Prezzi impazziti, turisti in montagna e lidi deserti. Da giorni non si parla d'altro, ma adesso che l'estate sta raggiungendo il sommo climax di Ferragosto le polemiche si moltiplicano. Non più soltanto i vacanzieri, ma anche i bagnini si incazzano e scendono in piazza. Il Codacons rincara sui prezzi e 10mila hotel europei attaccano il portale Booking. Chi sta bene si compra un'isola in Albania, ma visto che fa Trump di cognome se la prende piena zeppa di mine antiuomo. Una volta si parlava di autunno caldo, politicamente, ma da questo punto di vista il cambiamento climatico ha colpito anche qui. Se gli altri anni era sempre l'estate più calda di sempre, per temperature, quest'anno lo è per altri motivi. Presenze giù del 20-30% rispetto agli anni scorsi, con punte del 25% di calo in Calabria ed Emilia-Romagna. Solo a luglio, secondo i dati del Sindacato Italiano Balneari, il crollo medio è stato del 15%. In Versilia, termometro fedele dell’andamento nazionale, il vuoto è sotto gli occhi di tutti. “Non c’è più nessuno, e lo vedi dai parcheggi”, racconta Stefania a Skytg24, cliente storica della costa. Fino a un anno fa per trovare un posto bisognava prenotare con una settimana d’anticipo, oggi puoi scegliere dove piazzarti anche all’ultimo minuto.

Il Codacons intanto denuncia rincari record: dal 2019 i prezzi dei lidi sono saliti del 30-40%. Una giornata sotto l’ombrellone può superare i 100 euro. Gli esempi parlano da soli: 600 euro per una tenda al Twiga di Marina di Pietrasanta, 1.500 per la “tenda imperiale”, 560 per una postazione vista mare all’Augustus Hotel di Forte dei Marmi. “La vacanza al mare è diventata un lusso” ammette Marco Daddio, presidente dei balneari di Lido di Camaiore. E molti rinunciano. E non è solo questione di prezzi. Le ferie lunghe sotto lo stesso ombrellone sono ormai un ricordo: oggi si viaggia a tappe, si spezzettano i giorni per vedere più mete. Il risultato? Settimane feriali da deserto, weekend da tutto esaurito. “La villeggiatura di una volta non esiste più” conferma Laura Botarelli, titolare de “Il Cavallone”. “Prima le famiglie affittavano un ombrellone per tutta la stagione, ora si concedono solo pochi giorni”. Cambia anche la geografia dei giovani: “Un tempo stavano qui con i genitori” ricorda Alessandro Montaresi, bagnino e gestore. “Oggi chiedono Ibiza, Mykonos, viaggi all’estero. E i genitori pagano, togliendo budget alle vacanze di famiglia”. C’è chi vede una crisi strutturale e chi parla di pausa momentanea. Cristiano Tomei di Cna Balneari punta il dito contro il maltempo di luglio e prevede un agosto da recupero totale, trainato dal caldo e dal Ferragosto. Ma i numeri, e gli ombrelloni vuoti, raccontano una realtà meno ottimista: il mare italiano rischia di restare un paradiso, ma solo per chi può permetterselo.

