image/svg+xml
  • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca Nera
  • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • Girls
    • Orologi
    • Turismo
    • Social
    • Food
  • MotoGp
  • Tennis
  • Formula 1
  • Sport
    • Calcio
    • NFL
    • combattimento
  • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Garlasco
  • Cover Story
  • Attualità
    • Attualità
    • Politica
    • Cronaca Nera
    • Esteri
    • Economia
  • Lifestyle
    • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • girls
    • Orologi
    • Turismo
    • social
    • Food
  • motogp
  • tennis
  • Formula 1
  • Sport
    • calcio
  • Culture
    • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Garlasco
  • Cover Story
  • Tech
  • Fashion
    • Fashion
    • Moda
    • Gear
    • Footwear
  • EVERGREEN
  • Topic
  • Journal
  • Media
Moto.it
Automoto.it
  • Chi siamo
  • Privacy

©2025 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159

  1. Home
  2. Attualità

Rischiamo davvero una seconda Guerra civile americana? Ecco perché l’implosione degli Stati Uniti iniziata a Los Angeles potrebbe mettere in ginocchio l’ordine globale che conosciamo, dalla geopolitica alle banche

  • di Matteo Suanno Matteo Suanno

  • Foto: Ansa

11 giugno 2025

Rischiamo davvero una seconda Guerra civile americana? Ecco perché l’implosione degli Stati Uniti iniziata a Los Angeles potrebbe mettere in ginocchio l’ordine globale che conosciamo, dalla geopolitica alle banche
Quello che sembrava un focolaio isolato a Los Angeles si è trasformato in una crisi che scuote gli Stati Uniti fino alle fondamenta, con militari dispiegati nelle strade e il ricorso all’Insurrection Act. Uno strumento che, se abusato, può arrivare a forzare l’assetto democratico del paese. Ma dietro le immagini da seconda guerra civile americana c’è un una questione profonda e apertissima: quella sull’effettiva tenuta di una democrazia in affanno, messa alla prova dal caos migratorio, ma che se implodesse provocherebbe un’onda d’urto ben peggiore. E se gli Stati Uniti, cuore pulsante del sistema finanziario e tecnologico globale, venissero meno, chi garantirebbe la stabilità del debito da 36 trilioni di dollari o le reti digitali da cui dipende il mondo intero? Il vuoto di potere lascerebbe spazio a giganti privati e nuove potenze autoritarie, da Mosca a Pechino, con ripercussioni geopolitiche imprevedibili? Ecco perché non è solo un problema americano: la domanda che riguarda tutti noi. Se il gigante crolla, potrebbe seppellire tutti

Foto: Ansa

di Matteo Suanno Matteo Suanno

Los Angeles non basta più. I tumulti violenti scoppiati nella seconda città più grande degli Stati Uniti e cuore della ricca California si sono già allargati ad altri città americane, spingendo il presidente Donald Trump a minacciare un dispiegamento di militari a tappeto sul territorio federale. Sembra impossibile che le immagini da guerra civile che circolano in queste ore possano raccontarci gli Stati Uniti. Eppure, l’America di Trump oggi è proprio ciò che appare. Il caos, ormai lo sappiamo, è scoppiato attorno alla questione migratoria. Ma oggi, la partita sembra già essersi allargata, imponendoci riflessioni di medio e lungo periodo: siamo di fronte a un banco di prova per la tenuta interna degli Stati Uniti e per il loro ruolo globale. Con l’Insurrection Act sul tavolo, Guantanamo riattivato per i migranti e un uso militare estremo sul territorio nazionale, la democrazia americana sta arrivando ai limiti. Riuscirà a resistere o siamo già di fronte al collasso? E se gli Stati Uniti esplodono dall’interno, che ne sarà del mondo che hanno plasmato? Chi garantirà il debito globale? Da chi dipenderanno le infrastrutture digitali e finanziarie del mondo – e noi con esse? Quali spazi prenderanno potenze come Russia e Cina?

Stati uniti violenza migranti los angeles
I disordini negli stati Uniti sono partiti da alcuni arresti di migranti venerdì a Los Angeles, per poi allargarsi a macchia d'olio a tutto il paese Ansa

