Il giornalista, ex senatore e portavoce della Regione Lazio Marcello De Angelis ha aperto di recente un fronte politico con le sue dichiarazioni sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Lo storico militante della destra extraparlamentare, oggi al fianco del presidente del Lazio Francesco Rocca, ha scritto su Facebook di ritenere che con la strage di Bologna “non c'entrano nulla Giuseppe Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini”, i tre terroristi condannati in via definitiva come membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari. “Non è un'opinione: io lo so con assoluta certezza”, ha aggiunto De Angelis, definendo “apostoli della menzogna” coloro che sostengono una versione comprovata da tempo da giurisprudenza e storiografia. De Angelis dichiara di sapere la verità e di essere certo dell’innocenza dei terroristi condannati per il fatto. Nella sua uscita ritorna un vecchio refrain dell’estrema destra sulle piste alternative a quella accertata giurisprudenzialmente, fondata sulla presunta matrice palestinese dell’attentato e sul richiamo al ruolo di mente dell’operazione al famigerato “Carlos lo Sciacallo”.
Ma da tempo due giurisprudenze complementari hanno da un lato consolidato l’onere delle prove a carico dei responsabili materiali, e dall’altro aperto un discorso sui mandanti materiali della strage. Nel discorso di De Angelis manca proprio un richiamo a questo fatto: all’esistenza di un consolidato retroterra giudiziario e storico che parla sia di una matrice neofascista che di mandanti posizionati a livelli apicali nel sistema di potere. Il capo della P2 Licio Gelli, il giornalista e politico di destra Mario Tedeschi, il banchiere Umberto Ortolani e il potentissimo capo dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno, Federico Umberto D’Amato, sono stati indicati tra i mandanti nella recente sentenza con cui Paolo Bellini è stato condannato all’ergastolo in primo grado come complice dell’attentato. “La strage di Bologna – ragiona la Corte d’Assise del capoluogo emiliano nelle motivazioni della sentenza in cui i quattro soggetti, oggi deceduti, sono indicati come complici – ha avuto dei `mandanti´ tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario e talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica internazionale da quelle figure, quale contesto operativo della strage di Bologna”.
La corte bolognese, che ha giudicato su Bellini servendosi di consulenze di periti come lo storico Aldo Giannuli, specializzato nella “strategia della tensione” e nel terrorismo durante la Prima Repubblica, ha ricostruito anche i movimenti bancari e finanziari e la dotazione di 5 milioni di dollari con cui Gelli finanziò l’operazione, tramite un bonifico partito dal Banco Ambrosiano Andino, succursale peruviana del gruppo finanziario guidato da Roberto Calvi e prossimo al crac. Gelli, ha ricordato Patria Indipendente (il periodico dell’Anpi), dopo il fallimento del golpe Borghese operò una “intensificazione della campagna terroristica, durante la quale fu lasciata mano libera ai fascisti e neonazisti di Ordine nuovo, guidati in Veneto da Carlo Maria Maggi, già coinvolto nell’attentato di Piazza Fontana. Al suo fianco esponenti delle ideologie più estreme, come Fachini, Zorzi, Digilio, Rognoni, Gilberto Cavallini; strettamente collegati a Roma con Paolo Signorelli, De Felice, Semerari, i cui insegnamenti plasmeranno i Nar, gli ‘spontaneisti’ armati di Valerio Fioravanti”. De Angelis a questo onere probatorio non fa alcun riferimento, nonostante le responsabilità di Mambro, Fioravanti e Ciavardini vadano approfondendosi mano a mano che nuovi imputati sono indagati e condannati per Bologna.
Così come non appare fondata la “pista palestinese” che fa riferimento a Carlos, terrorista internazionale vicino ai movimenti anti-israeliani in Palestina, secondo la quale la fine del “lodo Moro” tra Italia e Palestina, che stabiliva una tregua con la guerriglia indipendentista sul suolo nazionale, avrebbe portato i palestinesi a organizzare la strage per rappresaglia. Ma nessuna prova è stata mai addotta per sostenerla. A tutto questo De Angelis, nella sua sparata, non fa accenno. E l’oblio sulla verità storica è palese, quando parla delle condanne dei responsabili ma non, con un ammanco grave, quando invece non parla del nocciolo duro: i mandanti. Mentre i nuovi processi, capaci di riassumere non solo i documenti dei precedenti filoni di Bologna ma anche anni di ricerche e processi a Brescia, Milano e Venezia, li stanno facendo venire allo scoperto. Mettendo la parola fine a qualsiasi pista alternativa. Ivi compresa quella che porta al Medio Oriente, totalmente scollegata dalla realtà dei fatti di Bologna.