Gli influencer sui social sono alla continua ricerca della naturalezza. Anche le operazioni commerciali devono apparire quanto più spontanee possibile. La legge, però, impone di indicare quelli che sono i contenuti pubblicitari: occorre indicare con delle diciture come #adv, #suppliedby o #gifted il tipo di contenuto e il genere di collaborazione tra content creator e il brand. È proprio su questo tema che Selvaggia Lucarelli sta impostando l’ultima frontiera del debunking: in una serie di storie su Instagram, infatti, Lucarelli ha sottolineato come quegli hashtag siano spesso nascosti o poco visibili. Tra gli obbiettivi polemici anche Alfonso Signorini: sempre su Instagram, Signorini ha promosso Fluid, la sua linea di Skin Care, ma l’avrebbe fatto senza aggiungere la dicitura adv. Almeno nella prima delle storie pubblicate. Nella seconda, invece, adv appare, in piccolo, sotto il nome del brand in collaborazione Layla Cosmetics. “Ma cosa sto vedendo?”, scrive Lucarelli, “manco ad o adv”. Signorini da tempo ha deciso di muoversi verso il mondo della pubblicità social: a Novembre del 2023, infatti, aveva deciso di cancellarsi dall’ordine dei giornalisti, mantenendo comunque il posto come conduttore del Grande Fratello e di direttore editoriale di Chi. Ma Selvaggia Lucarelli se la prende con tutti, non solo con Signorini. Ci sono le influencer che mettono #ad o #adv senza hashtag, quelle che lo scrivono in piccolo, nascondendolo tra le altre scritte oppure in angoli invisibili dello schermo. Ironizzando, Lucarelli lancia la sfida “Trova l’#adv in stile settimana enigmistica”, una sorta di caccia al tesoro che mira a rintracciare gli avvisi, spesso davvero difficili da notare. Alcune, invece, scrivono “a d”, staccando le due lettere, così come “su pplied”, per le collaborazioni di tipo diverso. Ma i modi per mascherare queste diciture sono veramente infiniti: basta metterli tono su tono, in una sola delle story della gallery, lasciandoli in punti remoti dei video o, addirittura, dietro la foto profilo cosa che “fanno in molti/e”. Tutto per apparire “spontanei”.
“Cosa perdono gli influencer a nascondere quegli hashtag?”, chiedono a molti a Lucarelli: “Ci sono alcuni motivi. Il primo è che esiste la vecchia convinzione che i contenuti con hashtag adv o ad vengano penalizzati dagli algoritmi. Spoiler: non è vero”. Le ragioni Seo, quindi, non avrebbero nessun peso. Poi, dicevamo, c’è la questione dell’apparenza: “Molti influencer pensano che a livello di immagine per loro sia meglio far credere che tutto quello che dicono/ suggeriscono ai follower sia frutto di un moto genuino e non di un bonifico. Non solo. Pensano anche che i follower commenteranno e acquisteranno di più se crederanno che quello sia un suggerimento basato sull'esperienza e non un contenuto pagato”. Quest’ultimo punto è fondamentale, dato che dalla quantità di engagement dipendono i contratti con i brand. Poi Selvaggia Lucarelli si spinge più in là: “Mi state segnalando profili di gente con biliardi di follower che non avevo mai visto in vita mia e vi odio perché sto realizzando la quantità di robe inutili che segue la gente. Profili che sono solo markette continue pieni di nulla, solo sfoggio continuo di cose regalate, di case tutte uguali, di outfit da mostrare, di figli sbattuti ovunque, di link per farvi comprare caz*ate, di niente”. Una cosa nota, niente più che la “scoperta dell’acqua calda”: “Quanto tempo perdete durante il giorno nel vedere questo nulla?”. Tra pubblicità semi-occulta, adv e ad, collaborazioni gratuite, il mondo dei social si sta rivelando per quello che è. Forse lo sapevamo da tempo, ma ora il “debunking” è in trend. I danni di questa “pratica” li abbiamo visti. Gli influencer, però, non sono “i deboli”: sono quelli che guadagnano con lo scorrere delle nostre dita sullo schermo.