Il braccio privato della legge. O meglio, il braccio privato e “operativo nell’attuazione delle politiche di promozione del made in Italy nel mondo”. È questo ciò a cui l’Enit, l’Ente nazionale per il turismo italiano, aspira. Proprio privato non è, ma l’approccio sarà quello. Non solo perché in sala produzione c’è Daniela Santanché, una vita a metà tra pubblico e carriera imprenditoriale, ma perché a dirigere l’organo recentemente riconvertito in spa dal ministro FdI sarà lui, l’amico di una vita, Flavio Briatore. Dopo Open to Meraviglia, open to Flavio. Forse nella speranza di dare all’Enit un carattere imprenditoriale più solido, più convincente, magari persino più affidabile? Dopo la campagna della Venere influencer le strade potevano essere solo due: persuadere una vera influencer (magari dai colori simili, come una Chiara Ferragni; impresa a dir poco faticosa); o puntare sulla vecchia scuola – e i vecchi amici – con il benestare, si fa sapere, anche di Palazzo Chigi.
L’uomo di Billionaire assomiglia sempre di più a Wolff di Pulp Fiction: risolve problemi. Lo abbiamo già visto di recente, infatti, insieme a Stefano Domenicali e a Matteo Salvini, probabilmente alla ricerca di qualche soluzione per il GP di Imola, a rischio dal 2025. L’ex team manager di Benetton (oggi Renault, francese ma con il cuore e la sede in UK) ha chiesto qualche giorno per pensarci. L’attesa potrebbe essere dovuta anche alla sua scarsa simpatia per l’operato del governo Meloni fino a oggi. In una recente intervista a Il Fatto quotidiano, infatti, avrebbe parlato di “figura di merda” con l’arrivo del Pnrr, lamentando anche la distrazione dell’esecutivo rispetto ai reali problemi (non il fascismo e gli insetti, per lui). Qualunque sarà la risposta, un “uomo del fare” (come lo ha definito la Santanché) potrebbe essere la persona giusta per un ruolo che in questi mesi sta facendo davvero discutere. Chissà cosa risponderà.