Tra gli inviati presenti in Russia per raccontare le dinamiche del conflitto in Ucraina c'era anche Giammarco Sicuro, giornalista della sezione esteri del Tg2. Ha trascorso a Mosca otto giorni, fino all’evacuazione forzata di sabato scorso, descrivendo - grazie ai suoi collegamenti - la situazione che giorno dopo giorno cambiava davanti ai suoi occhi, a cominciare dai segnali d'insofferenza nei confronti dei media indipendenti, che hanno determinato il blocco di network e giornali, con conseguenti minacce e arresti per i giornalisti locali e non solo (anche Sicuro è stato fermato dalla polizia), fino alla repressione delle manifestazioni in piazza contro la guerra, che non hanno risparmiato nessuno, bambini e donne anziane inclusi. Nella lunga intervista che ci ha concesso, l'inviato Rai fornisce un quadro dettagliato di quanto sta accadendo in Russia, dove si vocifera della nascita di un internet russo, che rende impossibile una libera informazione. Dall'altra parte ha posto l'accento sul potere di Putin e del suo esercito - tutt'altro che affievolito nonostante la riprovazione internazionale - sugli effetti delle pesanti sanzioni economiche sulla cittadinanza e sulle ambizioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Facciamo un passo indietro: c'erano segnali che Mosca avrebbe invaso l'Ucraina con questa potenza?
Da quello che ho appurato, parlando con persone incontrate a Mosca nei giorni seguenti all'invasione, non c'era la percezione di un attacco simile. Gli stessi russi (con esclusione del circolo attorno a Putin, nda) non si aspettavano affatto che si provasse ad invadere l'intero Paese, piuttosto che fosse una limitata operazione nel Donbass. Infatti, all'indomani della dichiarazione di Putin alla nazione in cui si riconosceva, appunto, il Donbass come Repubblica indipendente, alcuni miei collaboratori russi sottolineavano proprio lo stupore nell'apprendere quanto stava accadendo, ossia che l'esercito era entrato in Ucraina, con un tentativo di arrivare fino a Kiev. Segno di una decisione presa da Putin in totale autonomia, grazie all'isolamento che si è costruito in questi due anni, tempo in cui è diventato, anche per i russi, una figura misteriosa e lontana dalla gente.
Quindi una reazione di sgomento totale della popolazione?
Sgomento totale e panico diffuso, tant'è che in tanti sono scappati dalle residenze principali per rifugiarsi temporaneamente nelle seconde case, a causa anche di allarmi bomba. Insomma, quella classica situazione in cui scatta la paura inconscia, con gente che temeva anche un attacco aereo. Questo la dice senz'altro lunga su come la maggioranza fosse preoccupata delle conseguenze immediate, aggiunto al timore di tantissimi russi di non avere notizie dai loro familiari in Ucraina. Un tema che non è stato particolarmente trattato, ma ci sono connessioni enormi tra i due Paesi, tanti russi e viceversa hanno infatti parenti nell'altro Paese, quindi ne è derivata una sofferenza reciproca nel non riuscire ad avere notizie dei propri consanguinei.
Il controllo da parte del regime dei social e dei media è totale. Ma esiste un mezzo con cui le persone riescono ancora a informarsi in modo libero?
È un aspetto che abbiamo osservato giorno dopo giorno, purtroppo, in maniera sistematica. Putin l'ha portato quasi al termine. Alla pari dell'invasione militare si è mosso infatti nel mettere a tacere ogni tipo di informazione che non fosse allineata al regime, quindi l'agenzia che si occupa della censura ai media ha spinto con segnalazioni, intimidazioni, avvertimenti, finché a un certo punto è stata approvata addirittura una legge dal Parlamentare russo (la Duma) che prevede fino a 15 anni di prigione per chi diffonde fake news, e per tali si intende anche semplicemente l'uso di parole come "guerra" o "invasione". Questo perché in Russia si parla di operazione militare, non di guerra, anzi è vietato usare termini simili. Questa legge ha quindi consentito alle autorità e a questo mezzo di censura di bloccare tutti i media indipendenti. Così sono caduti, uno dopo l'altro, tutti i grandi network e giornali privati, e di conseguenza alcuni giornalisti sono stati arrestati, altri sono scappati dal Paese... non è un buon segno. Oltre questo sono stati bloccati, ed è un'altra decisione storica, tutti i social network (Facebook, Twitter, Tiktok), e si vocifera pure di un internet russo, per impedire ai cittadini di informarsi veramente, quindi diventa molto complicato sapere, per chi non desidera la propaganda di Stato.
Per questo motivo, vista la situazione insostenibile, la Rai vi ha comunicato la decisione di abbandonare il campo.
