Black Myth non è più un colpo di fortuna: è un universo. A Colonia, durante l’Opening Night Live di Gamescom, Game Science ha fatto partire l’applauso con un teaser che introduce Black Myth: Zhong Kui, secondo capitolo della saga dopo il fenomeno Wukong. Niente gameplay, niente data: solo atmosfera, promessa e un’estetica che picchia duro. Il protagonista? Zhong Kui, il leggendario “acchiappa demoni” del folklore cinese. Nel trailer lo vedi arrivare a cavallo di una tigre, scortato da due spiriti che portano una spada grande quanto l’ego di un boss finale. Il messaggio è chiarissimo: non è un contentino, è una nuova rotta. Lo studio - sostenuto da Tencent - ha confermato che il progetto è in fase iniziale, per questo il reveal si ferma alla CGI (acronimo di Computer Generated Imagery): zero spezzoni di gioco, zero release window. È il classico “state buoni” da parte di chi sa già come far salire l’hype e intanto si blinda il tempo per costruire.

Fun fact: il video è schizzato subito in alto anche in patria, raccogliendo oltre 9 milioni di visualizzazioni su Bilibili. Non male per un’anteprima che dura meno di due minuti e che, in pratica, dice: “Il prossimo eroe è un dio barbuto che pattuglia l’Inferno e la Terra, ci vediamo quando è pronto”. Presentazione sincronizzata con la platea europea di Gamescom: quando cerchi il colpo globale, lo lanci davanti a tutti. Sotto il post c’è la solita spaccatura da community: da una parte l’entusiasmo per l’espansione del franchise; dall’altra chi chiedeva DLC per Wukong. A quel punto è intervenuto il fondatore Feng Ji: “Il DLC sarebbe un’opzione, ma ora vogliamo creare un gioco nuovo - nuovi eroi, nuovo gameplay, nuove tecnologie, nuova storia”. Tradotto: niente toppa, si riparte da zero. Per capire perché la notizia pesa, basta ricordare il 2024: Black Myth: Wukong ha debuttato il 20 agosto e ha frantumato i record, salendo in cima alle classifiche di Steam e vendendo milioni di copie. È stato celebrato come il primo vero AAA cinese, un biglietto da visita culturale e industriale insieme. Quando alzi così l’asticella, il seguito diventa inevitabile: non per inerzia, ma perché hai aperto una porta e adesso devi vedere cosa c’è nella stanza accanto. Insomma, Zhong Kui è il manifesto: Game Science non fa “more of the same”, prova a rifondare il suo mito su un altro mito. È l’upgrade di immaginario che ti aspetti da chi è passato da outsider a player globale. Manca tutto - data, piattaforme, meccaniche - ma c’è già la cosa più importante: la sensazione che il prossimo morso sarà ancora più grosso del precedente. E sì, la tigre ha fame.
