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Quindi il PD ha vinto le elezioni a New York? Amara esegesi di una sinistra che sventola ogni bandiera tranne quella Italiana (e “della sinistra”)

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

6 novembre 2025

Quindi il PD ha vinto le elezioni a New York? Amara esegesi di una sinistra che sventola ogni bandiera tranne quella Italiana (e “della sinistra”)
I sondaggi dicono che Fratelli d'Italia e la coalizione di centrodestra tornerebbero a governare l'Italia se si andasse a votare domani. Però a sinistra è grande festa, perchè a New York il PD ha vinto le elezioni e pure in Libia, a ripensarci adesso, hanno una bella bandiera. Come sono state e sono belle molte altre, tranne una, purtroppo...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Quand’è che a sinistra capiranno che la politica muove dall’ideologia, per quanto modernizzata, e non può seguire logiche e dinamiche di un reparto di marketing emotivo? Per altro con risultati maldestri? La domanda viene da porla così, perché quella originale che è venuta in mente avrebbe suonato di fascistismo (che non esiste, ma rende l’idea): possibile che si stia lasciando che il patriottismo sia solo questione di destra? Viene da dirlo dopo l’ultima, importantissima e significativa vittoria del Partito Democratico e, più in generale, della sinistra italiana: le elezioni a New York. Ok, è una battuta, ma loro sono contenti veramente. Perché, sia perdonata la violenza verbale, nella sinistra italiana ormai c’è un virus che è peggio del Covid: l’incapacità di restare dalla stessa parte. Per convinzione. Per coerenza. Per identità. È la patologia di chi non sa scegliere chi essere, ma sa perfettamente chi odiare. E così, non per adesione a un pensiero, ma per opposizione (e contrapposizione),si finisce per abbracciare tutto e il contrario di tutto, a seconda di dove si collochi – o si presume potrebbe collocarsi - il proprio nemico. Non si sostiene un’idea perché la si condivide, ma perché la disprezza chi si detesta. Non si crede in un valore, ma si spera che possa infastidire l’avversario. È la politica dei riflessi condizionati. E delle convinzioni in leasing a breve termine. Senza diritto di riscatto.

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L’ultima gratificazione emotiva? Proprio il trionfo mediatico per il neo-eletto sindaco di New York, rapidamente sbalzato a icona anti-Meloni. Poco importa che, spulciando anche con superficialità e da sopra il water le cronache americane, emerge che il signor Mamdani è un figlio di scuole private da decine e decine di migliaia di dollari, cresciuto in ambienti ultrabenestanti, con genitori inseriti nelle cerchie accademiche e artistiche internazionali (tipo Elly Schlein per intenderci). Insomma, niente che sia minimamente di sinistra. E pure niente che sia minimamente “sogno americano”. Però è musulmano, gli sta sulle palle Trump, non è quello che avrebbe votato la Meloni se fosse stata americana e “allora viva Mamdani e dateci una bandiera che la sventoliamo contenti”. Senza farsi una domanda: se la sinistra fosse stata ancora tale, avrebbe preso in mano l’effigie patinata di Mamdani o, piuttosto, la bandiera dei domestici e della servitù in mezzo a cui uno così è sicuramente cresciuto? A prescindere da Trump, dalla Meloni, da Salvini e da “aiuto, aiuto, stanno tornando i fascisti”. Eppure sarebbe stato un piccolo atto di materialismo, e non altro, l’ennesimo, miserabile selfie identitario.

Che poi, per fortuna, anche la sinistra ha due mani. Perché non c’è stato il tempo di finire di sventolare la bandiera di Mamdani che è toccato prendere quella della Libia, quel Paese che fino a pochi mesi fa era l’inferno e adesso, invece, è il paradiso. Il riferimento? Sì, è all’arresto di Almasri. Manette accolte a sinistra come trionfo morale e subito trasformato in occasione per sventolare, appunto, la bandiera libica contro l’Italia (che non è piùun paese libero e fortemente a rischio per quanto riguarda pure la libertà di parola, cit). Senza alcun dubbio – o almeno umana curiosità – sulla possibilità che una regia diplomatica avesse a suo tempo permesso il tanto criticato rientro dell’uomo proprio dall’Italia, magari prevedendo (o sapendo= che prima o poi sarebbe stata la Libia a arrestarlo. Però che fai, non ti indigni? Non sventoli una bandiera? L’indignazione con una bandiera in mano è più fotogenica del dossier politico: meglio urlare “scandalo” che andare a capire e studiare le dinamiche.

