenzio e ad aver documentato uno degli ultimi scandalosi fatti. I social in questi giorni non parlano d’altro. Simona ha preso di mira un ragazzo accusato — senza alcuna prova — di aver partecipato a un’aggressione a tre persone trans. Ha diffuso pubblicamente nome, cognome, faccia e luogo di lavoro di questa persona. Ha poi pubblicato un video in cui telefona e in modo molto aggressivo, molto violento intima di licenziare quella persona. Peccato che poi una delle stesse vittime trans abbia dichiarato che il ragazzo non era coinvolto. Ma il danno era fatto, l’applauso digitale assicurato. E le scuse mai arrivate. E su questo fatto è scoppiato lo scandalo. Ma lo scandalo vero è che per mesi e mesi, per anni, questa persona è stata libera di educare ragazzine, anche minorenni, all’odio, alla misandria e alla violenza, senza che la piattaforma sia intervenuta in modo adeguato. Il tutto perché agiva facendo ciò che va tanto di moda. L’attivismo. Anzi. Nella comunità di Tiktok ci sono ancora un sacco di persone – molti di quelli che condividevano i suoi contenuti carichi di odio – che continuano a difenderla e a difendere le sue teorie estremiste.

Martina Marianelli
Martina Marianelli

L’account principale di TikTok di Simona ora è offline. Ma pare non sia stato rimosso da TikTok per proteggere i minori. Sarebbe stata Simona a metterlo offline da sola, molto probabilmente perché i follower stavano crollando dopo i video di Martina. Il che la dice lunga su quali siano le vere linee guida delle piattaforme. Non si tratta solo di Simona. Il vero problema è la complicità del sistema. Il vero problema è che intorno a lei c’è una comunità d’odio. TikTok, che si vanta di proteggere i giovani, ha permesso per mesi che una figura così potesse radicalizzare minorenni, spingerle alla violenza e costruire una rete d’odio ideologico. In nome di cosa? Di una parola diventata ormai scudo per ogni mostruosità: “femminismo".  Non c’è alcuna deviazione. Non c’è alcuna degenerazione. Questo è il femminismo oggi, nella sua forma reale e diffusa sulle piattaforme. Questo è il femminismo per le generazioni formate sui social. Un femminismo che inneggia alla violenza, che odia l’uomo in quanto uomo e che quindi vuole eliminarlo, simbolicamente e anche fisicamente. Non è più lotta per l’uguaglianza. È una guerra di religione laica, con tanto di martiri, sante, e sacrifici. E se non avremo il coraggio di dirlo, di denunciarlo, e di fermarlo, non resterà nessun uomo da odiare, ma solo una società incapace di riconoscere se stessa nello specchio.

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