È iniziato tutto con una serie di retate dell’Ice, la polizia federale che controlla le frontiere, a Los Angeles. Quartieri interi, abitati in prevalenza da famiglie latinoamericane, sono stati setacciati con un’intensità che non si vedeva dal post 11 settembre. Le immagini parlano da sole: genitori ammanettati davanti ai figli, auto date alle fiamme dai manifestanti, minorenni detenuti senza mandato dalle forze dell'ordine, blindati in assetto da guerra parcheggiati davanti a scuole e chiese. Ma ciò che ha trasformato l’indignazione in scontro aperto è stata la risposta dell’amministrazione Trump: l’invio di centinaia di Marines e migliaia di unità della Guardia Nazionale sotto comando federale, senza che il governatore della California avesse chiesto nulla. Gavin Newsom, che molti considerano uno degli ultimi baluardi dei Democratici ancora con le ossa rotte dopo le ultime elezioni, ha parlato di “sequestro armato dello Stato” e ha annunciato di rispondere legalmente contro il presidente Trump. Intanto, le strade di Los Angeles hanno più l’aspetto di una città mediorientale consumata dalla guerra che di una grande metropoli occidentale. La situazione è precipitata in poche ore: coprifuoco, blackout informativi, repressione armata di manifestazioni civili, proiettili di gomma sparati scientemente contro giornalisti, come hanno dimostrato le immagini. La Casa Bianca ha ufficialmente evocato la possibilità di ricorrere all’Insurrection Act del 1807, una norma che consente al presidente di impiegare le forze armate sul territorio nazionale in caso di “insurrezione”. Un termine elastico e interpretabile, che in questo momento sta dando a Trump uno spazio d’azione senza precedenti.

Donald Trump
Il presidente Donald Trump, illustrato AI

Alcuni giuristi statunitensi da tempo discutono sui nodi normativi legati alla ridefinizione dell’equilibrio tra poteri federali e statali in corso. In particolare, giuristi di tutti gli orientamenti politici hanno sottolineato i limiti strutturali e dell’Insurrection Act. Nel 2024, una commissione guidata dall’American Law Institute – di cui fanno parte figure come Bob Bauer (ex consulente alla Casa Bianca sotto Obama) e Jack Goldsmith (ex Assistente sotto George W. Bush) – ha parlato di una “vaghezza normativa” che consentirebbe al presidente di “bypassare il governatore” o di agire senza motivazioni chiare. Anche su Lawfare, rispettata piattaforma di esperti costituzionali, si sottolinea un elemento fondamentale, tecnico ma cruciale: una volta invocato l’Act, “le autorità locali potrebbero disimpegnarsi del tutto, lasciando i militari senza strumenti adatti se non una dichiarazione di legge marziale”, e rischiano di “alienare autorità locali e aumentare le tensioni civili”. Quindi non si parla di politica partitica, ma di meccanismi istituzionali, di rapporti tra Stato federale e governi locali, e del rischio che l’uso abusivo dello strumento appena impugnato da Trump porti a una diluizione dei principi di federalismo e rule of law. D’altronde, ciò a cui stiamo assistendo è evidente: un solo uomo può decidere quando e dove usare la forza militare. Il coprifuoco imposto a Los Angeles ha già superato i dieci giorni, e prevede arresti senza cauzione per chi viola l’ordine. Si parla anche di riattivare Guantanamo come centro per migranti “pericolosi”, come previsto da un memorandum firmato nel gennaio scorso, dove si ipotizzava l’ampliamento del campo fino a 30.000 detenuti. La macchina esecutiva non si limita più a “far rispettare la legge”, ma costruisce una propria interpretazione del dissenso e lo gestisce come minaccia. Il professor Daniel Ziblatt di Harvard – ateneo in guerra aperta con Trump – ha avvertito che l’erosione democratica spesso non arriva con un colpo di Stato, ma con una lunga serie di forzature giuridiche legittimate da emergenze costruite. E se oggi la minaccia è il “caos migratorio”, domani potrebbe essere qualsiasi altra cosa: uno sciopero generale, una campagna elettorale non gradita, un’indagine giornalistica.

20250611 102606730 7598
Una manifestante imbraccia un cartello contro la polizia federale e la bandiera Messicana, diventata simbolo dei disordini Ansa

Ma se l’America implode al suo interno, cosa succede al mondo fuori? Il rischio non è solo simbolico: gli Stati Uniti non sono una potenza qualsiasi. Sono il principale emettitore di debito globale, con oltre 36 trilioni di dollari di debito federale – dati del Dipartimento del Tesoro statunitense – e un mercato obbligazionario che regge le fondamenta del sistema finanziario mondiale. Ogni crisi di fiducia nei confronti di Washington si riflette in instabilità nelle borse di Londra, Tokyo, Francoforte, per citare le più importanti. Il dollaro – che oggi rappresenta circa il 60 per cento delle riserve valutarie mondiali – potrebbe perdere il suo status di valuta rifugio se la credibilità istituzionale americana dovesse sgretolarsi. Inoltre, circa l’80 per cento delle transazioni globali di commercio passano per infrastrutture digitali statunitensi: cloud, server, servizi finanziari, protocolli di sicurezza informatica. E qui si apre una domanda cruciale: se il potere federale venisse meno, queste reti globali sarebbero in grado di reggere in autonomia? In apparenza sì: sono gestite da colossi privati – Amazon, Google, Microsoft, Visa, Stripe – che possiedono infrastrutture ben più solide di molti governi nazionali. Ma la verità è più complessa. È possibile che, nel vuoto lasciato dallo Stato, siano proprio queste aziende a rafforzarsi ulteriormente, assumendo un ruolo quasi para-istituzionale. Non sarebbe una novità: già oggi forniscono servizi essenziali alla sicurezza, alla comunicazione e alla finanza globale. Ma se domani dovessero anche gestire funzioni tipicamente sovrane – monitoraggio, arbitrato, protezione – cosa resterebbe dell’autonomia degli Stati più deboli? Non è fantapolitica, è geopolitica applicata. “Quando le istituzioni vacillano, il potere si sposta verso chi ha i mezzi per organizzare la complessità,” ha spiegato il politologo Moisés Naím. E in un mondo dove i grandi Stati arretrano, non è detto che a colmare il vuoto siano altri Stati: potrebbero farlo le piattaforme. Il rischio? Che il sistema globale, invece di diventare multipolare, diventi multi-corporate, con una manciata di aziende americane più forti di qualunque alleanza internazionale.

