«Quale partito? Quello che vive in un eterno mondo Anni Novanta o quello che si aggrappa a ogni minima posizione di potere?». Aldo Giannuli è tranchant nel commentare l’assenza di prospettive di rinnovamento del Partito Democratco. In una conversazione con Mow partita sulle prospettive dei dem in vista delle elezioni regionali in Lombardia lo storico e politologo dell’Università degli Studi di Milano non dà speranze al centrosinistra e recita il de profundiis per il Pd. Che, dice Giannuli, «è al capolinea».
Professore, neanche con Majorino nessuna chance di rinnovamento?
Intendiamoci: da uomo di Sinistra stimo e ho in simpatia Pierfrancesco Majorino, che reputo uomo per bene e preparato. Ma il Pd oramai è irrecuperabile: anche se candidasse San Francesco d’Assisi in persona non riconquisterebbe posizioni tra le classi popolari a cui ha voltato le spalle.
Il problema dunque non è Majorino, ma la struttura…
Assolutamente. Anzi, la candidatura di Majorino è oltremodo problematica se pensiamo che c’è una profonda discontinuità tra il nome, gettato nella mischia per bruciarlo e condurlo a sicura sconfitta, e l’assoluta vuotezza di un ceto politico senza progetto, di qualità inferiore rispetto al candidato.
Il fatto che il Pd in Lombardia giochi a perdere significa la fine di ogni vocazione maggioritaria?
Certifica una fine di un trend che con la regressione in termini di voti assoluti da tempo è palese a livello nazionale. E in un certo senso verrebbe da pensare che si bruci Majorino, peraltro una delle poche teste politiche pensanti là dentro, candidando un uomo puramente di Sinistra nella regione più di Destra in Italia per ricambiare il favore alla Lega, che a Milano non ha candidato…nessuno!
E l’opzione Moratti?
[Ride, ndr] Da uomo di Sinistra quasi quasi direi: votarla vorrebbe dire colpire sia la destra che il Pd! Ovviamente scherzo, mai e poi mai voterei la Moratti. Ma il fatto stesso che ci sia chi nel Pd che ha pensato all’ipotesi di sostenerla o che si discuta del ticket proposto da Renzi (Moratti candidata, Majorino vice) dà l’idea di quanto ormai Pd e rappresentanza della Sinistra siano mondi lontani.
Questo si riflette anche sulle primarie?
Sì. Credo siano le primarie più inutili della storia del Pd. Una cura pre-fallimentare. In cui, non a caso, si candidano figure di terza fila: con tutto il rispetto, Stefano Bonaccini, Elly Schlein e Matteo Ricci non sono figure capaci di rappresentare alcuna discontinuità. E dirò di più…
Prego, Professore…
Il Pd è focalizzato eccessivamente sui nomi e non pensa a progetti politici reali perché non è più capace di farlo. È diventato il partito del potere, dell’occupazione delle poltrone, del ceto che vive di politica e di nomine, di fatto un prolungamento dello Stato unito a un comitato elettorale. Brave persone come Majorino sono l’eccezione, non la regola. E c’è anche la questione dell’assenza di mea culpa sugli errori del passato.
Quali ritiene siano gli errori più grandi compiuti dal Pd?
Il sostegno incondizionato allo smantellamento del welfare, la guerra al lavoro compiuta attraverso l’abolizione dell’Articolo 18 e il Jobs Act, l’alternanza scuola-lavoro che grida vendetta, la subordinazione alla finanza e il supporto a ogni svolta austeritaria. Una politica fiscale che ha massacrato il ceto medio trasversalmente: dipendenti e autonomi. E per di più una politica estera nulla che forse solo sulla questione dell’Ucraina l’ha portato a schierarsi dalla parte giusta in sostegno a Kiev. Più, ovviamente, l’uso personalistico del potere fatto nell’era Renzi e una riforma costituzionale orrenda fortunatamente bocciata dal voto degli italiani. Buona parte dei membri di spicco del Pd non hanno mostrato alcuna discontinuità con le scelte di quei tempi.
E se il Pd è in declino chi rappresenta la Sinistra?
Molti oggi seguono le sirene di Conte, a cui peraltro il Pd è riuscito a risultare subalterno, oppure provano a creare improbabili cartelli con pezzi di vecchio ceto politico riciclato. Ma la realtà dei fatti è che una vera Sinistra potrà nascere solo ripartendo dal basso, dai movimenti di opinione, dalla militanza, dalla dialettica. Da temi forti: istruzione, salari, lavoro, democrazia, istruzione. Da battaglie su referendum, leggi d’iniziativa popolare, diritti. Da una ritrovata voglia di fare politica e comunità. L’esatto opposto dell’establishment dem.