Ammassati, bloccati, manganellati. Sono circa le dieci e mezza del mattino quando il telefono si illumina per una notifica Whatsapp: “Bimbi (appellativo tipico toscano che usiamo qui, per indicare i ragazzi), è successo un casino alla manifestazione pro-Palestina”. E io, seduta al mio banco di scuola, durante quella che sembrava essere una normale lezione di fisica, non posso fare a meno di sbirciare per vedere che cosa sta succedendo giù, in città. Lo sciopero studentesco, annunciato via social da alcuni collettivi e gruppi giovanili pisani, era partito alle 9:30 dalla vicina Piazza Dante, nel centro della città della Torre Pendente. Da lì il corteo aveva imboccato via S. Frediano, per raggiungere Piazza dei Cavalieri, sede della nota università d’eccellenza Scuola Normale Superiore, una tappa comune in tutte le manifestazioni svolte in città.
Niente di strano, o così poteva sembrare. Perché da quel messaggio in poi, la giornata ha cambiato completamente rotta. Il cellulare ha iniziato a vibrare senza interruzione con un susseguirsi di video che lasciano poco all'immaginazione, poche parole e poca speranza riguardo il presente che stiamo vivendo. Ad aspettare i ragazzi alla fine di via S. Frediano, c’era una camionetta della Polizia, che ha iniziato a caricare i partecipanti alla manifestazione, con violenza inaudita e ingiustificabile. Braccia alzate e spintoni, urla di stupore, dolore e rabbia. Tanta rabbia. Mentre dalle notizie che arrivano inizio a capire cosa sta accadendo a pochi metri dalla mia classe di liceo, la campanella della ricreazione suona. Nei corridoi girano i video su whatsapp, i vocali dei testimoni che raccontano quanto accaduto, le domande per capire se i ragazzi che conosciamo, presenti alla manifestazione, stiano bene. E, attraverso le informazioni che arrivano a pioggia, si cerca di ricostruire quanto accaduto. “Stanno prendendo le persone a manganellate, ci hanno bloccato”, mi racconta un’amica. “Non potevamo andare né in Piazza dei Cavalieri né sui Lungarni (scendendo da via S.Frediano e poi per via Curtatone e Montanara si raggiunge il Lungarno Antonio Pacinotti). Abbiamo mostrato le mani, mostrando che eravamo disarmati, ma hanno colpito comunque. Siamo per lo più appena maggiorenni o addirittura minorenni”.
Più i minuti passano, più sui social vengono pubblicate immagini spaventose ed arrivano altre testimonianze: “Eravamo solo 150 persone, eravamo pacifici, non avevamo neppure i fumogeni. Ci hanno bloccati davanti all’artistico (il Liceo Artistico Russoli in via S. Frediano). Avevano l’ordine si spingerci. Hanno preso minorenni, urlavano solo di caricare. Avevamo le mani alzate, nessuno ha provato a sfondare o ad andare oltre, chiedevamo solo di proseguire la manifestazione. Hanno aperto il cranio ad una ragazza di 16 e non hanno neppure fatto passare l’ambulanza”. E insieme all’orrore arrivano anche le prime domande ambigue: “Come si stavano comportando gli studenti? La manifestazione era autorizzata? Quali erano le intenzioni dei partecipanti?”. Tutti dubbi che sorvolano uno dei principi basilari dell’umanità, il rifiuto alla violenza. Ma che soprattutto, rinnegano quello che sta succedendo nel nostro Paese: la manifestazione di Pisa, come quella di Firenze e Catania, rappresenta solo l’ultima repressione a suon di manganellate di cortei di studenti pacifisti, che chiedevano la pace a Gaza. Bologna, Roma, Napoli, Torino, Verona: sono tutti gli episodi di un trend che sta diventando sempre più lungo e pericoloso.
