Il turismo in Italia è arrivato a un punto di rottura. Dall'estremo del fenomeno overtourism si è giunti finalmente al ribaltamento, tanto che si potrebbe quasi parlare di undertourism. Il motivo? Tutto sommato semplice: il portafoglio. Le cause però sono complesse. Il punto da tenere fermo è uno: i prezzi letteralmente impazziti, e gli stipendi rimasti al palo. I vacanzieri sono sempre stati vacche da mungere, ma il latte, adesso, è esaurito. La milanesizzazione delle tariffe per ombrelloni, merende, pranzi e cene, arrivata perfino al grande Sud che un tempo era proverbiale sinonimo di risparmio, ha dato il colpo di grazia a un settore che da solo potrebbe tenere in piedi il Bel Paese. Sole, mare e arte sarebbero il petrolio d'Italia, peccato che ormai la gente non possa più fare il pieno. E le spiagge vuote, con i turisti che preferiscono la montagna, sono soltanto il sintomo di un problema che, al momento, appare insanabile. Il Salento, meta super inflazionata negli ultimi anni, non registra più il tutto esaurito. Sarà che un lettino e due ombrelloni possono arrivare a 60 euro al giorno, così come sfiorare i 100: quasi come un alloggio. A parlare sono i dati sulla tassa di soggiorno: da gennaio a luglio segnano un calo di affluenza del 10% rispetto all'anno scorso. Vieni a ballare in Puglia, invitava cinicamente Caparezza, dove la notte è buia. Ma il blackout vale per tutto lo Stivale. La Toscana, tappa fondamentale per chi vuole unire arte e mare, segna un 20% di presenze in meno rispetto allo scorso anno, e anche qui incidono i costi di parcheggi, ristoranti, pernottamenti. Nel Lazio resistono soltanto i turisti della domenica, mentre in settimana i lidi sono pressoché deserti. Crolla perfino l'Emilia Romagna, regione a vocazione vacanziera per antonomasia. Quasi il 3% di presenze in meno rispetto allo scorso anno, nonostante rimanga, per offerta, una delle destinazioni più a misura di risparmio.

Addirittura, come riporta il Resto del Carlino, gli hotel si vedono costretti ad abbassare i prezzi pur di attirare i turisti e riempire le stanze. Un sondaggio condotto sugli hotel di Rimini ha messo in luce che il 3,9% degli hotel a registrato una presenza inferiore al 50% della disponibilità, il 16,3% tra il 51 e il 60, mentre il 19,9% tra il 61 e il 70. Insomma, niente pienone nemmeno per una località come Rimini che negli anni si è vista riempire di orde di tedeschi, con sandali e calzino d'ordinanza, russi e italiani in cerca di servizi, divertimento, piadine e ospitalità, anche se il mare non è mai stato quel granché. E forse è l'unica regione ad aver capito l'unica possibile soluzione del problema: calmierare i prezzi per tornare a renderli accessibili. Anche se, per esempio, in Toscana non sono d'accordo. Marco Daddio, presidente dell'associazione dei balneari del Lido di Camaiore, ha detto a La Nazione che “abbassare i prezzi significa chiudere”, ricordando che nella sua zona gli ombrelloni hanno un prezzo che oscilla tra i 25 e i 30 euro, nulla di esagerato, e puntando il dito contro gli aumenti di autostrada, benzina e pedaggi. E qui andrebbe aperta un'altra enorme parentesi, ma si rischia di andare fuori strada. Anche se, visti i miliardi messi in campo per costruire il Ponte sullo Stretto, viene da pensare che Daniela Santanchè e Matteo Salvini, ministri del turismo e dei trasporti, avrebbero potuto dirsele due parole in più.

Poi c'è la Liguria, regione che per prossimità attira gran parte dei vacanzieri torinesi e milanesi, molti dei quali possiedono in zona delle case di villeggiatura comprate in tempi lontani in cui si poteva farlo. Oltrepassando anche qui la questione infrastrutture, che le autostrade per raggiungerla sono un supplizio ipercostoso di cantieri e code, c'è la questione dei rincari. Il simbolo è Alassio, città del Muretto, dove il prezzo per una settimana di lettino e ombrellone, stimato da Altroconsumo, è il più caro d'Italia: una media di 345 euro, con picchi di 600. Come una settimana in un resort con formula all-inclusive a Sharm El Sheik, o una settimana in un appartamento fronte mare in qualche isola greca, dove peraltro i lettini che vengono venduti intorno ai 12 euro al giorno sono spesso anche forniti di materasso imbottito e c’è sempre qualcuno che fa servizio bar all’ombrellone. Troppa differenza, no? Eppure, il ministro Santanchè sembra non vedere, o evitare il problema. Le sue ultime dichiarazioni? Questa, a inizio mese, dove dice che anche agosto “ci regala numeri davvero soddisfacenti, l’ennesima conferma del momento d’oro che il settore sta vivendo, grazie al lavoro instancabile di tutti gli operatori e alle politiche mirate del dicastero e del Governo. Oltre 18 milioni di italiani si apprestano a viaggiare, un incremento di 600 mila turisti in più rispetto ai 17,5 milioni registrati nello stesso periodo del 2024. Questo si traduce in una crescita del +3,4%, un segnale forte della fiducia e della rinnovata voglia di scoprire le nostre innumerevoli eccellenze. È evidente che stiamo raccogliendo i frutti di una strategia che punta sulla qualità, sulla diversificazione dell’offerta e sulla promozione delle nostre unicità, proiettando l’Italia verso traguardi sempre più ambiziosi nel panorama turistico internazionale”. O ancora, il 4 agosto: “Le previsioni per il trimestre agosto-ottobre sono estremamente positive: si stimano circa 260.000 assunzioni nel turismo, confermando la leadership di questo settore strategico per la nostra economia. I numeri parlano chiaro: l’occupazione prevista nel comparto rappresenta circa il 18,6% delle assunzioni totali stimate per il trimestre estivo-autunnale. Questo risultato è una chiara testimonianza dell’efficacia delle politiche implementate dal nostro Governo, che vanno dalla detassazione delle mance alla decontribuzione per i turni notturni e festivi, incentivando così il lavoro in questo ambito”. La verità? Chi riesce a organizzarsi va all’estero, dove i prezzi sono ancora umani e tutta la fuffa sul fatto che pagare di più equivale matematicamente a un servizio migliore ancora non è arrivata.
