Cari Millennial, svegliatevi e incazzatevi di brutto, perché vi stanno sottoponendo a un sordido gaslighting, proponendovi una visione della guerra come fosse una challenge, con tanto di kit di sopravvivenza. Guardate bene quel video della vostra nuova fata turchina atomica, il volto serafico di Hadja Lahbib - commissaria europea per la preparazione e gestione delle crisi - che con la serenità di una beauty guru vi illustra come sopravvivere all'apocalisse nucleare, una gita di 72 ore in cui basta avere un coltellino svizzero, un mazzo di carte e un caricabatterie. Ma chi è, la nuova MacGyver? Come se dopo lo scoppio di una testata termonucleare il vostro problema principale fosse come ricaricare il vostro smartphone liquefatto. Questa distopica buffonata ha un intento ben preciso, oltre alla risibilità del messaggio stesso. Non si tratta solamente di un grottesco consiglio pratico da Manuale delle Giovani Marmotte, ma di un esperimento di normalizzazione e di inganno della vostra buonafede e ingenuità: forse vi hanno targettizzato perché presumono siate cresciuti coi film fantasy e Max Pezzali, convinti che il male sia sempre una forza esterna, un Signore Oscuro da sconfiggere con un anello magico, non una scelta deliberata di burocrati in giacca e cravatta. Arrabbiatevi ancora di più: la vostra innocenza è una virtù da non profanare con degli intenti pronti a sciogliersi al primo fall-out, a quattromila gradi.

Vogliono abituarvi all'idea che la guerra sia concepibile e inevitabile, e lo fanno edulcorandone il concetto. Quei milioni di vittime anonime che hanno versato il loro sangue per riempire le pagine di quel mattatoio a cielo aperto che chiamiamo Storia – e che continua ad aggiornarsi tra nefandezze e massacri in angoli remoti del pianeta – vengono ora ridotti a un problema logistico da superare con un po' di spirito d'iniziativa e un power bank. È come se vi dicessero che, per sopravvivere quando un aereo precipita, basta allacciare bene le cinture e tenere a portata di mano un ombrello da aprire nel vuoto. La guerra è un’entità portante, radicata nel Dna di ogni essere umano, che da adolescente veniva coinvolto in un ciclico massacro di propri simili, nel nome di un'uniforme e di una bandiera. E solo in questi ultimi 80 anni noi occidentali abbiamo potuto vivere in una bolla protetta, che ci ha permesso l’agio del consumo, la globalizzazione e il turismo di massa alla scoperta di esotiche diversità. Quei decenni di pace sono sempre stati una tregua, tenuta in piedi dalla deterrenza nucleare per evitare la mutua distruzione. Incazzatevi doppiamente, cari Millennial, perché Hadja Lahbib è nata nel 1970, cresciuta dunque nel pieno di quella Guerra Fredda tra Nato e Patto di Varsavia – come il sottoscritto – e quindi con l'idea ben chiara di cosa possa essere l'apocalisse atomica. Ce lo insegnavano i nostri professori, i genitori e i nonni, sopravvissuti ai totalitarismi e all'ultimo conflitto mondiale, e lo facevano con timore reverenziale: perché la guerra va rispettata. È una tragedia che non puoi normalizzare con uno stupido video da influencer della distruzione. E qui, permettetemi una divagazione sulla manipolazione mediatica, per chi ancora crede che preparare l'opinione pubblica sia un atto di trasparenza. Ricordate il caso Aldo Moro? A un certo punto qualcuno fece circolare la voce che il suo corpo fosse stato gettato nel Lago della Duchessa: un depistaggio programmato, un esperimento di ingegneria sociale per abituare gli italiani all'idea che Moro fosse già morto, anche quando era ancora vivo in un covo delle Brigate Rosse. Perché, se la gente si convince che la fine sia inevitabile, si rassegna.

La mia generazione ha già visto, ha già dato e ha già avuto paura. Non si tratta di schieramenti geopolitici, ma di una catastrofe in cui l'unica vittima è l'umanità stessa, al di là di classi sociali, etnie e religioni. Ho scelto di non vedere quel video, per risparmiarmi un'inutile rabbia. Tocca a voi indignarvi, visto che avete più futuro da perdere. La scelta è vostra. Potete continuare a scrollare, come vi hanno insegnato a fare, o ribellarvi per davvero. Perché nessun kit di sopravvivenza potrà mai proteggervi dalla verità più semplice: che l'unico modo per vincere una guerra nucleare è non farla mai iniziare. E che, se accettate l'idea che sia inevitabile, allora avete già perso. Immaginatevi tra i sopravvissuti, con la pelle a brandelli, tra i crateri fumanti della vostra città, mentre il cielo si tinge di rosso e alcuni si scannano per un barattolo di fagioli: e d'un tratto voi tirate fuori quel ridicolo kit di sopravvivenza, maledicendo la propaganda e la vostra buona fede. La guerra è una cosa seria. E almeno noi – i tanto bistrattati boomer – abbiamo fatto in tempo ad ascoltare musica, a leggere libri che ne affrontavano l'argomento e a vedere film epocali come Threads e Apocalypse Now. Proprio quest'ultimo capolavoro di Francis Ford Coppola – ispirato al romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad – guardatevelo fino alla scena finale, ascoltate bene quelle due parole che dicono tutto: orrore, orrore.