Elly Schlein con Matteo Renzi
Elly Schlein e Giuseppe Conte

Sì, il riferimento iconografico è un po’ barocco, ma non è che è andata diversamente, ad esempio, con Israele e Palestina. Raccontata proprio così: come una partita di calcio, in barba ai morti veri e alla sofferenza di una guerra che, adesso che sembra davvero finita, quasi ci si secca che sia finita. Quella di Israele, fin quando è servito, è stata bandiera per la lotta contro il “nazifascismo” (esiste ancora?); poi però subito tutti pronti al cambio con la bandiera palestinese. Prontamente utilizzata anche per dare addosso alle Forze dell’Ordine (eppure con quegli stipendi sono l’ultima vera classe operaia) .

Fermi tutti, stavamo per dimenticare tutte le volte, nella storia recente, in cui la sinistra italiana ha sventolato (contro anche la sua stessa storia) la bandiera del Vaticano. Vessillo nobile finché il Papa è stato “quello giusto”, ma da mettere velocemente in congelatore adesso che c’è da capire se il bianco di cui veste Papa Leone XIV è abbastanza tendente al rosso, al blu o al nero. Eppure il bianco è bianco, è il rosso che non è più rosso. Un altro esempio? I centri sociali difesi come avamposti di libertà, dove si chiude gli occhi anche rispetto al fatto che spesso lì si contravviene anche alle leggi. Paradossalmente ne paga le spese pure la comunità LGBTQ+ , bandiera da sventolare, ma sottraendola alla contraddizione di un paladinismo dei diritti svincolato dalla questione principale: l’equità economica. Quella è faticosa da perseguire e troppo di sinistra. Senza pane e con la gente che ha fame, però, i diritti restano un lusso da boutique (Marco Pannella, aiutali tu!). Eppure un tempo a sinistra lo sapevano.

Manifestazione proPal a Roma

Adesso è una sinistra che non sta più a sinistra, ma pretende di occupare tutte le posizioni vuote dell’avversario. O contrarie. Marx, probabilmente, starebbe vomitando da un pezzo. Ma pure Berlinguer non se la passerebbe benissimo. Anche perché a sinistra, con questa prontezza a sventolare ogni bandiera tranne quella Italiana e quella “della sinistra”, non si vince una competizione nazionale da un quarto di secolo: si eccelle nelle crisi d’identità e nelle manifestazioni di indignazione globale, si fallisce nello stare al governo da regolarmente eletti. Ma fa niente, l’importante è che si trovi sempre una qualche bandiera da sventolare. Per essere onnipresenti. E fanc*lo l’incoerenza e pure questa fastidiosa abilità ad alzare la voce all’estero quando a Roma governano i nemici, senza pensare che poi la figuraccia la si fa fare al Paese tutto 8compresa l'opposizione che non si oppone abbastanza, evidentemente). Solo che così diventa opportunismo travestito da coraggio intellettuale: una disarmante testimonianza di insicurezza e fragilità ideologica. C’è solo smarrimento.

“La rovina degli uomini è il non saper restare fermi nel proprio giudizio” - scriveva Euripide con la tragica lucidità di chi aveva compreso quanto la verità, per essere tale, richieda fermezza. Non fedeltà cieca, ma coerenza. Non ottusità, ma radicamento. Una bandiera sola, che accolga. Non polsi pronti a sventolarle tutte. Non c’è da scomodare Euripide per capire che quella è solo inconsistenza. Il bisogno patologico di definirsi sempre in opposizione, mai in affermazione. Il bisogno di un nemico per capire cosa pensare. Solo che così il nemico sta diventando l’Italia. Così, senza accorgersene, si diventa specchio di ciò che si detesta. Vittime di ciò che si vorrebbe combattere. Insomma: fascisti mentre ci si professa antifascisti. Con, in più, l’aggravante di non andare da nessuna parte, meno che mai al timone del Paese.

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