Si è appena aperta la settantanovesima edizione del Festival del cinema di Venezia e, come qualsivoglia grande evento comanda c’è già la prima polemica. A sollevarla il giornalista Pier Paolo Mocci, che chiama direttamente in causa la madrina Rocío Muñoz Morales, dichiarandosi contrario con la scelta ricaduta su di lei per tale ruolo: “É un messaggio sbagliato che si manda all'esterno, e una mancanza di attenzione verso decine e decine di attrici di gran lunga più talentuose o di comprovata bravura”. Un curriculum discreto il suo, seppur non particolarmente lungo, forse compensato dal suo sex appeal latino, che l’ha portata fino alla Mostra Cinematografica della Biennale di Venezia. Un appuntamento dal prestigio e respiro internazionale, in cui cinema e cultura si fondono insieme dando vita a un appuntamento imperdibile, dove aprirà e chiuderà le danze: “Farle celebrare un evento così importante confonde il pubblico, ma soprattutto non premia né il talento né la bravura".
Nel frattempo Rocío Muñoz Morales, spesso etichettata solo come la compagna di Raoul Bova (il classico scotto da pagare quando si ha un fidanzato famoso), in quel di Venezia ha già incantato tutti, sbarcando al Lido con un completo da vero marinaretto: “È un onore per me essere qui. È bello, più bello di quanto immaginassi. Questo è un luogo magico. Per me è una grande emozione, una gioia infinita”. Ha dichiarato l’attrice, raccogliendo in grande stile il testimone di Serena Rossi, madrina della scorsa edizione. Eppure, per Mocci, non dovrebbe trovarsi lì: “Da spettatore ‘generalista’ direi che se un'attrice senza gradi fa la Madrina della Biennale, io potrei fare il ministro degli Esteri o dello Sviluppo Economico”. Il ruolo per cui è stata selezionata è uno dei più prestigiosi della kermesse cinematografica, tanta responsabilità condita con la classica pressione mediatica del caso. Saprà essere all’altezza della situazione a discapito delle critiche?