Non avrei mai pensato di assimilare la parola trash ad un fatto di cronaca. Ma c’è sempre una prima volta. E questa prima volta unisce i lustrini alla criminalità organizzata. Immaginate una carrozza trainata dai cavalli, dei giocolieri in giro per la città ed un corteo di trombettisti. Lo so che per un attimo, forse prima di realizzare che c’è la mia penna dietro questo editoriale, avete pensato che stessi recensendo l’ultima versione di Cenerentola. Il riferimento però non è né alla ragazza in età da marito che dopo aver perso la scarpetta sale su una carrozza e sposa il suo principe, né a nessun altro cartone animato di disneyana memoria. La faccenda è dei nostri tempi ed è datata 28 marzo 2019. Almeno per quel che concerne il favor di telecamere e le prime pagine di giornali gossip. Dicevo, niente a che fare con un film fantasioso o con un matrimonio rinascimentale. Quanto piuttosto con il lascia passare definitivo per finire tutti dietro le sbarre. Al centro della scena quattro anni e mezzo fa c’erano loro, Immacolata Rispoli, detta Tina, e Antonino Colombo, detto Tony, cantante neomelodico. Sullo sfondo l’area di Secondigliano e Scampia. Ma non solo. Fatto sta che i due “novelli” sposi nelle ultime settimane si sono imposti su tutte le prime pagine, questa volta per le manette che gli hanno messo ai polsi. La Rispoli e Colombo sono stati infatti tradotti in carcere lo scorso 17 ottobre in attuazione di un ramificato blitz anticamorra. I due sono accusati di essere affiliati a Vicenzo Di Lauro, figlio del capo clan di Secondigliano e Scampia Paolo Di Lauro, da tempo in regime di 41 bis. L’impianto accusatorio è pesantissimo: i reati contestati ad un totale di ventisette persone sono l’associazione mafiosa, l’estorsione e la violenza privata aggravata. E ancora. L’associazione a delinquere finalizzata a turbative d'asta e aggravata dall'aver agevolato un clan mafioso, oltre che dal carattere della transnazionalità. Intanto, il riesame ha stabilito che Tina Rispoli e il consorte devono rimanere in carcere. Dunque, per il momento non sappiamo le motivazioni che hanno indotto il tribunale del riesame a respingere la richiesta dei legali della Rispoli circa la conversione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Ma non è comunque difficile comprenderlo per chi come me si occupa di profilazione criminale.
Tina è si è affermata a tutti gli effetti come una “boss in gonnella”. Una capessa, se vogliamo utilizzare il linguaggio camorristico. La donna dai capelli nero corvino ha dimostrato di possedere un know-criminale fin dal momento in cui ha preso in mano, almeno così sembra, le redini dell’annosa faida tra il clan dei Di Lauro, appoggiato dal padre e dai fratelli della stessa, e Gaetano Marino, il primo marito della Rispoli nonché esponente del clan degli scissionisti. Già, perché la Rispoli e Colombo non sono solamente una delle tante coppie trash che hanno occupato i salotti televisivi a reti quasi unificate. Al contrario, con il loro matrimonio hanno siglato un vero e proprio sodalizio criminale. Torniamo a Tina, che è quel che mi interessa, considerando la cui figura di spicco perché di rottura rispetto al passato dove le donne di camorra dovevano occuparsi solamente di procreare e di indottrinare la prole al culto criminale. Non è certo il suo caso e neppure la sua storia. La faccenda è intricata al punto da fare concorrenza a beautiful. Se non fosse che in questa vicenda ci sono di mezzo il sangue, il riciclo di denaro e l’organizzazione criminale. Per capire però il ruolo centrale della boss occorre fare un passo indietro e analizzare come è stata in grado di tessere la tela. E di averlo fatto non certamente come Penelope che aspettava il suo Ulisse. Tina Rispoli è figlia di Nicola Rispoli. Quest’ultimo, noto come boxer nell’ambito della mala, è storicamente il socio di Paolo Di Lauro, il boss dei boss di Scampia. Voi direte, beh è fisiologico assimilare la figlia di un camorrista a illeciti traffici. Giusta obiezione, se non ci fosse un passaggio fondamentale. E non solo per faccende di gossip. Difatti, Tina è convolata in seconde nozze con Tony. La donna era infatti vedova di Gaetano Marino, boss dei cosiddetti scissionisti e con il quale ha procreato tre figli. E chi erano gli scissionisti? La fazione opposta al clan Di Lauro che aveva dato vita proprio a quella che è stata definita la prima faida di Scampia.
Gaetano Marino, il marito a sua volta conosciuto con l’appellativo di Moncherino dopo aver perso le mani mentre stava piazzando un ordigno per un attentato, è stato ucciso in circostanze che appaiono poco chiare. Era il 23 agosto 2012 quando veniva attinto da ben undici colpi di arma da fuoco. Talmente poco chiare che dalla sua morte è scaturito un processo penale nel quale è stata sentita anche Tina. Del resto, lei si era sposata con il boss che si divideva con il sangue la piazza di Scampia. Ma proprio con gli scissionisti, per un dato periodo, i Rispoli, sostenitori dei Di Lauro, si erano affiliati. Per poi tornare alle origini. Tanto è vero che oggi la Rispoli e Colombo sono in carcere proprio per le faccende criminali intessute con il clan Di Lauro. Le coincidenze sulla scena del crimine non esistono. Districata la matassa genealogica, dunque, torniamo alla nostra Capessa. La donna mentre rilasciava la sua deposizione ha sostenuto di non essere a conoscenza che il marito fosse un camorrista. E alla domanda sul come potesse permettersi una vita fatta di lusso sfrenato e di cavalli bianchi ha risposto sostenendo di vivere con la pensione di invalidità del defunto coniuge. Quel che è certo è che, stando alle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, la Rispoli ha saputo negli ultimi anni dominare la scena. Mediatica e criminale. Accantonato il precedente matrimonio, ha sfruttato la sua figura pubblicamente per accaparrarsi tutto. Donna fidata per i suoi e senza dubbio carismatica. Negli anni ha agito, almeno per quel che appare dalle carte dell’inchiesta, come le sabbie mobili, passando dai salotti alle piazze più buie di Secondigliano. Una donna nera, e non solo per il colore dei capelli.
Meno costellato di intrighi e malavita è invece il passato di Tony, che è finito dietro le sbarre insieme all’ingombrante sposa. Classe 1986, Antonino ha da sempre coltivato il sogno di cantare e dopo le prime affermazioni nella terra di Sicilia ha trovato fortuna a Napoli, dove è stato consacrato da Mario Merola che lo ha battezzato come cantante neomelodico. Come Tina, anche lui aveva un matrimonio finito e tre figli. Questi, avuti con l’ex Luana Larosa, andavano spesso a trovarlo nella villa che divideva con la Rispoli. Una reggia trincerata dietro telecamere e cigni in pietra recanti la scritta Colombolandia. In pieno stile trash. La sua posizione circa il regime cautelare, a differenza di quella della moglie, resta nelle mani del riesame e potrebbe arrivare ad ore. Con il resto si scriverà la storia. Chissà se adesso, messe le briglie, la boss in gonnella riuscirà a rompere gli argini anche dal carcere. Quel che è evidente è che lo ha fatto nella gerarchia criminale.