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Romanzo Radicale, che strazio! Su Rai 3 la vita di Marco Pannella diventa Un posto al sole

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

12 novembre 2022

Romanzo Radicale, che strazio! Su Rai 3 la vita di Marco Pannella diventa Un posto al sole
Forte imbarazzo per il docu-film Romanzo Radicale mandato in onda da Rai 3 come fosse legale: Marco Pannella ridicolizzato a macchietta con inserti fiction che manco Boris e pochissimo materiale di repertorio. Oltre al vilipendio del sacro Giacinto (fatto che grida vendetta), quando la Rai si deciderà a sfruttare i propri archivi per farci vedere qualcosa che vada oltre Techetechetè?

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Non ci si crede. A prescindere dal fatto che trascorrere un venerdì sera su Rai 3 sia già scelta discutibile di per sé, farlo ci ha dato occasione di assistere a un vero e proprio scempio. Venerdì 11 novembre 2022, il terzo canale del Servizio Pubblico ha infatti trasmesso Romanzo Radicale, il docu-film sulla vita di Marco Pannella diretto da Mimmo Calopresti. Difficilissimo renderne conto senza imprecare. Si tratta di un progetto, disponibile su RaiPlay quando volete ma ve lo sconsigliamo, totalmente irrispettoso e realizzato con l'intenzione di ferire se non altro il buongusto. L'eroica esistenza del Giacinto nazionale viene raccontata tramite testimonianze di chi gli è stato vicino (Emma Bonino e Vasco Rossi, in primis) ma soprattutto da inserti fiction à la Un Posto al Sole in cui possiamo ammirare un tizio (Andrea Bosca) in pannelliano cosplay che si trova a recitare scene imbarazzanti: su tutte (ma approfondiremo) le grandi tavolate in cui zie e parenti preoccupate gli ripetono: "Dai Marco, magna un po' che te vedo secco secco". Manco fosse Boris 4, da Vita di Gesù a Vita di Marco è un attimo. Un attimo che grida vendetta. E per questo siamo qui. 

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Con una maestria in trucco e parrucco che forse nemmeno Ruggero De Ceglie dei Soliti Idioti (ma lì, almeno, era per ridere), Pannella ci viene presentato come un uomo innamorato dei propri ideali, ferventissimo. E così era. Peccato che la narrazione scelga, chissà per quale motivo, di non avvalersi di filmati di repertorio in cui avremmo potuto vedere Giacinto in azione, no: la sapiente sceneggiatura brutalizza con la cazzuola gli interventi degli ospiti e il pochissimo materiale di repertorio scelto (a casaccio) con pantomime in cui è tutto recitato. Per giunta, male. 

Esempio pratico: uno degli intervistati dice che, inizialmente, i Radicali erano un gruppetto di dieci persone e, non essendo nemmeno lontanamente un partito, non riuscivano a trovare spazio in tv o sui giornali. Bene, allora a Pannella viene l'idea di tappezzare Roma di manifesti anticlericali, a favore del divorzio e così via. Ottimo. Invece no. Perché è qui che la mente dello sceneggiatore vacilla, dubita. Il pubblico comprenderà questo "high concept"? La risposta è no. E quindi via di scenetta in cui un giovane Bosca-Pannella insieme ad alcuni amici attacca cartelli in giro per la capitale, mentre un buonuomo gli si avvicina per scroccargli una sigaretta e dirgli: "Eh, ma io da mia moje un me voglio divorzià". Segue spiegone inspirational del finto Giacinto sempre più Osho di scena ridicola in scena ridicola. Perché? Stacco ed eccoci davanti a un Pannella mattiniero che si ingozza di brioche al bar. Insomma, pure lui teneva fame alle volte. 

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Si raggiunge, anzi, si travalica l'assurdo quando vengono riproposte sue accese ospitate televisive (chissà come, l'episodio in cui diede dell'erba ad Alda D'Eusanio in diretta tv su Rai 1 non è stato inserito). Una finta conduttrice di fronte a un finto pubblico bersaglia il finto Pannella di domande inquisitorie e lui lascia lo studio dicendo qualche cosa sull'amore universale. Come fosse un life coach qualunque, le citazioni "migliori" vengono anche riportate in sovraimpressione, con faccetta di Giacinto sorridente tipo timbro garanzia-qualità banana Chiquita. Ed è qui che l'imbarazzo si fa Mike Tyson. Intendiamo: non si può non sottolineare la scelleratezza di chi ha optato per tale barbara scelta narrativa. Come mai? Per esempio perché chiunque abbia ideato questa mostruosità aveva l'originale di quello (come di tantissimi altri) momenti televisivi pannelliani davanti al muso. Ma deve aver deciso che non sarebbero serviti in ottica docu-film. Ok. 

La Rai possiede un repertorio sterminato, a portata di mano e totalmente gratuito, a proprio uso e consumo. Il Servizio Pubblico ha ovviamente seguito, giorno dopo giorno, la battaglia per il referendum sul divorzio, come quella per il diritto all'aborto ma guai a toccare l'archivio per raccontare questi fatti. No, meglio mimarli, renderli soap. Perché? Perché dagli archivi si attinge solo per le meravigliose performance canore di Mina a Fantastico '73: della storia d'Italia, delle persone che quella storia l'hanno pur fatta, chissenefrega? Techetechetè. 

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Poi la generalista si lamenta perché il pubblico sceglie di migrare verso le piattaforme streaming. E chiamalo scemo. Viviamo in un mondo in cui la Rai non si è dimostrata in grado, pur avendone a disposizione, gratuitamente, tutti i mezzi possibili, di raccontare uno dei più grandi e controversi personaggi della storia italiana. Figuriamoci cosa potrà mai fare quando c'è da inventarsi una narrazione da zero. Siamo arrabbiati, molto. In compenso, sulla neonata Paramount + è disponibile la serie su Miguel Bosè (noiosetta, a dire il vero) in cui tra la prima e la seconda puntata possiamo vedere il giovane Giacinto intrattenere una focosa storia di letto col protagonista. Ovviamente, la sessualità di Pannella non è nemmeno lontanamente presa in esame da Mamma Rai. 

Mamma Rai che pur alle volte, perfino in questo straziante Romanzo Radicale, ci prende. Uno degli intervistati, per esempio, quando finalmente lo fanno parlare, racconta come da bambino la madre gli avesse imposto di togliere il saluto al vicino di casa, ingegnere, perché era "un separato". Il divorzio a quei tempi era ben lungi dall'essere legale in Italia, ma la gente, ovvio, si mollava comunque. E, quando capitava, questo era il percepito del quartiere. Proprio in tale percepito, Marco Pannella ha intravisto un margine d'azione. Riuscendo, negli anni, a realizzare l'impossibile. 

E questo è il rispetto che gli si porta oggi? A prescindere dalle controversie sui digiuni, su Cicciolina in Parlamento, sulle uscite provocatorie e choc di cui si è sempre reso protagonista, Pannella e la Bonino sono le persone a cui dobbiamo due diritti civili fondamentali per un Paese che voglia quantomeno considerarsi libero: divorzio e aborto. Altro che il tetto del contante a 5 mila euro, per cortesia. Oltre alle campagne di sensibilizzazione sulle condizioni di vita nelle carceri italiane, al dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere e via discorrendo. Gli dobbiamo tantissimo. Chiudiamo, ci scuserete, con un aneddoto personale: quando Marco Pannella compariva in tv, i miei genitori cambiavano tempestivamente canale. La Rai, anno del Signore 2022, perfino post mortem, fa lo stesso. Se questo è Servizio Pubblico. 

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