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Pietro Orlandi CONTRO I PAPI: “Wojtyla? Un depistatore. Benedetto XVI? Pilato. Francesco? Poco coraggioso. Leone XIV? Non lo conosco, ma spero ci aiuti ad arrivare alla verità su Emanuela”. E sul cardinale Giovanni Battista Re: “Sa cosa è successo…”

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

19 maggio 2025

Pietro Orlandi CONTRO I PAPI: “Wojtyla? Un depistatore. Benedetto XVI? Pilato. Francesco? Poco coraggioso. Leone XIV? Non lo conosco, ma spero ci aiuti ad arrivare alla verità su Emanuela”. E sul cardinale Giovanni Battista Re: “Sa cosa è successo…”
42 anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, Pietro è ancora lì. Nel podcast con Hoara Borselli accusa quattro papi di aver scelto il silenzio. “Wojtyla un depistatore, Benedetto un Pilato, Francesco senza coraggio”. E su Leone XIV: “Spero solo che faccia davvero il Papa”. Sotto i marmi del Vaticano, dice, la verità c’è. Ma nessuno ha mai avuto il coraggio di farla uscire…

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

“Quel 22 giugno di 42 anni fa non avrei mai pensato che sarebbero passati quattro papi e che il caso di mia sorella sarebbe stato oggi ancora aperto”. La voce di Pietro Orlandi non ha perso né rabbia né lucidità, e vibra nel podcast Un Altro Pianeta di Hoara Borselli, prodotto da Simple Communication. Quarantadue anni senza una verità, con la sensazione che il silenzio sia stato più che una scelta una strategia. Il fratello di Emanuela, scomparsa nel cuore del Vaticano il 22 giugno 1983, guarda oggi a Papa Leone XIV, appena eletto, con un misto di speranza e disincanto: “Mi aspetto da lui quello che mi aspettavo dai suoi predecessori e che non hanno fatto. Lui rappresenta Gesù Cristo sulla terra, è il capo della cristianità mondiale. Gli insegnamenti di Gesù si basano su due parole: verità e giustizia. Due parole che i predecessori di Leone XIV non hanno mai seguito”. Un’accusa netta, senza fronzoli. E quando Borselli gli chiede quale dei papi precedenti si sia avvicinato di più alla verità, la risposta è chirurgica: “All’inizio, ovviamente, Wojtyla. Quando venne a casa nostra pochi mesi dopo la scomparsa, ci disse che si trattava di un caso di terrorismo internazionale e che si sarebbe impegnato. Non lo ha mai fatto. Ha messo sulla bilancia la verità su Emanuela e l’immagine delle istituzioni. Ha scelto di salvare l’immagine. Da quel momento, silenzio e omertà”.

Emanuela Orlandi
Emanuela Orlandi
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Poi Benedetto XVI: “Se ne è lavato le mani. Non ha mai voluto toccare l’argomento”. Francesco? “All’inizio era una speranza. Quindici giorni dopo la sua elezione l’ho incontrato per caso con mia madre. Ci disse che Emanuela era in cielo, un modo delicato per dire che era morta. Quindi sapeva più di noi. Ma quando ho chiesto di sapere, il muro si è alzato più di prima”. E se il gioco è quello degli aggettivi, Pietro non si tira indietro: Giovanni Paolo II? “Un depistatore”. Benedetto XVI? “Pilato”. Francesco? “Poco coraggioso”. E Leone XIV? “Non posso usare aggettivi, non lo conosco. Ma posso sperare che sia una persona coraggiosa e che faccia davvero il Papa”. Il nome che vorrebbe sentire parlare, se potesse? “Molte persone che sapevano, purtroppo, non ci sono più. Chiamerei sicuramente il cardinale Giovanni Battista Re, sono convinto al cento per cento che sappia cosa è successo. E anche il magistrato Giancarlo Capaldo, perché ciò che mi ha raccontato non corrisponde esattamente a ciò che ha detto pubblicamente”. Nel 2025, il caso Orlandi è ancora un buco nero nella storia della Chiesa. E chi prova a illuminarlo si ritrova, come Pietro, davanti a un muro che da quarant’anni non si è mai davvero mosso.

Emanuela Orlandi con suo fratello Pietro
Emanuela Orlandi con suo fratello Pietro
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