“C’è mancato poco”, sospira il collega appoggiato al tavolino fuori da un bar dopo aver assistito a un quasi incidente fra un’auto e un rider. E sì, so cosa state pensando, “la macchina ha quasi schiacciato il fattorino”, ma in realtà - paradossalmente - è l’esatto opposto. La macchina camminava su strada, a un’andatura forse leggermente superiore alla velocità consentita, ma il rider, con il borsone in schiena e in sella alla fat bike (quella con le ruote grosse), sbuca all’improvviso da una stradina che incrocia con la principale e, prendendo la curva un po’ larga, costringe l’auto a frenare in piena carreggiata. Colpo di clacson, forse un vaffa da dentro il mezzo, poi ognuno per la sua; il rider, comunque, era già proseguito oltre e non si era curato troppo della frenata. Poi qualche giorno dopo, io, su un marciapiede. Cammino, rallento il passo, faccio per girarmi e all’ultimo mi tiro indietro quando vedo che un rider in bicicletta mi passa a pochi centimetri dalle scarpe, a buona velocità. Sopra il marciapiede. Per quanto negli ultimi anni abbiamo iniziato a sensibilizzare verso la condizione di lavoro dei riders - sfruttati contrattualmente, senza tutele legali, con condizioni di lavoro molto spesso di disagio fra corse a perdifiato e insulti e, ultimo ma non per importanza, la questione sicurezza (non c’è assicurazione) -, si è forse parlato un po’ troppo poco dell’altro problema di questi lavoratori. E cioè che per la fretta di consegnare cibo o merce, spesso, combinano qualche casino, casinuccio, cioè problemini… ma no, diciamo le cose come stanno. Molto spesso, sulla strada e sui marciapiedi, i rider sono un pericolo. Per quanto - rinnoviamo la premessa - siamo tutti d’accordo sulla necessità di trovare una soluzione per le condizioni di lavoro dei riders, non si può più nascondere - soprattutto da parte di chi vive nelle grandi città - che tanto quanto i monopattini elettrici, anche i riders che vanno in strada o peggio sul marciapiede sono un problema per la sicurezza dei pedoni e, in un certo senso, anche degli automobilisti.
La fretta causa consegna che spinge a correre chi fa questo lavoro può essere la causa principale, così come le difficoltà di muoversi in una strada intasata che “costringe” a deviazioni contromano e a sortite sui marciapiedi - e infatti, non soltanto loro, ma anche tante persone in bici si spostano sul marciapiede, sbagliando. Insomma, il rischio di incidenti tipo quello che è stato raccontato poc’anzi sono una realtà effettiva. Anche perché, nella maggior parte dei casi, oltre ad andare veloce, i rider guardano il cellulare per reperire le indicazioni stradali e molto spesso hanno gli auricolari, quindi sono al telefono o ascoltano la musica, e chiaramente, sono azioni che non agevolano l’ascolto di uno che richiama alla tua attenzione (ma forse di un clacson si). Per cui se ne vedono di ogni. Rider in fat bike che prendono strade laterali in contromano, rider che pedalano ad alta velocità sui marciapiedi (anche in presenza della pista ciclabile), rider che non danno la precedenza ai pedoni sulle strisce. Mettiamo, poi, che io venga colpito da un rider di passaggio su un marciapiede e mi fratturo il braccio. A chi devo rivolgermi per la denuncia? Con chi devo parlare dell’azienda? La maggior parte dei rider sono coperti dall’assicurazione dell’azienda di delivery per cui lavorano - le varie Just Eat, Glovo e Uber Eats -, poiché queste hanno fatto firmare loro un’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; inoltre, c’è una vera e propria assicurazione che tutela loro e l’altra parte dell’incidente per eventuali danni a cose o terzi. Sul sito dell’Inail, l’istituto per la tutela degli infortuni sul lavoro pubblicava una nota in cui scriveva: “L’Inail ha pubblicato una nota con le prime istruzioni relative all’estensione dell’obbligo assicurativo ai rider che decorrerà dal 1° febbraio. Destinatarie le imprese di “delivery”, ovvero di consegna, che utilizzano piattaforme anche digitali e impiegano i ciclofattorini, definiti dal decreto-legge n.101/2019, convertito con modificazioni dalla legge n.128/2019 “lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali”.
Questi sono i casi che riguardano i ciclofattorini o i fattorini con motorino che lavorano come collaboratori, quindi occasionali o con partita Iva, e lo fanno da autonomi, venendo pagati a cottimo. Si tratta della maggior parte dei lavoratori e sono oltre trentamila in tutta Italia, secondo quanto scritto da Linkiesta, mentre quelli con un contratto di lavoro da dipendente e quindi non a cottimo, ma con turni di lavoro veri e propri. Di fatto, secondo quanto stabilito nel 2020 dalla legge, sia a cottimo sia con contratto di subordinazione, chi fa questo mestiere deve avere una tutela assicurativa. Va specificato che in Italia l’iter per la regolarizzazione del contratto e la formazione di un sindacato unilaterale e condiviso fra tutte le piattaforme è in corso – la vicenda si muove, lentamente – ma ancora i lavoratori di questo settore non hanno un’unica bandiera ufficialmente e eterogeneamente condivisa. Da quando ho assistito a quel quasi incidente su strada ho cercato notizie e post sulle vicende che coinvolgono rider e incidenti. La quasi totalità dei contenuti riferisce di rider purtroppo vittime di aggressioni, di vilipendio per strada e, nella più spiacevole delle ipotesi, di sinistri gravosi con le auto. Alla ricerca di un po’ di sana opinione spicciola ho fatto un giro fra i commenti e, un po’ di qua un po’ di là, c’è qualcuno che butta lì la critica verso l’atteggiamento su strada dei rider; qualcun altro, come me, ha citato anche un episodio di un incidente sfiorato. Il rischio di essere investiti da un rider, anche se fa strano dirlo, c’è.