Il delitto perfetto esiste? Una domanda che più di una persona, anche tra gli addetti ai lavori, probabilmente si è posta. La verità è che fuori dalla realtà cinematografica al massimo il delitto resta impunito. Era il 5 gennaio 2022 quando, nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste, veniva ritrovato senza vita il corpo di Liliana Resinovich. Adesso sembra aprirsi un nuovo scenario. Il gip di Trieste, dopo essersi opposto all’archiviazione e dopo aver deciso di procedere non più per sequestro di persona ma per omicidio, ha disposto la riesumazione della salma. Che cosa significa tutto questo? Non molto, per il momento. Ciò vuol dire anzitutto che quanto è emerso non ha fornito elementi precisi per classificare la morte dell’ex dipendente regionale come omicidio o come suicidio. Potrà dunque pensarci la riesumazione? Possibile, ma non certo. Visti tutti i limiti del caso, dato che sono ormai passati due anni dal decesso di Liliana Resinovich. In sostanza, sarà tiranno lo stato di decomposizione del suo corpo. Quindi, il deterioramento della salma potrebbe aver ulteriormente compromesso tutta una serie di informazioni non solo rilevanti, ma anche decisive. La cosa fondamentale da chiarire sarà l’epoca della morte. Difatti, secondo quanto è emerso dalla prima consulenza medico legale, Liliana Resinovich sarebbe morta solo due, al massimo tre giorni prima del ritrovamento del suo corpo privo di vita. Avvenuto, appunto, esattamente due anni fa. Una conclusione che non ha fatto altro che complicare la faccenda ponendo un quesito intricato. Dove sarebbe stata Lilli tutti quei giorni nei quali veniva cercata come scomparsa? Una conclusione anzitutto illogica. E questo va detto senza in alcun modo voler gettare ombre sul medico legale che ha svolto la prima autopsia. In primo luogo, perché collocando la sua morte al massimo settantadue ore prima del ritrovamento, significherebbe paventare che Liliana ha consumato la stessa colazione della scomparsa: panettone con uvetta, caffè e multivitaminico. Ma anche che si è nascosta o è stata nascosta dal 14 dicembre, giorno della scomparsa, fino al 2-3 gennaio. Con una città totalmente sotto assedio alla ricerca di una donna scomparsa. E dove, per quel momento storico, non si poteva circolare – neppure sui mezzi pubblici – senza esibire il Green pass. Ricordiamoci che lei aveva lasciato nella sua abitazione documenti, telefoni e soldi. Capite bene che non bisogna essere dei navigati medici legali per comprendere come un simile scenario non possa essere razionalmente prospettabile. Poi, certamente, la disposizione di un nuovo esame autoptico rende quasi automatico il passaggio della riesumazione.
Seppur si tratti di un’operazione costosa in termini economici, sarebbe una forzatura costringere il professionista incaricato di redigere una nuova autopsia basandosi esclusivamente sulle carte senza avere la possibilità di fare un esame completo sul corpo. Ciò premesso, ricordiamoci che il corpo di Lilli è stato rinvenuto con il capo infilato in due sacchetti di nylon. Facendo ipotizzare già nell’immediatezza a una morte per soffocamento. Tuttavia, il cordino che teneva legati i sacchi non era stretto con modalità tali da credere che l’innesco mortifero possa essere partito di lì. Inoltre, ricordiamo che su quello stesso cordino era stato rinvenuto un profilo genetico maschile non attribuibile perché degradato. Una circostanza compresa dopo la messa in onda dalla trasmissione Chi l’ha visto? del video che ha cristallizzato il momento del ritrovamento del corpo senza vita di Liliana. In questa direzione, attraverso non una propria attenta osservanza dei protocolli, mettiamola su questo piano, è andato forse perduto per sempre un dato che avrebbe potuto essere dirimente. Mi spiego. Girando il cadavere di Liliana in cerca del ciuffo biondo, sicuramente identificativo, è stato contaminato dai fluidi corporei proprio il cromosoma Y del Dna maschile rinvenuto sul cordino. La riesumazione, dunque, potrà davvero rappresentare una svolta? Indubbiamente, la speranza che resta è che, in sede medico-legale, vengano rinvenuti nuovi elementi non esplorarti prima e tali da assumere una rilevanza decisiva per stabilire causa ed epoca della morte. Un’attività che, però, è impossibile con riferimento al rigor mortis, che indica la rigidità muscolare del cadavere e si sviluppa solitamente dopo che sono trascorse dodici ore dalla cessazione delle attività vitali. Tirando le fila. Le informazioni perse o contaminate non potranno essere recuperate neppure con la riesumazione del corpo. L’unica speranza è, come sottolineavo, che emergano circostanze non emerse in precedenza. Ma con una complicazione non di poco conto. Lo stato della salma di Liliana Resinovich. Sono passati due anni e questo rende davvero complicata la faccenda.