https://mowmag.com/?nl=1

C'è poi la questione geopolitica. Chi controlla gli eventuali spazi lasciati vuoti dagli Stati Uniti? Parliamo di Europa, certo, ma anche di Sudamerica, Medioriente e Pacifico in primis. La Russia potrebbe intensificare la pressione su Ucraina e paesi baltici, mentre la Cina troverebbe carta bianca per rivendicare Taiwan e consolidare la propria influenza su tutto il Pacifico. Con il venire meno del principale attore militare e geopolitico sul tavolo globale, molte controversie congelate potrebbero surriscaldarsi o assumere pieghe inaspettate. Come ha notato Ian Bremmer, fondatore dell’Eurasia Group, “gli equilibri internazionali si mantengono non solo con le armi, ma con la previsione. Se gli Usa diventano imprevedibili, nessuno sa più chi seguire o temere.” Persino l’Europa, da decenni aggrappata all’ombrello Nato rischia un cortocircuito: senza il supporto americano, ci si troverebbe costretti a negoziare sicurezza e energia direttamente con Mosca e Pechino. Il risultato? Una dipendenza strategica da potenze autoritarie, con tutte le conseguenze che ciò potrebbe comportare anche in termini di valori, diritti civili e libertà individuali. In una realtà come quella dell’Unione europea, in cui l’unità monetaria e i lenti e complicati tentativi di integrazione politica si accompagnano spesso ad una narrazione simbolica, che insiste sui valori democratici, avvicinarsi ad autocrati come Vladimir Putin o Xi Jinping equivarrebbe rendere manifesta la propria contraddizione. Sarebbe la fine definitiva di ogni progetto europeo?

Quello che stiamo vedendo a Los Angeles va oltre le immagini. Oltre la violenza di strada, i saccheggi e i disordini di chi manifesta, la paralisi delle città e la repressione della polizia. È l’occasione per vedere fino a che punto il governo della più grande democrazia al mondo – seppur in declino – sia disposta a forzare i propri meccanismi per ristabilire l’ordine, o meglio, ciò che definisce tale. Se lo spartito seguito da Trump in queste fasi sortirà un effetto ritenuto accettabile, nulla ci dice che queste modalità non potranno essere replicate. Ma se questo succederà, modificando il Dna della democrazia statunitense, è possibile che ci siano conseguenze: per gli Stati Uniti, innanzitutto, per i suoi alleati, per il sistema internazionale. In gioco non c’è solo l’ordine interno americano, ma l’ordine mondiale così come lo conosciamo. La domanda vera non è se ci sarà una guerra civile, ma quanto ci vorrà prima che il caos interno degli Usa ridisegni tutto il resto del mondo. Saremo pronti a tutto ciò?

More

Stati Uniti, la guerriglia di Los Angeles è anche Washington e Costituzione contro Trump? Dopo i raid anti-immigrati c’è un’altra partita: quella tra il federalismo sancito nella carta e il centralismo voluto da The Donald

di Matteo Suanno Matteo Suanno

escalation

Stati Uniti, la guerriglia di Los Angeles è anche Washington e Costituzione contro Trump? Dopo i raid anti-immigrati c’è un’altra partita: quella tra il federalismo sancito nella carta e il centralismo voluto da The Donald

Ma contro chi è la rivolta a Los Angeles? Nel dubbio, perché non bruciare i taxi elettrici a guida autonoma Waymo di Google?

di Niccolò Fantini Niccolò Fantini

On fire

Ma contro chi è la rivolta a Los Angeles? Nel dubbio, perché non bruciare i taxi elettrici a guida autonoma Waymo di Google?

NON È L’AMERICA. O SÌ? Strage a scuola a Graz in Austria. Ma da quando l’Europa ha il fucile del disagio statunitense puntato alla tempia?

