Ci sono gli influencer che non sanno nemmeno dove sia Bali ma che si ritrovano qui, nel cuore dell'Asia, a scattare le stesse foto, negli stessi posti wow, con le stesse pose. Ci sono poi i travel blogger, influencer anche loro ma molto meno patinati degli influencer di professione, spesso abituati a spostarsi zaino in spalla per apparire più “normali”, che raccontano sulla rete quanto sia figo fare l'esperienza X (sostituite X con la cosa più idiota e inutile che vi venga in mente e che potreste fare a 5-6mila chilometri da casa), dormire in un bed and breakfast ai limiti della pubblica decenza e mangiare in chioschetti più sporchi dei servizi igienici di un autogrill. Troviamo infine i viaggiatori occasionali, quelli che ogni anno aspettano di andare in ferie non tanto per riposarsi o scoprire qualche posto sconosciuto, bensì per imitare in piccolo, nelle loro cerchie di familiari e amici, le altre due categorie elencate. Insomma, tutti vanno a Bali, in Indonesia, per non fare un cazz*o di niente se non, certo, per pubblicare foto ritoccate da mille filtri su Instagram; ricevere centinaia di like; incrementare i follower (in certi casi anche le entrate); e avere l'impressione di sentirsi parte della “comunità che ce l'ha fatta”. E cioè di quella parte della popolazione mondiale che - solo per il gusto di raccontarlo agli amici del calcetto, del lavoro o del quartiere - può permettersi di fare dall'altra parte del pianeta le medesime cazza*te che potrebbe tranquillamente fare a Viareggio o Riccione. Non lasciatevi ingannare: questa gente non fa parte di alcuna comunità vincente. Semmai è parte integrante di un'apatia collettiva che sta divorando il mondo a colpi di Overtourism, o turismo di massa.

Perché abbiamo deciso di parlare proprio di Bali? Perché quest'isola indonesiana, un tempo nota per essere un paradiso rilassato per i surfisti, è diventata recentemente una meta ambita per i "creatori di contenuti" che desiderano promuovere il loro stile di vita da cartolina o avventuriero. Le strade di città come Canggu e Ubud sono fiancheggiate da caffè esteticamente gradevoli e negozi di abbigliamento bohémien, considerati la cornice ideale per attirare like su Instagram e TikTok. Nel 2024 Bali – intesa come isola - ha registrato complessivamente circa 6,33 milioni di turisti internazionali (erano meno della metà nel 2010): la popolazione locale conta meno di 4,5 milioni di persone. Il governo indonesiano è ben felice di intascare i denari portati in loco da questa mandria di turisti. “Se il turismo di massa continua senza controllo, Bali rischia il collasso ambientale con spiagge invase dalla plastica, riserve idriche prosciugate e barriere coralline morenti; sfollati a causa dell'aumento degli affitti e del sovraffollamento che spinge i balinesi ad abbandonare i propri quartieri; erosione culturale con luoghi sacri trasformati in luoghi di interesse fotografico sovraffollati e caos del traffico che provoca ingorghi che durano ore a Canggu e Seminyak”, ha scritto The Jakarta Post, il principale quotidiano in lingua inglese in Indonesia. E intanto sull'isola sono già sorti movimenti come “Bali non è per turisti, Bali è per i balinesi”, a conferma della frustrazione degli abitanti del posto.

Com'è oggi viaggiare a Bali? Se ascoltate gli influencer e guardate le loro foto vi sembrerà di immergervi in un sogno. Se però leggete altri resoconti, come un articolo apparso sul quotidiano britannico The Telegraph a firma della scrittrice Ruby Borg, scoprirete una situazione ben diversa. “Ci siamo resi conto di essere caduti nella trappola più vecchia del mondo: eravamo stati sedotti da belle immagini, ingannati da Instagram”, ha sottolineato l'autrice del pezzo. Colpa del sovraffollamento, di infrastrutture intasate, di un sistema di smaltimento dei rifiuti portato allo stremo, di sporcizia, di maleducazione da parte degli stranieri e di tante altre cose che hanno trasformato Bali in un posto qualunque. “Non so con certezza come Bali sia arrivata a questo punto, ma, come accade a tante destinazioni un tempo idilliache che soffrono sotto il peso del turismo di massa, sospetto che i social media abbiano molto di cui rispondere”, si conclude l'articolo del Telegraph. Tra le conseguenze dell'Overtourism troviamo l'aumento del traffico, delle costruzioni e dell'inquinamento. Ecco: queste dinamiche mutevoli, unite alla percepita mancanza di rispetto per la cultura e le credenze indù dell'isola, hanno rovinato un vero e proprio paradiso. Ci siamo giocati anche Bali.
