Dalla Storia allo Storytelling, è il segno dei tempi. Il ministro Valditara ha anticipato alcune novità, in occasione della presentazione delle nuove Indicazioni Nazionali per le scuole del primo ciclo, con un'intervista rilasciata al Giornale. Novità, per modo di dire, visto che si parla, tra le altre cose, di insegnare il latino ai ragazzi delle scuole medie, anche se soltanto in via facoltativa. Un aspetto che ha attivato il circuito delle polemiche è stato però un altro, relativo alla lettura della Bibbia nel corso della scuola primaria. Elementari, per capirsi, ma il problema è che non sarà compito dell'insegnante di religione, quello di spiegare il testo sacro. No, la lettura della Bibbia verrà fatta nelle ore di Storia. Con le parole del ministro: verrà dato “nuovo impulso allo studio della storia, non però come disciplina fondata sullo studio dei documenti, dei reperti e delle fonti, ma come grande narrazione, partendo dalla lettura della Bibbia e dell'epica classica: Iliade, Odissea, Eneide, ma anche le saghe norrene”. Un colpo alla Storia e alla Religione? Il mondo cattolico si è diviso: abbiamo chiesto un parere a Suor Anna Monia Alfieri, docente e membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, e a Mario Adinolfi, famoso per le sue posizioni tradizionaliste e cristiane. Ecco affinità e divergenze sul tema, uno stesso punto di partenza per due prospettive diverse.
Suor Anna Monia Alfieri
E' chiaro che la Bibbia ha per il credente un significato proprio, ossia si tratta del libro, scritto direttamente da Dio che ha ispirato gli uomini, nel quale viene raccontata la storia della salvezza. Tuttavia la lettura che già oggi se ne fa a scuola non è orientata in senso religioso, ossia non si tratta di una lettura volta a interpretare la presenza di Dio nella vicenda dell'uomo. Detto questo, è innegabile che il contenuto biblico si presta ad una serie di approfondimenti che hanno uno straordinario valore didattico: si pensi solamente all'analisi dei diversi generi letterari presenti. Inoltre è innegabile che le vicende raccontate si prestano ad una straordinaria lettura per temi e per narrazioni, una lettura che affascina perchè avvincente, ricca di colpi di scena. Si pensi al racconto della creazione, piuttosto che a quello del diluvio oppure al grande racconto dell'Esodo; ancora, affascinante è conoscere le vicende dei singoli personaggi: pensiamo a re Davide, in tutti i suoi aspetti tipicamente umani…! La lettura della Bibbia consente, pertanto, di accedere ad un patrimonio di conoscenze che è alla base della civiltà occidentale. Senza conoscenze bibliche non si comprenderebbe la storia dell'arte o la storia della letteratura, in quanto tutte le letterature pullulano di riferimenti, diretti o indiretti, al testo biblico. Non ritengo dunque che leggere la Bibbia, come si leggono i testi epici, sia uno svilirne il contenuto, tutt'altro, è un modo per conoscere più e meglio quanto vi è narrato. Perchè adesso, se chiediamo ad un ragazzo chi è Achille, tutti sanno rispondere, se chiediamo, invece, chi è Mosè, non tutti sono in grado di dare una risposta? Questa non conoscenza è grave, perché la Bibbia è la base della cultura occidentale. Bene, dunque, per la proposta del Ministro: si tratta, infatti, di un modo per ampliare le conoscenze dei nostri giovani, sin dalla più tenera età, affascinandoli e aumentando in loro la fantasia.
Mario Adinolfi
Storicizzare le religioni ormai è una moda. Certo, è un elemento positivo quello di avvicinare i bambini a un testo complesso come la Bibbia, ma questo avvicinamento andrebbe inserito in un contesto in cui l'aspetto religioso sia preponderante. Ho paura di questo tentativo di assimilazione della religione alla cultura generale. La mia più grossa preoccupazione è che la religione si perda già all'interno dell'insegnamento della religione cattolica, per come è strutturato adesso in ottica di storia delle religioni in generale. La questione della conoscenza di un testo sacro non può fare a meno di essere integrata in un discorso di insegnamento svolto in ottica prettamente religiosa. L'approccio religioso non può essere trasformato in approccio letterario. Quello di inserire la Bibbia all'interno di una narrazione storica insieme ad altri libri di mitologia è più un discorso politico che di validità dell'insegnamento. Da genitore vedo che il tentativo è quello di cancellare le radici religiose che invece andrebbero sottolineate, non togliendo la spina alla nostra matrice tradizionale. La Bibbia è un testo complesso che andrebbe spiegato almeno come si fa al catechismo, non bisogna disinnescare il contenuto religioso della Bibbia e trasformarlo in un libro qualsiasi. C'è una sorta di laicizzazione generale cammuffata da recupero della tradizione, si rischia di trasformare tutto nel mischione alla Jovanotti, della grande chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa. Manca il rapporto con la trascendenza. La Bibbia non è un mito. Il libro più venduto di quest'anno è stato quello di Cazzullo sulla Bibbia perché è la radice dei nostri padri; il tema religioso è cruciale all'interno della nostra formazione complessiva perché guida alla domanda principale sull'esistenza, alle domande fondamentali, sulla morte. Sono temi che i bambini iniziano presto a problematizzare, gli si dice che qualcun è andato in cielo, ma questo non basta ovviamente. Credere a Gesù Cristo come credere ai ciclopi insinua il dubbio sulla narrazione mitologica. Io, al posto del governo, avrei fatto un altro tipo di riflessione, sottolineando il recupero del crocifisso nelle aule e della radice Cristiana del nostro Paese.