Avete presente la quiete da filiale bancaria o quella – interrotta solo da qualche tintinnio di bicchieri – da salotto finanziario? Ecco, scordatevela. Perché a Piazzetta Cuccia, dove ha sede Mediobanca, stanno volando gli stracci. L’assemblea del 16 giugno, convocata per decidere se dare fiducia al consiglio di amministrazione e procedere con l’offerta pubblica di scambio (ops) su Banca Generali, sembra essere diventata un ring pronto per lo scontro: quello sul quale ieri Francesco Gaetano Caltagirone ha assestato un gancio diretto allo stomaco dell’amministratore delegato Alberto Nagel: la sua VM 2006 (la holding che possiede il 7 per cento del capitale) ha chiesto ufficialmente di rinviare tutto. Motivo? “Offerta incompleta e fumosa”. Il casus belli che avrebbe suscitato la sollevazione di Caltagirone sarebbe l’assenza di un contratto vincolante tra Mediobanca, Generali e Banca Generali, considerato fondamentale per la tenuta dell’operazione. Senza quell’accordo – dice Caltagirone – è come lanciarsi da un aereo senza paracadute: nessuna garanzia, nessun obbligo, solo promesse al vento. Dall’altra parte, Mediobanca non ci sta e contrattacca: l’assemblea serve proprio a capire se i soci vogliono procedere o no, prima di chiudere i dettagli con Generali: “Chiarezza e trasparenza”, dicono da Piazzetta Cuccia. E poi, si chiedono, perché mai Generali dovrebbe firmare qualcosa senza sapere se i soci sono dalla parte dell’ops?

Nel frattempo, le scaramucce si consumano anche sul piano della comunicazione e sull’asse Caltagirone-Generali. L’ad del leone triestino, Philippe Donnet, ha risposto alle parole dell’imprenditore che lo ha definito “un buon assicuratore, ma senza visione” dalle pagine di Repubblica: “Non voglio entrare nel gioco degli attacchi personali o dei giudizi superficiali. Le Generali sono nelle mani giuste come dimostrano i fatti e i numeri. Dal 2016 abbiamo aumentato le dimensioni sul mercato in modo significativo. Abbiamo consolidato la leadership in Italia, in Europa, ci siamo rafforzati in Asia e negli Usa con Conning. Negli ultimi tre anni abbiamo realizzato diverse importanti acquisizioni per 4,5 miliardi, più di tutti i competitor europei. La nostra strategia ha dimostrato di essere efficace e produrre ottimi risultati. Generali è un leader internazionale che batte bandiera italiana”, ha detto. Donnet ha parlato anche della scalata di Mps a Mediobanca, che dice mossa da “una logica industriale non chiara”. “Inoltre – ha aggunto – alcuni azionisti, come Caltagirone, hanno insieme quote rilevanti in Mps, Mediobanca e Generali: è chiaro a tutti che è finalizzata ad acquisire il controllo delle Generali. Vedo molto negativamente questo scenario e sarebbe pericoloso per una sana gestione del gruppo”.

Ed è su questo punto che potrebbe entrare in scena la Consob: Paolo Savona starà a guardare o si deciderà a muovere il cu*o? Il clima è già da guerra legale, con accuse incrociate di conflitto d’interessi. Caltagirone tuona contro un cda che, secondo lui, è pieno zeppo di conflitti e pretende un rinvio per evitare conflitti. Mediobanca risponde secca: il vero conflitto è il suo, visto che sta con un piede a Piazzetta Cuccia e l’altro dentro Generali. È evidente che il risiko bancario e assicurativo italiano è ormai diventato la sceneggiatura di un thriller psicologico. Nel frattempo, il rastrellamento di azioni Mediobanca è finito, e ora si fa sul serio. Ieri il titolo ha perso il 3,04 per cento, mentre Mps ha fatto un microscopico +0,014 per cento, portando lo sconto sull’ops Monte-Mediobanca all’8 per cento. Chi la spunterà? Gli azionisti, i giudici, o qualche avvocato con la parcella già pronta? Intanto lo scontro continua. E rischia di finire più in tribunale che in assemblea.