Nella settimana di Sanremo appena terminata (e potremmo dire - finalmente!), in Italia, in Europa e nel resto del Mondo sono successi tantissimi fatti, di cui alcuni estremamente rilevanti, che meriterebbero un po’ della stessa attenzione che è stata dedicata proprio al festival della canzone italiana. Eppure, nel nostro Paese la maggior parte delle notizie sono state a malapena menzionate praticamente ovunque, da radio e televisioni, fino ai social media, perché oscurate dall’ingombrante presenza della musica, dei cantanti e soprattutto delle polemiche di Sanremo. Tuttavia, su alcune questioni non è possibile tacere, ed ecco dunque le tappe principali di ciò che ci siamo “persi” nella settimana passata.
La guerra fra Israele e Palestina continua (anche sul Palco di Sanremo)
La guerra fra Israele e Palestina nella striscia di Gaza continua, ed è ormai giunta al suo quinto mese. Nella settimana appena trascorsa, persino i miliziani di Hamas avevano chiesto, nella giornata del 7 febbraio, un cessate il fuoco di 135 giorni, insieme a uno scambio di ostaggi, ma la proposta è stata inevitabilmente rifiutata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, con un commento che non lascia nulla all’immaginazione: “la guerra finirà solo con la distruzione totale di Hamas”. E dunque si è di nuovo punto e a capo. Intanto però, i morti, di cui la maggior parte sono civili, hanno superato le 27.000 persone, e la questione è infine arrivata persino sul palco di Sanremo, con gli appelli di Dargen D’amico sin dalla primissima serata – “cessate il fuoco” - alle parole di Ghali: “stop al genocidio”, riferite al popolo palestinese, che nelle ore immediatamente successive a Sanremo, hanno suscitato una miriade di polemiche sulla stampa e soprattutto fra i vertici Rai, tanto da spingere Mara Venier a (dover) leggere un comunicato in cui prende le distanze dalle posizioni pro-Palestina dei due cantanti, nel corso del suo programma Domenica In. Una speranza, seppur molto piccola, per una ipotetica distensione del conflitto, era arrivata dal fatto che Antony Blinken, Segretario di Stato americano, aveva recentemente dichiarato che gli Stati Uniti sarebbero pronti ad accettare la creazione di uno Stato palestinese; tuttavia, anche visti gli attacchi israeliani delle ultime ore a Rafah, dove vive oltre metà della popolazione della striscia di Gaza (un milione di persone), la strada da percorrere è ancora tutta in salita.
Milano: stop alla registrazione dei figli con “due mamme”
Nella scorsa settimana ha fatto parecchio scalpore la notizia della decisione della Corte d’Appello civile di Milano: è stato infatti deliberato che i figli delle coppie omogenitoriali, e in particolare di quelle formate da due donne, non potranno più essere registrati all’anagrafe con i nomi di entrambe le mamme. Sugli atti sarà infatti permesso di indicare solamente il nome della madre effettiva, ovvero la gestante, arrivando però così ad annullare alcune trascrizioni ritenute di fatto valide in precedenza. La questione ha ovviamente scatenato parecchie polemiche, anche se a pochi giorni di distanza è arrivata anche una notizia completamente opposta dalla Corte d’Appello di Brescia, dove, al contrario di Milano, si è deciso che gli atti di nascita dei bambini figli di due mamme, saranno ritenuti legittimi, mantenendo i nomi di entrambe le mamme.
Reggio Emilia: violenza disumana in carcere
Dopo che il caso di Ilaria Salis, in carcere in Ungheria in condizioni disumane da oltre un anno, e l’analogo caso di Filippo Mosca, in carcere invece in Romania, in condizioni simili a quelle di Ilaria, negli ultimi giorni è emerso altro caso legato alle carceri, ma stavolta la vicenda è avvenuta in Italia, e in particolare a Reggio Emilia. Sui social è diventato infatti tristemente virale il video di un detenuto di origine tunisina di 40 anni, brutalmente pestato dagli agenti di polizia di un istituto penitenziario. Nel filmato si vede come l’uomo viene più volte preso a calci e pugni per diversi minuti, per poi essere calpestato con gli scarponi e lasciato agonizzante nella sua cella. Le immagini del pestaggio, risalenti in realtà al 3 aprile scorso, hanno fatto in poco tempo il giro del web, suscitando tantissima indignazione e polemiche, e facendo emergere che purtroppo, come nei casi di Ilaria Salis, e Filippo Mosca, anche alcune carceri italiane, hanno dei gravi problemi da risolvere.
L’intervista esclusiva di Vladimir Putin e le gaffe di Joe Biden
Anche la guerra in Ucraina continua da ormai quasi due anni, e proprio a questo proposito, l’8 febbraio scorso la Camera ha dato il via libera ufficiale per il decreto-legge per continuare l’invidio di armi all’Ucraina fino al 31 dicembre 2024, come già era avvenuto anche per tutto il 2023. Nel frattempo, Vladimir Putin ha deciso di rilasciare un’intervista esclusiva al giornalista e conduttore televisivo americano Tucker Carlson, che è stata interamente trasmessa su X (ex Twitter). L’intervista ha suscitato da subito tantissima curiosità (e non poche perplessità), anche perché si è trattato di uno dei pochissimi (per non dire l’unico) incontri di Putin con un giornalista occidentale dall’inizio del conflitto ucraino – la cosiddetta “operazione militare speciale” - tanto che il video dell’incontro, ha raccolto oltre 100 milioni di visualizzazioni in pochissimi giorni. L’incontro fra si è svolto a Mosca fra le mura del Cremlino ed è durato parecchie ore, in cui il presidente russo ha cercato di ripercorrere la storia di Russia e Ucraina in una maniera piuttosto singolare, cercando di spiegare le sue ragioni per iniziare il conflitto il 24 febbraio 2022. Si è discusso anche della (estremamente) remota possibilità di intavolare delle trattative di pace, in cui però gli attori protagonisti da considerare, non sarebbero Russia e Ucraina, ma bensì Russia e Stati Uniti. Negli stessi giorni però, proprio il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, più volte menzionato da Putin nel corso dell’intervista, ha collezionato un’ennesima serie di assurde gaffe, che oltre a suscitare ilarità, fanno dubitare sempre più sul suo stato di salute e lucidità mentale, forse ormai insufficienti per portare avanti l’importante ruolo che ricopre. Difatti, durante diversi incontri pubblici Biden ha prima fatto confusione sul Presidente francese Emmanuel Macron, chiamandolo con il nome di un altro ex Presidente francese, François Mitterrand, quest’ultimo però morto nel 1996; e poi successivamente, in un altro momento di confusione, Biden ha definito il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi come il “Presidente del Messico”, lasciando media e presenti sotto shock.
Il festival di Sanremo si è dunque concluso (purtroppo o per fortuna) e quindi sarebbe il caso di tornare a interessarsi anche ad argomenti più seri. Oppure potremmo semplicemente chiederci: siamo davvero in buone mani? – “Sta arrivando sta arrivando l’onda alta / Non ci resta che pregare finché passa…” (Onda alta, Dargen D’amico)