È tutto bellissimo, ma probabilmente è anche l’ennesima fake news che i siti di informazione hanno diffuso senza prima verificare la fonte. Noi di MOW compresi, almeno fino ad ora. Ma dopo averci scherzato per una serata intera, aver condiviso foto, audio, video e meme che ne sono nati - e aver riportato tutto in un articolo gonzo, nel senso che non abbiamo preso troppo sul serio la questione -, la storia dell’intossicazione alimentare di decine di pescatori dopo un pranzo di pesce crudo a Gubbio ci ha insospettito e non poco. “Scene apocalittiche”, “’na tragedia”, “n’ecatombe”, questo il tenore dei dialoghi ascoltati nei vocali diffusi sulle principali piattaforme di messaggistica, tutti legate ad un unico comune denominatore: il verbo più usato era “cacare”. E non ha certo bisogno di traduzioni. Ma le persone intossicate, la gente con diarrea incontrollabile, il via vai di ambulanze, l’incidente d'auto di alcuni alle prese con scariche di dissenteria, sono esistiti davvero?
Già il sito bufale.net, a poche ore dalla diffusione della notizia a livello nazionale, avanzava qualche dubbio. In particolare per l’assenza di fonti ufficiali e riconosciute e anche per la ricostruzione dell’accaduto piuttosto strana: “Già quando su whatsapp arrivano audio con la scritta ‘inoltrato più volte’, ciò lascia presagire a come non ci si possa tanto fidare della veridicità del vocale. Quello che però insospettisce – spiega il sito anti-bufale - è che questi pescatori si siano recati a Gubbio per consumare un pescato che inevitabilmente non poteva avvenire lì in Umbria, ma sulle coste del Lazio o della Toscana. Altro elemento che fa propendere la storia verso il tag ‘fake news’ è che un ristorante non può mai accettare di servire alimenti provenienti dagli stessi commensali, soprattutto se si tratta di pesce crudo”. Non solo, perché – come dovrebbe fare ogni giornalista – le fonti non sono state verificate e neppure l’intervento dei soccorsi nella giornata in questione (si ipotizzava il 2 ottobre) nella zona in cui è stato indicato il ristorante finito nell’occhio del ciclone.
Ma sarebbe bastato chiamare il ristoratore coinvolto, che già lo scorso 15 ottobre aveva scritto un lungo messaggio Facebook, per allontanare i sospetti e capire che le cose non sono andate come descritto dalla massa di messaggi condivisi a valanga da utente a utente e riportati da centinaia di siti locali e nazionali. Noi lo abbiamo fatto, contattando il titolare del Ristorante Federico da Montefeltro, che ha accettato di spiegarci che cosa è accaduto davvero. E sulla buona fede dei gestori si può notare come, dal 15 ottobre a oggi (21 ottobre), nessuno sui loro social ha scritto un solo commento indicandoli come responsabili del fattaccio. “Avevamo permesso ai componenti della società di pesca di pranzare nel nostro ristorante. Il pesce crudo lo hanno portato loro da fuori e, da quanto ne so, lo hanno fatto sfilettare in un altro locale. Quindi noi abbiamo solo ospitato le oltre cento persone” ha spiegato il titolare del ristorante. Quindi, almeno alla base c’è un fatto realmente successo. Ma è il seguito che appare completamente frutto di fantasia o di qualche buontempone: “Voglio smentire ciò che sta circolando sui social. Si tratta di chiacchiere che vengono alimentate da voci di popolo. Si è voluto creare un caso che non esiste pubblicando perfino immagini scabrose e false, perché le persone immortalate non sono mai state nel mio locale”. Alla fine, però, ammette che "un intervento si è reso necessario per problemi personali di salute che hanno afflitto due avventori, ma che nulla hanno a che vedere, in alcun modo, con la qualità o la tipologia del cibo somministrato presso il ristorante". Qualche dubbio rimane, ma il tutto sembra davvero gonfiato dalla rete nella quale, come tanti tonni – il riferimento non è casuale – ci siamo davvero cascati un po’ tutti.