Esatto, di fatto questa legge ha inibito la possibilità di lavorare in maniera indipendente, col rischio di essere arrestati o peggio, anche se la normativa sembra rivolta ai cittadini russi, che possono essere accusati di tradimento della patria, dunque senza effetto diretto su noi giornalisti della Rai, che avremmo accusato magari semplicemente un'espulsione. Però non è certo del tutto, perché i termini della legge sono molto vaghi, quindi la Rai, come altri media internazionali, ha avviato una linea precauzionale. Di sicuro i collaboratori locali, che ci aiutano, avrebbero pagato delle conseguenze troppo rischiose. È chiaro che andando via tutti, adesso è impossibile fornire un'informazione indipendente e capire davvero cosa succede in Russia.
C'è chi ha addirittura ironizzato sul vostro rientro. Nel frattempo il Papa ha ringraziato chi fa informazione rischiando la pelle.
Il Papa ha sempre una grande lucidità nei confronti del mestiere del giornalista e sulla necessità di fare giornalismo sul campo, ossia di chi racconta direttamente dai posti. Poi chi ironizza... c'è sempre chi ironizza comodamente dal divano di casa, affermando cose fuori dal mondo. In questa situazione però scherzare è stupido nonché fuoriluogo, vediamo morti su ambedue i fronti, persone che stanno soffrendo, che vengono arrestate perché manifestano contro la guerra... Entrando nello specifico, è difficile capire se andare via sia stata una decisione più o meno giusta, non lo sapremo mai, ma di sicuro le condizioni di lavoro erano molto complicate. Pertanto, aveva senso rimanere se non potevamo più raccontare nulla? Gli ultimi giorni non potevo neanche muovermi dall'albergo, le dirette si svolgevano davanti all'hotel, insomma era impossibile muoversi, e mi avevano già minacciato anche i militari. Quindi non aveva più senso restare, soprattutto per l'incolumità dei collaboratori russi, che hanno ricevuto minacce e le ricevono tuttora. Di sicuro non è la mancanza di coraggio che manca agli inviati, lo verifichiamo anche in Ucraina, ma in alcune situazioni è necessario fare un passo indietro.
Nonostante tutto ciò, in Russia si continua a manifestare contro la guerra. Ma la repressione non risparmia nemmeno i bambini, come ci hai raccontato attraverso i tuoi servizi.
Non risparmia nessuno. Abbiamo documentato casi di bambini e donne anziane arrestate per aver portato dei fiori all'ambasciata Ucraina. D'altronde ogni forma di dissenso è interpretato come tradimento della patria, quindi questo fatto non consente ai cittadini di protestare in massa. Onestamente non me la sento di criticarli, perché i contraccolpi personali sono giganteschi. Ho raccolto tanti casi di persone licenziate dal datore di lavoro dopo l'arresto per protesta, arresto che dura poche ore, anche se la nuova legge ha implementato il rischio di una prigionia più lunga. Oltre alla discriminazione sociale, si rischia anche di perdere i propri figli. Insomma, la posta in palio è molto alta, un sacrificio importante, che non porterà a niente, visto che la maggioranza della popolazione sostiene comunque Putin.
Quindi Putin dalla sua ha ancora la maggior parte del Paese?
Non esiste un sondaggio ufficiale, ovviamente, sono quelli della propaganda, ma l'impressione che deriva anche dal mondo dei dissidenti raffigura un quadro in cui la maggioranza è ancora con Putin, e mi riferisco soprattutto agli elettori della Russia profonda, della provincia, quindi quelli lontani dalle grandi città, come Mosca e San Pietroburgo, in cui per buona parte sono contrari al conflitto. Di sicuro la propaganda ha garantito i suoi effetti in questi anni, unita all’incapacità di capire cosa accade realmente in Ucraina. Quanto durerà l'appoggio non si sa, visto che le sanzioni economiche incidono anche sulla gente.
A proposito di sanzioni economiche, ritieni possano spostare i destini del conflitto?
Sicuramente possono avere un effetto molto duro, colpendo però soprattutto la classe media, che in questi anni si era avvicinata ai valori occidentali, mentre Putin e i suoi oligarchi sono talmente ricchi che le sanzioni non li sfioreranno neppure. D'altra parte la Russia ha molte risorse e una partita importante da giocare anche sul piano delle materie prime, dove può bloccare, per esempio, le riforniture di gas. Per la classe media, invece, come dicevo, gli effetti sono importanti. Del resto la svalutazione del rublo reca un danno pesante a chi intasca uno stipendio normale, unito alla difficoltà di fare impresa. In più sono bloccate le transazioni economiche internazionali, come con le carte di credito, impossibili gli acquisti Apple, la visione della piattaforma Netflix, quindi usufruire delle grandi marche internazionali, che hanno bloccato l'acquisto alla Russia.
C'è difficoltà anche a reperire denaro contante.
