Signori/e, vorrei urlare al miracolo, all'avvento inaspettato, a uno sguardo misericordioso che l'Altissimo dall'alto dei cieli ci ha mandato: è nata, è arrivata per consolarci tutti e per lanciare dalla finestra con un doppio carpiato il terrificante story telling che si stava facendo sul mondo donna ormai da anni. L'Italia ne aveva bisogno e l'universo ha risposto: Pilar Fogliati, classe 1992, una sorta di nuova Monica Vitti (vabbè più o meno), è arrivata di prepotenza, a criniera al vento e gamba tesa come il miglior Ronaldo dei tempi d'oro, a confortarci tutte. In un mondo artistico composto soprattutto da "cagne maledette" (e non faccio nomi non per paura di una denuncia ma perché non darò visibilità a orde di sgallettate arriviste senza né arte né parte) arriva la Fogliati che, oltre a essere un’esponente del genere femminile, pare appartenga a una bistrattata categoria di esseri umani: le persone intelligenti.
Perché lo sostengo con convinzione? Perché è poliedrica e quindi forse inquieta e quindi già solo queste due caratteristiche me la fanno percepire come una cavalla su cui scommettere un cento.
In "Romantiche" è attrice (si affetta in quattro) e regista. Il film, prodotto da Indiana Production, è un film a episodi dove vengono raccontate quattro donne figlie dei nostri tempi: iperconnesse e insicure come solo noi sappiamo magistralmente essere. Un quartetto di donne perse, ma relativamente contente.
Il miracolo sta anche nel fatto che l'autrice non ha voluto scrivere alcun manifesto femminista, non ha portato in scena alcunaa strampalata guerra col patriarcato, il genere maschile e i fallodotati in generale.
Ha solo voluto girare una pellicola divertente e che alla fine arriva a fare quello che deve: convincere. Evviva.
Pilar è un'artista a tutto tondo che ha sposato un linguaggio femminile e che non ha ceduto alla narrazione della rabbia e del rancore che nei nostri tempi non solo va di moda, ma paga alla grande. Un urlato "take it easy".
La Fogliati non ha riempito le sue protagoniste di sovrastrutture, il linguaggio è semplice e arriva alla pancia dello spettatore senza ammorbarlo con i problemi (vicini a tutti quanti) che vengono raccontati sul lettino della dottoressa Valeria Panizzi (Barbara Bobulova).
Non solo io vorrei urlare "Prodigioso!" per la riuscita di un film italiano su cui immagino che nessuno avesse scommesso un euro, ma vorrei anche sottolineare una verità che tutti sembriamo aver dimenticato:
"Donne, possiamo farcela anche senza rompere il cazzo agli uomini armate di ascia bipenne tra i denti!”
Si può fare! (e aggiungiamo anche il nitrito di una coppia di cavalli innamorati, tanto per citare chi è giusto non dimenticare).