A Nicola Porro girano le palle tipo "un mulino di Amstedam". Lo ha fatto presente, con la sua consueta irriverenza e irruenza, in una puntata della Zuppa di Porro, la sua rassegna stampa online. «Vorrei che venisse fatta una voragine nel calendario tra il 23 aprile, perché già iniziano a rompere i coglioni, fino al 2 maggio. C'è un insieme di giornali, di partigiani, di lavoratori, di sindacati, di bandiere rosse e di gente che deve dire stronzate pazzesche e nessuno può alzare il dito e dire “ragazzi io non ci sto”». Porro ce l'ha evidentemente non tanto con la Festa della Liberazione, quanto con la sua retorica, che invade tutti i media, secondo protocolli pedagogici che risultano, alla fine, stucchevoli. Insopportabili. Prosegue Porro: “Bisognerebbe quindi inventare la festa del godimento, la festa dello scialacquo, la festa in cui ti puoi divertire”. Per sostituire le attuali celebrazioni obbligatorie.
Io la vivo più o meno come Nicola Porro. Da liberale e popperiana sono allergica alle metafisiche, per quanto benintenzionate e progressive. Ma anch' io vorrei salvare le feste degli italiani che, al di là di tutto, sono un momento di gioia personale, esistenziale, sociale.
Caro Porro, ho trovato la soluzione: teniamo le feste e associamo loro l'antico nome dei Santi. Oggi, 25 aprile, è San Marco, lo scrittore del Verbo, il patrono della mercuriale Venezia. Il 26 è la Festa della Madonna del Buon Consiglio e di buoni consigli c'è sempre bisogno, il 27 Santa Zita Vergine, patrona delle domestiche e portatrice di grembiulate di fiori, il 28 Santa Valeria, ravennate, antica, venerabile; il 29 Santa Caterina da Siena, dottore (non dottrice, né dottorə) della Chiesa; il 30 San Giuseppe Cottolengo che accoglie i malati e il 1° maggio San Giuseppe lavoratore sì, ma dello Spirito.
Caro Porro, le figure immaginifiche e mitopoietiche dei Santi forse sono l'unico modo per restare liberali, liberisti, libertari e salvare gli universali fantastici (Vico) della nostra cultura. Dedichiamo quindi le prime pagine dei giornali ai Santi. Meglio la agiografia vera che quella farlocca delle “feste comuniste”.