Era complicato anche per noi, sono testimone di infinite file per un prelievo. Ma parliamo sempre e comunque della classe media, cittadini che già non sostenevano Putin, mentre il contadino della sperduta provincia russa non è influenzato negativamente dalla mancanza di questi beni, perché non li possedeva neanche prima, quindi non sovverte il suo appoggio al Presidente.
In merito alla propaganda, hai mostrato un cartone animato diffuso nelle scuole russe in cui si spiega la guerra.
È un cartone animato preparato evidentemente con largo anticipo, pensato bene, e comparso nei primi giorni dell'invasione, me l'ha mostrato una maestra. È inquietante. Attraverso la metafora di due bambini, uno dell'Ucraina e l'altro russo, si mostra come il bambino ucraino, protetto dapprima dal compagno russo, che è più forte, decide di instaurare nuove amicizie, che sarebbero Nato con Stati Uniti in testa. Amicizie che lo attirano su una "brutta strada", così da diventare violento con tutti, ed ecco perché l'amico russo è costretto, per il suo bene, a intervenire. Le immagini spiegano quindi quello che è successo - secondo Putin - ossia che la guerra sia conseguenza dell'ampliamento della Nato verso est.
Intanto nel mondo è scoppiata anche la russofobia.
È un grande problema, abbiamo ricevuto informazioni da russi scappati dal proprio Paese, che subiscono discriminazioni in questi giorni, e ho raccolto anche storie di bambini russi, in scuole tedesche, o dell'est Europa, vittime di bullismo e scherzi. È un fenomeno che interessa il mondo intero, inclusa l'Italia, dove abbiamo assistito a fatti raccapriccianti, come il corso su Dostoevskij. All'opposto dovremmo invece separare la cultura russa, che è straordinaria, e i russi stessi che non sostengono Putin. Di fatto ci sono tanti russi che amano i valori democratici, che sono contrari a questo regime, e non devono subire anche questo.
L'esercito russo sembra in difficoltà, anche grazie alle armi occidentali inviate agli ucraini. Ma è davvero così o Putin non vuole esagerare con i morti civili?
La seconda opzione, è quanto ho capito da ciò abbiamo raccolto in Russia. Più che una difficoltà dei russi, quindi, che si aspettavano una guerra veloce, ma non lampo, come immaginavamo noi. Insomma, sapevano che ci voleva tempo per conquistare l'Ucraina. Al momento è Putin che non sta ancora calcando la mano, ossia non ha messo in moto del tutto la sua aviazione, i mezzi di artiglieria pesanti, anche se sta aumentando giorno dopo giorno la sua forza di fuoco, e gli obiettivi sono diventati anche civili, non solo militari, ma non c'è ancora un via libero massiccio. Questo perché vuole chiaramente evitare perdite tra i suoi militari, testare la resistenza degli ucraini, e limitare le vittime civili, in modo da conquistare con meno spargimento di sangue possibile l'Ucraina. È ovvio che a mano a mano questi elementi stanno cadendo, nel fronte interno aumentano le critiche, anche se sottotraccia, quindi assisteremo presto a una vera escalation. Ma finora non abbiamo scoperto affatto il potenziale dell'esercito russo.
Nelle scorse ore è stato diffuso un filmato di un colonnello russo. Il prigioniero di guerra ha confessato di essere stato spediti in Ucraina con la menzogna per salvarla da un regime nazista, aggiungendo che le truppe russe non vogliono questo conflitto. L'insolita clip ha però alimentato dubbi sul fatto che l’Ucraina stia violando la Convenzione di Ginevra.
In tutte le guerre la propaganda si diffonde su ambo i lati, non possiamo essere così sciocchi e pensare che avvenga solo sul fianco russo, dove non si può diffondere, sui media russi, alcuna immagine che vada contro il volere del Cremlino. Anche dall'altra parte, però, non mancano tentativi di influenzare l'opinione pubblica, anche con informazioni distorte e propagandistiche. Sono certo che da entrambi i versanti, in questo momento, si stiano violando le regole internazionali, la Convenzione di Ginevra, con utilizzo delle bombe a grappolo da parte dei russi, a cui gli ucraini rispondono con l'uso di Battaglioni (Azov) famosi per essere vicini a gruppi neonazisti. Sia chiaro, sostenere che l'Ucraina sia un Paese da denazificare è una follia, quella di Putin, ma di certo ci sono formazioni ucraine di paramilitari che non stanno combattendo seguendo le norme internazionali. Conosciamo bene alcuni personaggi che purtroppo gravitano nel mondo dell'esercito ucraino. Detto questo, le responsabilità maggiori sono sempre imputabili a Putin, che plausibilmente sarà accusato di crimini di guerra. Tra l'altro, nel fronte russo, ci sono tanti soldati giovanissimi, mandati allo sbaraglio a combattere senza consapevolezza, dopo un'esercitazione in Bielorussia. Questo è confermato da tante madri, che non conoscono il destino dei proprio figli.
