Mario Manca, collaboratore di Vanity Fair, per il quale scrive di film, serie e programmi tv, lamenta di essere stato preso di mira da Selvaggia Lucarelli per aver usato la parola “immedesimabilità”. Che invece può essere usata. Ci sono alcune cose che vorrei rilevare, sul livello prettamente linguistico, molto più interessante del litigio (o quello che è) tra Lucarelli e Manca. Innanzitutto il linguaggio è variabile e ognuno dovrebbe poterne fare quello che vuole, anzi ci sono neologismi, o riprese di lemmi oramai abbandonati, che spiegano meglio il concetto che si vuole esprimere di quanto facciano le parole di uso comune. La “lingua” proviene o da Dio (“in principio era il Verbo” frase che teologicamente mi lascia sempre un po’ perplesso) o dagli “usi”, se non fosse di per sé mutabile e opinabile non si spiegherebbe perché il concetto, che ne so, di “maestro” si dica “master” o “teacher” in inglese e “maschtru” in siciliano (maschstru in realtà si scrive mastru ma si pronuncia maschstru, ma in questa frase sto usando il dialetto – sbagliato, ma reale e funzionante – di Andrea Camilleri a proposito di “gallina”, che in siciliano si scrive “jaddina” ma che Camilleri scrive come si pronuncia, ossia “jaddrina”).
Veniamo alla parola in questione. “Immedesimabilità” non mi sembra uno sbaglio nello scrivere la parola “immedesimazione”: rappresenta semplicemente un significato diverso. L’immedesimabilità non è altro che la possibilità di immedesimarsi, in luogo del potere (e non la potenza) di immedesimarsi. (Della differenza tra Potere, Potenza e Possibilità, oggi, se ne sono perse le tracce: viviamo in un’epoca di cieca e rabbiosa volontà di Potenza che ci impedisce di vedere l’orrore del Potere e l’infinita dolcezza delle Possibilità). Mario Manca, riconosce – sbagliando – il suo errore, e così facendo incorre in una inesattezza (capita, quando si dà retta agli altri e non dal linguaggio che sgorga puro, e a volte inconsapevolmente corretto, dal pennino). Manca scrive: “Nel post pubblicato su Vanity oggi, ho scritto “immedesimabilità” anziché “capacità di immedesimazione”. Appena mi sono accorto dell’errore l’ho segnalato, ma Lucarelli lo aveva già screenshottato, e amen”. Ho dubbi sulla “capacità di immedesimazione”, dovrebbe scriversi “capacità di immedesimarsi” perché mentre l’”immedesimabilità” (parola giusta), ossia la capacità (o “possibilità”) di immedesimarsi è qualcosa che può avvenire o meno, l’”immedesimazione”, essendo l’atto della potenza dell’immedesimabilità, o “è” o “non è”: è l’immedesimarsi che ha la qualità di manifestarsi, di non manifestarsi o, al contempo (nel pubblico) manifestarsi in un caso e in un altro no.
Ecco la risposta della Treccani: “O turbature? Scherzi a parte, la sostanziale,plurisecolare intercambiabilità dei tre suffissi nel formare nomi di azione a partire da una base verbale è ereditata prevalentemente dal latino, per via diretta o dotta, ed è arduo rintracciare una regola generale nella distribuzione e selezione dei suffissi. Talvolta si è dimostrato vitale uno solo dei tre (svolgimento), altre volte hanno agito due su tre (accorciamento, accorciatura), con specializzazioni semantiche interne (accorciamento ha anche un significato in linguistica, accorciatura no), le quali sono nella norma quando compaiono, di solito a distanza di tempo l'uno dall'altro, nomi formati con i tre suffissi (abbreviamento, abbreviatura, abbreviazione). Rassegniamoci. Anzi, rallegriamoci, perché siamo in presenza di una dimostrazione del fatto che l'italiano, in quanto lingua storico-naturale, è vitale e non mummificata; creativa e non meccanica; logica ma non logicistica”. Alla esaustiva risposta della Treccani io aggiungerei anche “abbreviabilità”, “accorciabilità” etc. Altra interessante questione è la seguente: esistono parole che se pronunciate da alcune persone sono corrette mentre se pronunciate da altre sono sbagliate? Faccio un esempio: le parole che compongono la messa possono essere pronunciate soltanto dai sacerdoti. Ma qui non siamo all’interno di una discussione dell’interessante diritto canonico. Stiamo trattando di un uso della parola laica. Bene. Sia Guia Soncini che Annalena Benini hanno usato in passato la parola “immedesimabilità” (che dunque si conferma parola di uso comune). La Benini nel 2022, in un articolo dal titolo “L’effetto cringe di Persuasione, film Netflix tra Jane Austen e presente” nella frase: “...per poi ubriacarsi in camera da sola, sempre troppo consapevole della sua immedesimabilità”. La Soncini, ad esempio, nel pezzo titolato “Trarre un romanzo da una lagna di moda è un’idea di successo, specie se credi a quella lagna” in cui scrive: “De Lellis era stata tradita dal fidanzato, Boniardi ha la sindrome dell’impostore: entrambi gli slogan su cui erano costruiti i volumi sono assai immedesimabili, quindi dobbiamo pensare che in due anni il mercato dell’immedesimabilità si sia dimezzato?”. Questo articolo, puramente divulgativo, vuole soltanto rendere edotti i contendenti Manca e Lucarelli su due questioni credo interessanti al fine di escavare le profondità della parola, intesa in senso lato. Rendiamo edotto Manca della correttezza del lemma “immedesimabilità”. E rendiamo edotta la Lucarelli che, ove Ella ritenesse di portare avanti questa battaglia sulla parola “immedesimabilità”, dovrebbe prendersela con Guia Soncini (biografia in sintesi: giornalista e scrittrice che non le manda a dire) e con Annalena Benini (biografia in sintesi: direttrice del Salone del Libro di Torino).