Qui nel feudo Pirainito, il sole arroventa carrube, ulivi, agrumi e in qualche modo li ferma. Resta solo il suono delle cicale, che poi è il suono del silenzio, o della coscienza. Il Tempo scorre diversamente, anzi, per essere esatti (“adeguati”, direbbe Spinoza) non scorre per niente. Se io, ad esempio, mio muovo di dieci metri dal punto di partenza a quello di arrivo non è trascorso “Tempo”, questa parola sopravvalutata: semplicemente mi sono mosso. Credo che l’uso del termine Tempo sia dovuta all’orrore che provate per la parola “movimento”. Heidegger si chiedeva: perché c’è l’Essere e non il Nulla? Abbiamo risolto la questione, io ho risolto anche quella del movimento, ossia: perché l’Essere si “muove”? Voi ancora no, per cui parlate di Tempo. Il feudo dista esattamente 3800 chilometri da Gaza e 3800 chilometri da Mosca. Insisto in uno degli angoli di questo triangolo equilatero (Mosca e Gaza distano, ovviamente, 3800 chilometri). Sono un vertice dell’Apocalisse.

Pirainito è un portale. Vivo con un piede qui e con uno nel regno dei vivi e cerco di frequentare il meno possibile voi morenti (il fatto che vi ostiniate a chiamarvi “viventi” testimonia la vostra insita pazzia). Eppure, mentre qui mi godo una relativa stasi intorno a me la gente si agita: è in vacanza. Che termine orribile per indicare il vuoto dal lavoro. Che termine orribile il lavoro. Ma questo periodo (il “periodo” è un lemma grammaticale non temporale) mi conferma nella mia convinzione che non tutti gli umano ‘vivono’ (o muoiono: per morire bisogna prima in qualche maniera nascere). Vedo molta carne, questo sì, ma come al bancone del macellaio. La decadenza verso le carni esposte (in spiaggia come si Onlyfans) non è una questione morale (preferisco l’estetica alla morale, non fosse altro perché contiene in sé l’Etica – Est Etica – che è universale, mentre la morale è solo un’abitudine che cambia a seconda della convenienza (è una categoria economica, e io sono antieconomico). La carne si esibisce perché non c’è nient’altro: vivete – o pensate di farlo – solo perché avete della carne; glutei, seni, bicipiti, costine, filetti. Che poi Dio vi macelli è la giusta conseguenza logica. Anche il sesso è un urlo di disperazione. Ritenete che raddoppiare la carne in un amplesso sia una sottolineatura dell’esistenza, invece è una ulteriore cancellazione. Del sesso in spiaggia io conserverei i granelli di sabbia, le irritazioni, i graffi per un pezzo di conchiglia. Invece voi avete l’abitudine di farvi la doccia. Carne siete e carne ritornerete. Qui al feudo si vive un po’ come a Qumran, la comunità essena che insieme ai catari (e ai Veda) hanno raggiunto una visione del mondo che si avvicina alla Verità (fatevi una cortesia, no confondete mai la realtà con la Verità: la realtà si dà a chiunque, la Verità invece vi disprezza).

L’estate la passo così, odorando una folata di vento, guardando i movimenti lenti e misurati dei miei gatti, puntando come i miei cani un rumore in lontananza (i cani puntano l’Apocalisse, per questo ogni tanto esplodono di gioia). Ogni tanto, sì, mi sposto, abbandono la contemplazione e il rumore del silenzio per entrare nel mondo. Non è uno spettacolo degno. Forse Moreno Pisto, il direttore di MOW, quando mi ha chiesto un racconto sulla mia estate si aspettava una narrazione vacanziera e satirica, piena di odori e colori e perculate. Allora avrebbe dovuto dirmi: “Racconta la nostra estate”. La mia estate invece è da sempre questa: l’odore degli alberi, la polvere, i muri a secco con i suoi incastri divini, le biglie. È possibile costruire un muretto a secco di biglie? (Sono queste le domande che mi faccio). Al tramonto arrivano i fantasmi e si fa conversazione. Ad agosto, lo so, il momento in cui sarebbe più divertente raccontare l’umano, io perdo invece ogni interesse. Ad agosto io mi occupo di Spazio, di Niente (mi piace saperlo solido e impenetrabile). Disegno vettori nella mia mente fino al punto di farli collidere in una determinata misura ed esplodere. Ad agosto, insomma, divento un Dio. Mi piace l’odore del nucleare al mattino.
