Sapete che il Pirellino, il grattacielo in costruzione vicino al Pirellone di Regione Lombardia, è stato occupato temporaneamente oggi? Sì, dai manifestanti per il Leoncavallo che poi, come se nulla fosse, hanno sfilato pacificamente per Milano. Massì, è normale. Ebbene, siamo entrati anche noi dentro il palazzo in costruzione insieme agli incappucciati con passamontagna rosa e abbiamo notato un po’ di cose interessanti. Ad esempio che lì dentro erano praticamente tutti minorenni. E un minorenne lo puoi denunciare sì, ma poi? Se ne torna a casa dai genitori che gli mollano una sberla e finisce tutto lì. Oppure gli dicono: “Bravo figliolo, così Manfredi Catella impara! Non si può corrompere tutto il Comune di Milano per fare i propri interessi di palazzinaro. No no!".

E poi alla fine, la manifestazione di oggi è stata tutta una grossa scampagnata, una gita di classe. L’ingresso nel cantiere dell’ex edificio comunale, oggi di proprietà di Coima – uno dei progetti al centro dell’inchiesta sull’urbanistica della procura di Milano – un allegro risvolto, un inaspettato cambio di programma, come quando la maestra decide di portare la classe a fare lezione al parco. I ragazzi salgono le scale del cantiere, arrivano sul tetto e iniziano a versare vernice rosa sul cartellone di Fineco che riveste le impalcature. Peccato che non siano molto esperti in queste faccende e gran parte della vernice finisca in testa a chi, da sotto, sta facendo da palo. Vabbé, sticazzi, vernice rosa su felpa e cappuccio nero fa pandan. Qualche bestemmia scappa ugualmente, mentre da sopra si inizia a gridare in coro all’intifada, a loro parere “necessaria”.

Nel cortile del palazzo, una ragazzina bionda con l’auricolare all’orecchio (le cuffiette bluetooth sono troppo vulnerabili alle intercettazioni della polizia, che blocca la strada poco più in là senza battere ciglio, come se fosse già tutto previsto) ci si avvicina e ci porge un nastro, ordinandoci con la voce blu autoritaria dei venditori: “Impacchettate tutto!”. E noi: “Agli ordini, mein biondissimo Führer”. Con il nastro in mano gli incappucciati ci fanno passare, ci fanno strada. Sul retro del palazzo un’altra liceale che sta “impacchettando” il Pirellino con il nastro rosso e bianco, come fosse un’opera di Christo, ci domanda: “Così va bene o continuo?”. E noi: “Continua pure, devi recintare tutto il perimetro, fai tutto il giro e poi torna qui”. Ci voltiamo ed è pieno di nastri che formano una rete attraverso la quale ci addentriamo come Indiana Jones nella giungla, ci facciamo strada a colpi di machete.

Una volta fuori è tutto un fuggi fuggi: i ragazzini che, come dopo un’incursione di Israele, calati alla perfezione nel loro personaggio di insubordinati, di ribelli, fanno gesti da operazione militare: “Via tutti, via via!”, facendo doppio cenno con l’indice e il medio. Tutto è bene ciò che finisce bene: come in un lieto fine, la processione con striscioni, bandiere della Palestina, dell’Anarchia, continua serena. L’immancabile colonna sonora tecno di Bella Ciao, e addirittura È tutta mia la città degli Equipe 84. Cantiamo anche noi, ormai ubriachi di quest’euforia diffusa. Finalmente la nostra bella rivoluzione. Come diceva Giorgio Gaber, la libertà è come la chitarra: ognuno suona come vuole, e tutti suonano come vuole la libertà. Solo un muratore, affacciato da uno dei parapetti più in alto, pare affranto. È rimasto solo lui. “Ma che libertà e libertà? Chi ripulirà tutto stu’ bburdell?? Ma poi, chi li ha fatti entrare a questi qua? Possibile che la polizia sia rimasta a guardare? Boh, magari si son messi d’accordo… ma soprattutto, chi mi pagherà gli straordinari?”.