Nel frattempo si incazzano anche i bagnini, una volta simbolo di pace, virilità made in Italy da esportazione, soprattutto verso la Germania, e chiacchiera col bagnante. La sorpresa è questa: non è il mestiere più bello al mondo. Tanto che hanno deciso di scendere in piazza, con tanto di precettazione da parte del governo. Ma lo sciopero non è annullato: i marinai di salvataggio di Rimini non arretrano di un passo. La Filcams Cgil denuncia “un tentativo vergognoso di svilire il diritto allo sciopero” e annuncia che sabato 9 agosto il corteo ci sarà, precettazione o no. Francesco Guitto, segretario generale, è netto: “Ci vogliono zittire, ma noi andiamo avanti”. Dietro la protesta c’è un nodo che si trascina da due anni: nelle ore di pausa pranzo il presidio è dimezzato e ogni bagnino deve sorvegliare il doppio del tratto previsto per legge, 300 metri invece di 150. Una follia, dice il sindacato, che moltiplica il rischio per bagnanti e soccorritori. E i fatti parlano: bimbi salvati in extremis mentre il collega era a decine di metri di distanza, due interventi in meno di 24 ore con un solo bagnino a presidiare un’intera spiaggia. La “precettazione” imposta a circa 200 addetti, per la Cgil, è la beffa che si aggiunge al danno: non solo è “illegittima”, ma lascia invariata la pericolosa copertura a 300 metri durante la pausa, in aperto contrasto con le disposizioni della Commissione di garanzia sugli scioperi. In pratica, si vieta lo sciopero in nome della sicurezza, ma la sicurezza resta comunque a metà. “Sabato rispetteremo la precettazione, ma sfileremo lo stesso” ribadisce Guitto. Corteo dalle 12.30 alle 14.30, partenza dal bagno 36-37 e arrivo al porto di Rimini. La Filcams Cgil chiama a raccolta cittadini, turisti e associazioni: “Non volevamo scioperare, volevamo un tavolo istituzionale per risolvere il problema dal 2026, ma ci hanno lasciati soli. Ora la nostra risposta sarà in strada”.

E ci sono grane anche per Booking.com, piattaforma principale delle prenotazioni online, che finisce nel mirino di oltre 10mila hotel europei, accusata di aver sfruttato la propria posizione dominante per condizionare il mercato per quasi vent’anni. La class action, una delle più grandi mai avviate nel settore, è promossa da Hotrec, la federazione europea di hotel, ristoranti e caffè, con il supporto di 30 associazioni nazionali, e punta a ottenere risarcimenti miliardari. Al centro della disputa ci sono le famigerate clausole di “miglior prezzo” (Parity rate), con cui la piattaforma avrebbe imposto agli hotel di non offrire tariffe più basse su altri canali, nemmeno sui propri siti ufficiali, scoraggiando così le prenotazioni dirette. Una strategia che, secondo gli albergatori, ha gonfiato le commissioni e ridotto i margini, in un contesto in cui Booking, con il 71% del mercato europeo, è praticamente ineludibile per chi vuole visibilità globale. La causa copre il periodo 2004-2024, fino alla rimozione delle clausole in seguito al Digital Markets Act dell’Ue. Gli albergatori si appoggiano anche a una sentenza della Corte di giustizia europea che ha ritenuto queste pratiche contrarie alle regole di concorrenza. «Gli hotel hanno sofferto per anni condizioni ingiuste e costi eccessivi - attacca il presidente di Hotrec, Alexandros Vassilikos - ora è il momento di reagire». Booking respinge le accuse, definendo le affermazioni “inesatte e fuorvianti” e sostenendo che le clausole servissero a garantire la competitività dei prezzi, non a limitarla. La piattaforma cita anche un sondaggio secondo cui il 74% degli albergatori ne riconosce i benefici economici. Ma, per molti, la sensazione è che l’ospitalità europea stia tentando di ribellarsi a un colosso da 170 miliardi di dollari, capace di condizionare tariffe, visibilità e profitti di un intero settore. Poi c’è chi le ferie se le può permettere, in maniera del tutta assurda. Siamo in Albania, dove Ivanka Trump compra l'isola di Sazan per 1 miliardo di dollari. L’obiettivo è trasformarla in un resort di lusso. c’è solo un piccolo problema, l’intera l'area è impestata da mine antiuomo inesplose. Prevediamo le attività extra del resort: immersioni con l’artificiere, acqua gym schivando le mine, fuochi d’artificio ogni sera. D’altronde giochiamo in casa Trump, uno che vuole trasformare Gaza in un’altra Sharm El Sheik. E qui si torna alla polemica dell'estate: il turismo è roba da ricchi.

