La polemica che ha investito Flavio Briatore, colpevole di aver detto che con 4 mila euro al mese, una famiglia di quattro persone fa fatica a campare, dimostra inequivocabilmente una cosa: che Briatore vive nel mondo reale, mentre la maggior parte delle beghine che passano la vita sui social no. I superflui di Dante Arleffi è uno dei romanzi migliori del Novecento, oggi purtroppo dimenticato nonostante sia stato, per tanti anni, uno dei nostri libri italiani più venduti negli Usa (800 mila copie vendute negli anni Cinquanta). Racconta la storia, di sconvolgente attualità, di due giovani nell’Italia del Dopoguerra, alle prese con una cronica mancanza di opportunità, lavorative e esistenziali. Nel libro, Arleffi fa dire al protagonista Luca che “un piatto di minestra non è un problema, quello in qualche modo lo si rimedia: ma per vivere tra gli uomini, serve ben altro”. Posto che Briatore si riferiva ovviamente a chi vive in città, e che la principale differenza oggi non è più tra chi vive a nord e chi vive a sud, ma tra chi vive in città e chi in provincia (basta vedere la distribuzione dei voti), il manager di Cuneo non ha fatto altro che dire la stessa di Arleffi: un conto è la sopravvivenza, un altro la vita. La sopravvivenza è questione di calorie e ha che fare con la necessità, la vita invece è fatta di speranze, a cominciare da quella di costruirsi un futuro migliore. E basta prendere un pezzo di carta e una matita per capire che 4 mila euro non bastano allo scopo, perché se un trilocale in affitto in città lo paghi, se va bene, 1.500 euro al mese (quasi sempre di più, ma facciamo finta di niente) a cui vanno aggiunte spese di condominio e bollette, e se fare la spesa è diventato un esercizio doloroso per quanto sono aumentati i prezzi negli ultimi anni, si capisce bene che per vivere il presente non resta praticamente nulla, figurarsi per mettere da parte dei soldi per il futuro dei figli.
Si tratta di un ragionamento ovvio, banale, e se la frase di Briatore ha destato scalpore la ragione è un’altra e ha a che fare con la famosa “società signorile di massa” di cui parla il sociologo Luca Ricolfi in un suo celebre saggio. Perché se a quei 4 mila euro al mese si incomincia a togliere la voce “affitto della casa” perché la casa viene generosamente elargita dalla famiglia di origine allora la prospettiva cambia radicalmente; e se poi aggiungiamo qualche “aiutino” che sempre mamma o papà o nonna o zia elargiscono per la giovane coppia di 30-40enni fintamente rampanti, allora abbiamo risolto il problema, di soldi per vivere come si deve ne bastano pure meno. In altre parole: nel mondo contemporaneo, dove per varie cause il capitalismo ha smesso di funzionare e per la prima volta nella storia la generazione attuale è più povera di quella precedente, la vera e unica differenza la fa la famiglia di appartenenza. Sarebbe interessante sapere quanti di quelli che ieri hanno accusato Briatore di dire il falso e “vivere sulla luna” pagano un affitto e quanti invece, commentando su Instagram, stanno comodamente sdraiati sul divano di una casa di proprietà dalla famiglia di provenienza; quanti sono obbligati a mandare i figli al nido privato perché quello comunale non ha posto e rivolgersi alla babysitter per le emergenze, e quanti invece hanno a disposizione nonni o parenti vari per sorvegliare la prole mentre sono al lavoro; e via dicendo. La generazione attuale è il nano che vive sulle spalle di quella precedente, come a sua volta l’Italia degli anni Ottanta tracannava champagne grazie ai rimasugli del boom degli anni Sessanta. Non si tratta di un fenomeno solo italiano, gli economisti parlano di “stagnazione universale”, ma è certo che dati terrificanti come quelli italiani non li ha nessuno: nessuno, a parte la Grecia, ha un debito pubblico come il nostro in Europa, e per quanto riguarda gli stipendi la crescita salariale italiana occupa le ultime posizioni della classifica, ben al di sotto della media europea.
Ma la cosa più grave non è nemmeno questa: il vero problema è che gli adulti italiani 30-40enni, quelli che dovrebbero essere il motore del rilancio hanno accettato perfettamente lo status quo, e invece di prendersela con una classe politica incapace di offrire qualunque prospettiva di rilancio preferisce prendersela con il Briatore di turno, il quale (sia chiaro, in questa circostanza, per un’idea completa del Briatore in quanto tale si rimanda alla lettura de “L’affaire Briatore” degli ottimi Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato) è colpevole solo di aver gridato che il re è nudo, potete anche vivere a Milano ed esibire su Linkedin complicate mansioni manageriale espresse in inglese e ogni tanto concedervi un all you can eat, ma le vostre vacanze al mare nella seconde case di famiglia o la borsetta di Miu Miu regalata dalla mami a Natale dimostrano che non siete altro che mantenuti, e quando nonna smetterà di prendere la pensione di reversibilità cominceranno i dolori. Godetevi le vostre serie americane su Netflix: ma sappiate che il salario medio in America su base annuale per i laureati è di 77 mila dollari, che sale a 90.000 per chi ha fatto il master. Vogliono dire 150.000 mila o 180.000 dollari l’anno a famiglia, ben oltre quello di cui parla Briatore. E non venite a parlare di diverso costo della vita: si tratta di dati medi, che tengono conto delle infinite praterie che si estendono da costa a costa; perché se guardassimo solo alle grandi città, tipo Manhattan, si sfonda il muro dei 160.000 mila a testa. A volte alzare la testa oltre Chiasso aiuta a vivere sulla Terra, a uscire da questa bolla autoreferenziale chiamata Italia.