“Ha ragione lei”. Lo dice il critico Vittorio Sgarbi dopo che gli abbiamo sottoposto il racconto di quanto denunciato dalla cantante Elisa Cipro, che al Parco Archeologico di Paestum con indosso un top e un pantalone lunghi fino ai piedi, non è stata fatta entrare per la sola colpa di essere troppo prosperosa: “La vicenda – commenta a MOW Sgarbi – è abbastanza strana. Elisa Cipro, che ascolterò cantare, ha perfettamente ragione. È probabile che alcune giovani esili, che hanno l’aspetto di adolescenti e che quindi possono essere considerate come delle bambine cresciute, vengano guardate con minore attenzione. Come se fosse un abbigliamento consono all’età puberale, e come se avessero i genitori ad accompagnarle. Mentre Elisa Cipro, che pure se veste nello stesso modo, ha il corpo formoso di una donna che rende la pelle nuda più evidente”.
Requisito necessario per essere ammessi al Parco un dress code decoroso, concetto tanto astratto quanto dipendente dal giudizio personale di chi lo applica. Si tratta quindi di un requisito che nessuno dovrebbe essere costretto a rispettare, se distante dal proprio modo di agire e pensare: “Ogni persona può entrare in un sito archeologico vestita come vuole, ed è ridicolo discriminare la persona più formosa da quella che ha l’aspetto esile di adolescente. Il top era indecente nella percezione di chi vede una donna prosperosa come una provocazione sessuale. Ma non sta scritto da nessuna parte che la donna prosperosa, che può sembrare provocante, non possa entrare rispetto a una ragazza con un piccolo seno. Si tratta di una percezione degli addetti ai lavori, che applicano un loro criterio tardomoralistico di epoche lontane, addosso a una persona che invece sceglie di vestirsi magari per il caldo in modo succinto”.
Poi, del resto, il parco di Paestum non è una chiesa dove, volenti o nolenti, si tende a rispettare la regola, non propriamente scritta, delle spalle coperte per entrare: “Questi templi non riguardano più delle divinità viventi e attive. In chiesa, per via del culto, si può scegliere di rispettare la pudicizia delle persone che sono all’interno. Ma il culto delle divinità greche non c’è più, per cui mancando il culto non c’è ragione di moralizzare i comportamenti in una visione sessuale che diventa sessuofobica. Per cui non esiste un tabù rispetto alla religione, a maggior ragione in un luogo dove il culto è morto. Spero comunque che si tratti di una vicenda episodica”.