Chi - come me, nata sotto la Torre - conosce bene l’urbanistica di Pisa, conosce altrettanto bene quanti vicoli ciechi e strade strette abbia la città: via S. Francesco è una di queste. Oltrepassando l’omonima piazzetta che da inizio alla strada, si susseguono una serie di edifici di vario tipo (vari negozi e locali, poi il Liceo Artistico Russoli e una delle sedi della facoltà dell’Università di Pisa) che impediscono eventuali uscite secondarie. La camionetta che blocca completamente lo sbocco in Piazza dei Cavalieri, unica reale uscita oltre a quella sui Lungarni, parla chiaro su quale fosse il compito dei poliziotti, protetti dagli scudi e con i manganelli in mano. Grandi su un gruppo di ragazzi, con lo zaino in spalle e le mani alzate, disarmati, partecipanti ad un corteo stroncato sul nascere. Gli studenti sono stati manganellati davanti a una delle loro scuole superiori: i cancelli e le ringhiere del Russoli sono state le uniche vie di fuga per alcuni, che si sono arrampicati sui muri sperando di non scivolare. I docenti del Liceo Artistico si sono immediatamente mobilitati, interrogandosi dell’accaduto mentre al Pronto Soccorso arrivavano i primi feriti - si contano dieci minorenni feriti, con contusioni e varie escoriazione e due di questi anche dita fratturate, tre maggiorenni soccorsi, di cui il più grande 25 anni con trauma cranico ed escoriazione della testa, e due diciannovenni, uno con un braccio steccato, colpito con manganello mentre si riparava, e un altro ragazzo per trauma cranico e ferita lacero contusa.
“Gli agenti in assetto antisommossa avevano chiuso la strada e attendevano i ragazzi con scudi e manganelli, mentre dalla parte opposta le forze dell’ordine chiudevano la via all’altezza di Piazza Dante. In via Tavoleria (via secondaria che separa via S. Frediano da via Curtatone e Montanara) un’altra squadra con scudi e manganelli”, si legge nella testimonianza scritta dei professori. “Proprio di fronte all’ingresso del nostro liceo, hanno fatto partire dapprima una carica e poi altre due contro quei giovani con le mani alzate (…). Come educatori siamo allibiti di fronte a quanto successo oggi (…). Perché si è deciso di chiuderli in un imbuto per poi riempirli di botte? Chi ha deciso questo schieramento di forze, che neanche per iniziative di maggior partecipazione e tensione hanno attraversato la nostra città? Oggi è stata una giornata vergognosa per chi ha gestito l’ordine pubblico in città e qualcuno ne deve rispondere”.
Nel pomeriggio, mentre gli studenti stanno organizzando nuove iniziative di solidarietà al corteo manganellato, il dibattito cresce. Il Ministro degli Affari Esteri Tajani afferma che vicino al luogo della manifestazione ci sono la sinagoga e il cimitero israelitico, nulla di più sbagliato: la sinagoga si trova a 600 metri da Piazza dei Cavalieri, dove gli studenti si stavano dirigendo, in direzione totalmente opposta, mentre il cimitero ebraico, appena fuori dalla famosa Piazza dei Miracoli, è distante ben 950 metri. Alle parole del Ministro si aggiungono quelle dell’Europarlamentare Lega Susanna Ceccardi che parla di “cortei non autorizzati dalle questure e che volevano scatenare il caos”. Caos che ieri sera, sempre in Piazza dei Cavalieri, si è unito in solo grido: dopo 8 ore l’accaduto, un altro grande corteo è arrivato davanti alla Scuola Normale Superiore, quello contro la violenza mostrata questa mattina dalla Polizia. Circa cinquemila persone, secondo le stime ufficiali, hanno partecipato alla manifestazione, partita da due presidi differenti nel cuore di Pisa, con un solo coro: “No alla violenza delle istituzioni, Palestina libera”. L'unico modo che abbiamo, oggi, per curare le ferite di questa giornata.