Francesco Milleri apre alla mossa a sorpresa di Alberto Nagel. Le parole pronunciate dal presidente di Delfin – la holding finanziaria della famiglia Del Vecchio – e amministratore delegato (ad) di EssilorLuxottica sembrano aver disteso il clima attorno al risiko bancario, la cui posta in gioco nelle ultime settimane si era progressivamente alzata con l’entrata in scena di nuovi attori. Dapprima l’appoggio di Andrea Orcel e della sua Unicredit alla lista guidata da Francesco Gaetano Caltagirone e la stessa Delfin nell’ambito del voto sul rinnovo del board di Generali, in cui poi ha prevalso la lista di Mediobanca rinnovando il mandato dell’ad Philippe Donnet. Poi, la mossa inattesa di Nagel, che ha annunciato un’offerta pubblica di scambio su Banca Generali, con cui la banca milanese acquisirebbe quella triestina pagando con il 13 per cento della sua partecipazione finanziaria nella stessa Generali. Un’operazione che ha fatto schizzare gli indici in borsa di Piazzetta Cuccia in attesa del voto dell’assemblea dei soci – per effetto della passivity rule – previsto per il 16 giugno: “Alberto Nagel sta cambiando forma della banca”, ha detto Milleri, che pare aver colto e accettato la dimensione strategico-industriale della scalata a Banca Generali: “Forse Nagel è stato un po’ spinto a farlo – aggiunge – ma questo è il compito degli azionisti finanziari che vogliono migliorare le performance: sta cercando di cambiare il ruolo della banca e questo è apprezzato”. Delfin ha interessi importanti sia in Generali – dove detiene il 9,8 per cento – che in Mediobanca – 19,7 per cento. E detiene anche il 9,9 per cento di Monte dei Paschi di Siena, per quale l’ops di Mediobanca essere addirittura gradita. Qualche settimana fa, infatti, l’assemblea di Mps aveva acconsentito all’avvio di un ops su Piazzetta Cuccia. Oggi il banco senese “avrebbe la possibilità di acquisire un’azienda più omogenea e strutturata che va dalla banca retail al credito al consumo con un leader nel risparmio gestito. Dal suo punto di vista è solo che positiva”, continua Milleri.

Ma l’asse Nagel-Milleri-Caltagirone sembra correre su un ramoscello d’ulivo, un altro tassello del risiko trema in questi giorni. Ed è quello che porta da Unicredit a Banco Bpm, dopo l’ops lanciata da piazza Gae Aulenti che pare, oggi, inattuabile dopo l’intervento del governo con il Golden Power. E ora è la stessa Bpm a chiedere a Orcel di parlare chiaro e definire la percorribilità o meno dell’operazione. L’ops si chiuderà il 23 giugno, ma Orcel ha preso tempo fino a fine maggio per capire come muoversi. Una condizione inaccettabile per Bpm e per il suo presidente Massimo Tononi che, parlando alla Repubblica, ha detto che “tre delle condizioni di efficacia dell’offerta non si sono realizzate né si realizzeranno: c’è stato un aumento di prezzo per l’acquisizione di Anima, non è stato concesso lo sconto sul capitale del danish compromise e il governo ha applicato il Golden Power”. Ma per Bpm il problema è addirittura alla base, dal momento che definiscono l’offerta di Gae Aulenti “non adeguata dal punto di vista finanziario”. Fra i paletti fissati dal governo che Unicredit ha definito dubbi dal punto di vista della “legittimità”, ci sono anche quelli sui tutoli italiani di Anima, a sua volta oggetto di un’opa da parte di Bpm. Sulle incertezze legate a Unicredit, l’ad del banco, Giuseppe Castagna, ha puntato l’accento anche sui rischi legati alla presenza del gruppo di piazza Gae Aulenti in Russia: “Non voglio farne un discorso etico ma la presenza in Russia, espone a un rischio significativo. Unicredit è una delle due banche che ancora non sono uscite dalla Russia. È un tema di volatilità, di incertezza di dati, e rischi di cyber security”, ha detto alla Verità. Inoltre, sarà importante nel determinare l’esito della partita tra Unicredit e Banco Bpm sarà la decisione di Crédit Agricole, che detiene il 19,8 per cento di Piazza Meda. Le due partite più importanti del risiko non sono certo slegate tra loro, né tantomeno prime di connessioni con la politica. Se Unicredit dovesse ritirarsi dall’offerta su Banco Bpm, potrebbe tornare d’attualità il terzo polo tra bancario tanto caro al governo di Giorgia Meloni, quello tra Bpm, Mps e, lasciandola correre da sola, Mediobanca. Con buona pace di Andrea Orcel e Unicredit.
