Jeremy Clarkson esce di testa quando gli parlano dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. C’è poco da fare. Lo ha ripetuto nella sua rubrica sul Times. Perché l’ex conduttore di Top Gear, ormai re indiscusso della campagna inglese con Clarkson’s Farm, non solo pensa che sia stato un gigantesco errore, ma quando incontra qualcuno che ancora la difende, perde completamente la testa: “Mi arrabbio così tanto che i miei capelli prendono fuoco e i miei denti iniziano a prudere”. Un’esagerazione? Forse. Ma il messaggio è chiaro: per Clarkson, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea non ha portato alcun beneficio. Anzi, se possibile, ha reso la vita più difficile. Il giornalista e conduttore non ha mai avuto problemi a confrontarsi con persone dalle opinioni diverse dalle sue. Anzi, sostiene che “trovo piuttosto facile andare d'accordo con persone che hanno opinioni sulla vita diverse dalle mie”. Ha un socio nel suo business della birra e dei pub, un laburista convinto che ha addirittura votato per Keir Starmer. Eppure, con lui si prende a colpi di sfottò, esattamente come fanno quando parlano delle loro squadre del cuore. Anche nel suo team di produzione c’è chi crede che Jeremy Corbyn fosse troppo di destra (sì, hai letto bene), ma a Clarkson non importa. “È un bravo ragazzo, ed è divertente averlo intorno”. C’è però un’eccezione a questa sua apertura mentale: i brexiteer irriducibili. Non quelli che ammettono di aver fatto un errore, quelli sono perdonabili. Ma chi ancora pensa che sia stata una grande idea, per lui è un caso perso. E qui arriva il colpo di grazia: “Di sicuro preferirei i banchieri di Bruxelles a Starmer e Reeves. Preferirei qualsiasi cosa. La quarta classe della mia scuola locale. I miei cani. Trump, persino”. E se Clarkson arriva a dire che persino Trump sarebbe meglio, allora capiamo che siamo davvero oltre il livello di guardia.
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Il problema, come sempre, è la burocrazia. E Clarkson la conosce bene, visto che la sua vita da conduttore lo porta a viaggiare continuamente per l’Europa con troupe e attrezzature al seguito. Prima della Brexit era semplice: caricavi tutto su un furgone e partivi. Adesso? Serve un carnet, ovvero un modulo dettagliato con l’elenco di ogni singolo pezzo di attrezzatura, il suo valore e il numero di serie: “Ogni obiettivo. Ogni cavo. Ogni riflettore. Ogni 4×4. Tutto”. E dopo giorni di compilazione, si deve pagare una cifra folle a un’azienda per metterlo nero su bianco. E non è finita qui. Il viaggio nei Paesi Bassi per Clarkson’s Farm si è trasformato in un incubo: ore e ore perse nei parcheggi per camion a Ashford e Calais, con controlli infiniti e nessuna spiegazione. “Niente, per quanto ne so. Nessun camion veniva aperto e controllato. Nessun cane annusava gli pneumatici. Stavamo semplicemente aspettando che qualcuno in una cabina timbrasse il nostro modulo. E Dio, abbiamo aspettato. Per due maledette ore”. E se pensate che il viaggio di ritorno sia andato meglio, vi sbagliate. Dopo tutto quel caos, Clarkson ha avuto un’idea geniale: attraversare la Manica con un canotto, come fanno i migranti. “Almeno avremmo ricevuto un biscotto all'arrivo, e forse anche una casa gratis”. Ovviamente, il suo produttore comunista non l’ha presa benissimo. E quindi, dopo tutto questo, cosa rimane della Brexit? Nulla di positivo, secondo Clarkson. E se Alan Sugar ha detto che è stato il più grande errore della sua vita, il nostro Jeremy è pronto ad accompagnarlo a Bruxelles per chiedere perdono: “Se fosse stato primo ministro, si sarebbe trascinato lì sulle mani e sulle ginocchia, implorando di essere lasciato rientrare. Io andrei con lui. Anche se dopo due ore in un parcheggio per camion nel Kent, temo che le nostre ginocchia potrebbero essere piuttosto doloranti”. La Brexit doveva restituire al Regno Unito il controllo. Ma a quanto pare, ha solo regalato a Clarkson un prurito ai denti. E tanta, tanta voglia di tornare indietro.
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