La strage di Paderno Dugnano ha sconvolto l’Italia intera. Riccardo, 17 anni, ha tolto la vita a tutta la sua famiglia. Il gip per i minori ne ha convalidato l’arresto e il fermo in carcere. Motivo? La possibilità che ci sia una recidiva nel commettere lo stesso reato. Un delitto, questo, che è diventato materia di dibattito e l'editorialista Francesco Merlo, con un articolo pubblicato su Repubblica, si è espresso in tal senso: “È vero che Riccardo è un minorenne di 17 anni, ma non è vero che ha sterminato la sua famiglia perché è un minorenne di 17 anni. E non è vero che la famiglia sterminata è colpevole di avere covato la ferocia omicida dell’amatissimo adolescente Riccardo, di averla prodotta, prima di averla subita, insomma di essersela cercata. Certo, c’è un sano istinto di autodifesa nel pensare "a casa mia non potrebbe succedere", è un pensiero di presunzione che anche papà Fabio, 51 anni, e mamma Valeria, 49, avrebbero certamente avuto”. È un pensiero che tutti abbiamo, mentre ci culliamo nella sicurezza che “il brutto” non potrà mai capitare a noi ma sempre agli altri. E c’è un grande coraggio, insieme a una grande dimostrazione d’amore nel nonno di Riccardo che, nonostante tutto, ha scelto di rimanere accanto al nipote: “Merita il nostro abbraccio il nonno di Riccardo che all’amore della sua famiglia rimane fedele e perciò si stringe al nipote che ha ammazzato le persone che più lo amavano e che più amava al mondo. Il nonno prova ancora a dargli amore, anche se non lenirà il suo dolore né tanto meno resusciterà il piccolo Lorenzo, ammazzato a 12 anni con decine di coltellate. Deve essere così l’inferno: chiamare mamma e papà e sentirli dentro come i fantasmi di un eterno rimorso, rivedere il loro sorriso senza mai più gioirne”.
Quello che è accaduto, come spiega Francesco Merlo, non è necessariamente il risultato a cui si viene “spinti” se si vive in un ambiente disfunzionale: “La follia si può scatenare anche nelle più amorevoli famiglie, ma non per colpa delle amorevoli famiglie, che sono le vittime e non i colpevoli. I vecchi cronisti sanno che la cronaca nera non si commenta”. Anche se, ormai, si tende ad essere tutti opinionisti: “Il chiodo fisso dei professori di cronaca nera è che per ogni delitto ci sia un “vero” colpevole sociale o culturale da denunziare: la generazione, l’etnia, la città, il quartiere, la classe sociale, l’attività, il mestiere. A Paderno Dugnano il vero colpevole sarebbe la famiglia italiana dove starebbe sempre in agguato la ferocia. In una gara di pensosità e di profondità ci raccontano e ci spiegano “i giovani” e “i nostri ragazzi”, categorie inventate dal marketing”. Le accuse si allargano anche all’esterno dell’ambiente familiare: “C’è chi accusa anche la scuola e chi biasima i telefoni cellulari, ma soprattutto i genitori che non sanno educare. E la litania continua con le responsabilità della musica, della tv, il vuoto dei modelli che non sarebbero più quelli di una volta, la società tutta. Davvero il sociologismo è una malattia ideologica infettiva dell’informazione”.