Un po’ alla Silvio Berlusconi, proporrò Sydney Sweeney come capo delle SS. Per colpa della sua bellezza e della sua bianchezza, in America l’American Eagle, un marchio storico di jeans, è sotto accusa. Il problema? Nella pubblicità per la nuova linea di indumenti Sweeney, che viene ripresa in pose volutamente sensuali, in modo da ricalcare il tipico immaginario Anni Sessanta/Settanta americano della donna in canottiera e jeans, della cowgirl che lava la macchina in giardino in un quartiere bene, sotto i volti scandalizzati delle casalinghe disperate, l’ufficio pubblicitario si è permesso di osare con uno slogan decisamente poco politicamente corretto: “Ha dei fantastici jeans”. Ma in inglese jeans e geni hanno la stessa pronuncia e il doppio senso è chiaro: Sweeney ha dei pantaloni fantastici, ma anche dei geni fantastici. Ma l’attrice è bionda, occhi azzurri e bianca. E allora lo slogan si trasforma in un messaggio suprematista, tanto che c’è chi la accusa di propaganda nazista. Non solo parliamo di una pubblicità poco inclusiva, è pure razzista. Una bianca non può avere buoni geni o, almeno, non possiamo dirlo.

La promozione dell’immagine della donna sexy è roba da copertina di Playboy e ci sono molti motivi per criticarla, ma il colore della pella non il colore della pelle. Immaginate se al posto di Sydney Sweeney avessero messo Naomi Campbell. Qualcuno avrebbe parlato di suprematismo nero? No, perché l’accusa sarebbe sembrata assurda. Non solo: dire di una donna che ha bei geni non rimanda necessaria alla presunta razza ariana, ma solo al fatto che è considerata universalmente, di fatto, bella. Sweeney è stata anche tra le protagoniste di Euphoria, una delle serie meno bacchettone d’America. Punta molto sulla sua sensualità? È evidente. Questo è un problema? Evidentemente no, visto il successo. Ma questo potrebbe metterla dal lato dei cattivi se chi sceglie di ingaggiarla per le sue qualità fisiche tenta di fare qualche battute. Per esempio dicendo che ha “dei fantastici geni”.

Di geni non si può parlare quando si arriva a questo grado di follia. Non è più neanche una questione di woke, politicamente corretto o altro. È complottismo. Secondo Hannah Holland, che ne scrive su Msnbc, “la pubblicità, la scelta di Sweeney come unico volto e la reazione di internet riflettono un cambiamento culturale sfrenato verso la bianchezza, il conservatorismo e lo sfruttamento capitalista. Sweeney è sia un sintomo che una complice”. Insomma, Sweeney è il meme pericoloso e violento, troppo bianco per essere considerato bello nonostante sia bello, troppo bello per non essere considerato pericoloso e violento nonostante non sia né l’uno né l’altro. È un processo a cascata, che investe le aziende patriottiche, certi capi di abbigliamento (come i jeans) e le belle ragazze bianche che li indossano. Una dimostrazione plastica di come il femminismo intersezionale, che condanna la privilegiata bianca e sexy che si presta all’immaginario sessuale del maschio, e il femminismo siano due cose diverse. E di come solo il secondo si salvi.