Ma gli attacchi del collettivo Anonymous hanno davvero ripercussioni sul Cremlino?
Certamente hanno avuto e hanno ancora ripercussioni. Abbiamo osservato, mentre eravamo lì, che i siti governativi erano bloccati. Ma anche in questo caso torniamo al discorso delle sanzioni economiche internazionali, a pagarne le conseguenze maggiori sono sempre i cittadini, che non possono prenotare la visita da un medico, pagare le tasse, una multa, insomma tutti quei servizi online stoppati. Uno degli attacchi cyber è stato dirottato addirittura verso una fondazione che aiuta le mamme a rintracciare i figli dispersi in battaglia - per storia l'esercito russo non fornisce informazioni alle famiglie - probabilmente un attacco sbagliato. Se la strategia è sfiancare la popolazione e farla insorgere contro Putin, allora...
Potrebbe accadere davvero?
Potrebbe... ma i russi non sono gli europei, sono abituati a vivere periodi di assedio, accerchiamento. Il russo medio reagisce chiudendosi ancora di più a questi attacchi esterni. È un popolo che ha vissuto varie guerre, hanno una grande capacità di resistenza nei confronti delle ristrettezze, il rischio quindi è che si ottenga l'effetto contrario.
Sullo scacchiere internazionale si muovono altri due grandi attori, Cina e India. Come interpreti la loro posizione?
Prima dello scoppio della guerra c'era stato un incontro tra Putin e Xi Jinping, in cui quest'ultimo aveva promesso eterna amicizia alla Russia, fatto che faceva già intuire la posizione cinese. In seguito l'intelligence americana ha insinuato che in Cina conoscevano già la possibilità di quest’attacco, accusa respinta con fermezza dalla Cina stessa, che ha anche dirottato, proprio nelle ultime ore, le responsabilità direttamente sulla Nato e la sua espansione a est. Una posizione tutt'altro da mediatore, come si aspettava l'Occidente, e per giunta pericolosa, non solo per il conflitto ma anche per l'escalation della Cina. Poi c'è l'India, una potenza atomica, e il fatto che all'Assemblea generale delle Nazioni Unite non si sia espressa contro il conflitto è altresì allarmante.
Insomma Putin non è affatto solo, come ci piace credere.
È isolato a livello numerico, ma chi applica sanzioni pesanti nei confronti della Russia è quasi esclusivamente la Nato, e il mondo non è mica la Nato. In più, è vero che può contare solo su pochi veri alleati, ma se questi alleati sono Cina e India, bastano e avanzano.
La condizione di Putin è questa: neutralità dell’Ucraina e rinuncia al Donbass. Dal canto suo il presidente ucraino si dice disposto a trattare su Crimea e Donbass, ma di non voler accettare alcun compromesso. Si può arrivare a un accordo con queste premesse?
Si deve arrivare a un accordo, l'alternativa è un'ecatombe. È chiaro che a questo accordo la Russia si presenta sul tavolo delle trattative con il coltello dalla parte del manico, ma Zelensky dovrà cedere. Per l'Ucraina non è più sostenibile una situazione di questo tipo.
Zelensky non sta giocando troppo al rialzo pur di mantenere il potere?
Apprezzo l'eroismo di Zelensky, che è rimasto accanto al popolo, al contrario di quanto è accaduto in Afghanistan, dove il premier è scappato all'indomani del tentativo di invasione dei talebani. Ma certe dichiarazioni in cui promette che la loro vendetta nei confronti dei russi sarà senza precedenti sono pericolose, non si può alimentare il fuoco in un momento del genere. È necessario invece che l'Ucraina accetti, se non tutte, alcune delle condizioni che la Russia sta mettendo sul tavolo, sperando che siano reali.
L'attacco alla Nato di Zelensky, con sollecito di una no fly-zone, è un'altra mossa pericolosa.
Una no fly-zone equivale a una dichiarazione di guerra della Nato verso la Russia. Zelensky sta alzando il tiro, sapendo di non potere ottenere ciò che chiede, quindi è un moto disperato per ricevere invece qualcosa di più realistico, come fornitura di armi e un supporto logistico maggiore.
Tornando al tuo lavoro, sei rientrato in Italia per cause di forza maggiore. È previsto un tuo ritorno per raccontare il conflitto sul posto?
Sicuramente non in Russia, e non adesso, anche se ho un visto valido, quindi se dovessero cambiare le condizioni, andrei di certo per riprendere il racconto di quanto accade. Tra l'altro temo anche che dovremo occuparci di questo tema a lungo, perché andrà avanti, sperando almeno non militarmente, per parecchio. Di fatto resterà la ricostruzione e soprattutto il flusso migratorio importante (oltre due milioni), che ci impegnerà, non solo nella narrazione, per lungo tempo.