Lo scontro sull’operazione UniCredit-Bpm ha ormai raggiunto un nuovo livello di tensione, trasformandosi in un braccio di ferro istituzionale che coinvolge il governo Meloni, la Consob e una delle principali banche del Paese. Un caso che, da questione di finanza e strategie bancarie, si è trasformato in una vicenda politica e giuridica, con risvolti a livello europeo.
Tutto nasce dalla decisione della Consob di prorogare l’offerta pubblica di UniCredit su Bpm, accogliendo le istanze della banca guidata da Andrea Orcel. Una mossa che ha irritato il governo, il quale ha interpretato il rinvio come un’apertura a UniCredit dopo che l’esecutivo aveva già fatto scattare il “golden power” per frenare l’operazione. Il partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, ha reagito duramente, accusando la Consob – e in particolare il suo presidente Paolo Savona – di aver agito con imprudenza.
Savona, presente al Festival dell’Economia di Trento, ha difeso la scelta sottolineando che il ruolo dell’Authority è quello di garantire chiarezza e tutela del mercato: “Con l’incertezza c’è bisogno di più tempo”, ha affermato. Ha inoltre ribadito che la decisione è stata il frutto di un processo collegiale e tecnico, e non di una sua iniziativa personale. Alle critiche politiche ha replicato seccamente: “Se non sono più gradito, me ne vado. Alla mia età la saggezza incombe”.

Il vero punto di rottura resta però l’applicazione del “golden power” da parte del governo, ovvero lo strumento con cui Palazzo Chigi ha posto vincoli all’operazione di acquisizione. UniCredit, di fronte a un muro istituzionale, ha deciso di muoversi su due fronti: presenterà ricorso al Tar del Lazio e si appellerà anche alla Commissione europea. Obiettivo dichiarato: ottenere chiarezza sulla legittimità e sull’interpretazione del golden power alla luce del diritto italiano ed europeo.
Nel frattempo, la banca ha confermato che l’offerta, pur meno favorevole a causa di modifiche nelle condizioni di mercato e della recente operazione Bpm-Anima, resta conforme ai parametri finanziari di UniCredit. In particolare, la banca milanese ha criticato la valutazione di Anima, sostenendo che l’acquisto da parte di Bpm sia avvenuto a condizioni peggiorative che hanno eroso capitale e ridotto il rendimento atteso, dal 50% iniziale all’11%.
Nonostante ciò, UniCredit ha formalmente rinunciato alle clausole che le avrebbero consentito di ritirare l’offerta in seguito a questi cambiamenti, segnalando così un forte impegno a portare avanti l’operazione. Resta però aperta la questione del golden power, che potrebbe ancora incidere sull’esito finale. La banca ha dichiarato che non potrà prendere una decisione definitiva fino al completamento delle verifiche in corso, che comprendono anche l’esame dell’Antitrust.
Grazie alla proroga concessa da Consob, l’operazione potrà essere portata avanti fino a fine luglio. Un’estensione che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe consentire ai soggetti coinvolti di sciogliere i nodi giuridici e politici che ancora pesano sull’offerta.