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

La spiegazione c'è?

NON È L’AMERICA. O SÌ? Strage a scuola a Graz in Austria. Ma da quando l’Europa ha il fucile del disagio statunitense puntato alla tempia?

Tag

  • Donald Trump
  • Esteri
  • Geopolitica
  • Sicurezza
  • Stati Uniti

Top Stories

  • Abbiamo visto una partita di calcio in Corea del Nord, ma si può fare? Lo stadio più grande del mondo, la Premier League e la nazionale femminile: ecco come Pyongyang ama il pallone (a modo suo)

    di Federico Giuliani

    Abbiamo visto una partita di calcio in Corea del Nord, ma si può fare? Lo stadio più grande del mondo, la Premier League e la nazionale femminile: ecco come Pyongyang ama il pallone (a modo suo)
  • Delitto di Garlasco e Milo Infante, Aldo Grasso durissimo contro la cronaca nera in tv: “Mi verrebbe voglia di gridare”. E sul conduttore di Ore 14 che passa in prima serata...

    di Ilaria Ferretti

    Delitto di Garlasco e Milo Infante, Aldo Grasso durissimo contro la cronaca nera in tv: “Mi verrebbe voglia di gridare”. E sul conduttore di Ore 14 che passa in prima serata...
  • Ma che caz*o è successo tra Musk e Trump? Ve lo spieghiamo noi: la Cina si è “comprata” il patron di Tesla. I problemi con SpaceX, le auto elettriche e i viaggi nello Spazio: ecco perché Elon ha mollato Donald (e cosa c'è dietro)

    di Federico Giuliani

    Ma che caz*o è successo tra Musk e Trump? Ve lo spieghiamo noi: la Cina si è “comprata” il patron di Tesla. I problemi con SpaceX, le auto elettriche e i viaggi nello Spazio: ecco perché Elon ha mollato Donald (e cosa c'è dietro)
  • Altro che il risiko di Intesa, UniCredit e Mediobanca. Dalla Cina arrivano le “super banche” (e sono caz*i amari per tutti). Vi spieghiamo perché i colossi finanziari di Pechino ci faranno il cu*o

    di Federico Giuliani

    Altro che il risiko di Intesa, UniCredit e Mediobanca. Dalla Cina arrivano le “super banche” (e sono caz*i amari per tutti). Vi spieghiamo perché i colossi finanziari di Pechino ci faranno il cu*o
  • Omicidio Liliana Resinovich, CACCIA ALLA FIRMA DEL KILLER: perché è stato sequestrato un braccialetto al fratello Sergio, ma che tracce stanno cercando? È stato il marito Sebastiano a ucciderla e poi occultarne il corpo?

    di Giulia Ciriaci

    Omicidio Liliana Resinovich, CACCIA ALLA FIRMA DEL KILLER: perché è stato sequestrato un braccialetto al fratello Sergio, ma che tracce stanno cercando? È stato il marito Sebastiano a ucciderla e poi occultarne il corpo?
  • ANGELO DURO NON FAI RIDERE. L’ironia sulle tasse e l’evasione fiscale ha rotto il caz*o? Sì, e mentre si pensa di abolire il regime forfettario vi spieghiamo perché non ha proprio senso scherzarci su...

    di Benedetta Minoliti

    ANGELO DURO NON FAI RIDERE. L’ironia sulle tasse e l’evasione fiscale ha rotto il caz*o? Sì, e mentre si pensa di abolire il regime forfettario vi spieghiamo perché non ha proprio senso scherzarci su...

di Matteo Suanno Matteo Suanno

Foto:

Ansa

Se sei arrivato fin qui
seguici su

  • Facebook
  • Twitter
  • Instagram
  • Newsletter
  • Instagram
  • Se hai critiche suggerimenti lamentele da fare scrivi al direttore moreno.pisto@mowmag.com

Next

Delitto Garlasco, NUOVE ANALISI: perché chi indaga vuole rivedere tutti i reperti del 2007? Dalle tracce di dna confrontate con quello di Sempio, Stasi e dei genitori di Chiara Poggi. E sull’impronta 33…

di Riccardo Canaletti

Delitto Garlasco, NUOVE ANALISI: perché chi indaga vuole rivedere tutti i reperti del 2007? Dalle tracce di dna confrontate con quello di Sempio, Stasi e dei genitori di Chiara Poggi. E sull’impronta 33…
Next Next

Delitto Garlasco, NUOVE ANALISI: perché chi indaga vuole rivedere...

  • Attualità
  • Lifestyle
  • Formula 1
  • MotoGP
  • Sport
  • Culture
  • Tech
  • Fashion

©2025 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159 - Reg. Trib. di Milano n.89 in data 20/04/2021

  • Privacy