Matteo Di Pietro non farà neanche un giorno di carcere. Lo youtuber che ha ucciso un bambino di cinque anni in un incidente stradale a Casal Palocco (Roma) durante una challenge che consisteva nel guidare per svariate ore una Lamborghini ha patteggiato per ottenere quattro anni e quattro mesi di condanna, ma non andrà mai in galera, dice il suo avvocato. Sale l’indignazione, sale la polemica e al solito non riusciamo a fare considerazioni logiche e razionali. Noi vorremmo che il ventenne che ha ucciso il bambino si facesse almeno qualche anno di carcere. Vorremmo una punizione. Cosa c’entra con Ilaria Salis? È semplicissimo. Non si tratta di paragonare i due casi, quello di Ilaria e il nostro, ma di confrontare le reazioni. Guardando le immagini del processo in Ungheria, dove la donna viene portata alla sbarra in catene, la nostra reazione è stata di critica e denuncia di un sistema che reputiamo inumano. Pretendiamo in modo legittimo che Ilaria Salis abbia un trattamento degno del modo in cui la giustizia viene intesa in Occidente e quindi in Italia. Peccato che quando quella stessa giustizia democratica, liberale, dignitosa e occidentale viene applicata nel nostro Paese in modo giusto e corretto come nel caso di Matteo Di Pietro a noi non sta più bene.
Esistono molti gruppi che si occupano di denunciare le condizioni nelle carceri italiane e chiedono a gran voce che la giustizia possa avere uno stato di salute adeguato a una società democratica. Il giudice nel caso di Matteo era partito dal massimo della pena, dieci anni, per poi scendere grazie a delle attenuanti, tra cui il suo comportamento al momento dell’incidente – quando prestò immediatamente soccorso – e durante il processo – non avendo mai negato o rifiutato le accuse. In questo modo si è presentata la possibilità, considerato anche il “pre-sofferto” dei sei mesi ai domiciliari, di richiedere una pena alternativa alla detenzione in carcere, per esempio ancora domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali. La giustizia funziona così in Italia ed è esattamente ciò che manca in Ungheria. Per questo dovremmo combattere contro un sistema malato senza criticare il nostro quando non ce n’è bisogno.
Con tutte le contraddizioni e le storture, ancora una volta ci salvano gli illuministi, Cesare Beccaria e qualche altro autore che uno potrebbe andare a leggersi. Ma, se proprio volete ragionare di istinto, pensate al cuore. Ne abbiamo già parlato in un altro articolo. Avevamo citato Pascal e vale la pena di ricordarlo: “Non si deve misurare la virtù di un uomo dalla sua eccezionalità ma nel quotidiano” (Pensieri, n. 616). Matteo ha passato ogni giorno di questi ultimi mesi nella zona più oscura della sua anima, il senso di colpa. E noi vorremmo giudicare in base alla nostra rabbia cosa sia più o meno giusto fare con un ragazzo che, no, non è un serial killer. Bene, potremmo iniziare evitando di desiderare il trattamento ungherese che fino al giorno prima abbiamo criticato.