"Sono stato dipendente dall’eroina per nove anni. Ho smesso di botto quando sono stato arrestato. Strano a dirsi, perché dall’eroina non si viene fuori così facilmente - sappiamo che porta dipendenza fisica e psicologica -, ma ho dovuto farlo quando sono entrato nel penitenziario di Montpellier perché non volevo mostrarmi debole agli occhi degli altri detenuti: se avessi accettato un piano terapeutico per disintossicarmi sarei stato facilmente manipolabile". Antonio Sauchella, 49 anni, ex narcotrafficante fermato a Montpellier nel 2011 con un carico di 46 chilogrammi di hashish. "A 21 anni ho preso la patente che mi ha permesso di fare l’autotrasportatore, e mi piaceva perché viaggiavo per l’Europa. Ho cominciato poi a sniffare cocaina a 27 anni perché per me era una sfida. Io sfidavo la vita e non avevo paura di morire. Cercavo la morte perché avevo un vuoto dentro. Come infatti, quando poi ho cominciato a iniettarmi sia l’eroina sia la cocaina in vena, è successo che un paio di volte sono andato molto vicino all’overdose e non so come ho fatto a riprendermi. Ero anche da solo".
Secondo il report dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, nel 2022, i consumatori di sostanze stupefacenti erano 292 milioni, il 20% in più rispetto agli ultimi dieci anni. La cannabis è la droga più consumata nel mondo - conta infatti 228 milioni di fruitori -, seguita da vari oppiacei consumati da 60 milioni di persone, dalle anfetamine assunte da 30 milioni di persone, da 23 milioni di consumatori di cocaina e 20 milioni di consumatori di ecstasy. Il dato ancora più sconcertante è che sono 64 milioni le persone nel mondo che soffrono di gravi problemi legati al consumo degli stupefacenti. In più, si stima che 7 milioni di persone hanno avuto a che fare con la polizia (arresti, fermi, diffide) per crimini legati alle droghe, di cui circa i due terzi sono dovuti all’uso o al possesso per il consumo. "Ero molto bravo in quel periodo a occultare le mie braccia con le camicie. Spendevo circa 400 euro al giorno solo per il mio uso personale, e questo mi spingeva a dover guadagnare sempre di più e a non fermarmi. Non ho mai pensato al danno che mi provocavo e che potevo provocare ad altri. E soprattutto non ho mai riflettuto sulla parte inziale della filiera del mercato illegale, e cioè su chi la coltiva, quindi sui danni gravi che il consumo finale fa sull’ambiente e sulle persone". Antonio attualmente è operatore sociosanitario in una comunità di persone affette da patologie mentali. È uscito dal carcere nel 2017 e ha ricominciato una nuova vita, riprendendo il rapporto con la sua famiglia, con i suoi amici e con la società.
Spesso, quando si parla di narcotraffico si considera il commercio illecito in cui vi sono attori consenzienti e dotati di libero arbitrio senza però soffermarsi su chi è costretto a coltivarla per sopravvivere o perché è stato obbligato da qualcuno che gli ha sottratto il terreno. Molto spesso, non si considerano i milioni di ettari di foresta abbattuta per adibirla a coltivazioni illegali di papavero (per l’eroina) e di coca (da cui si ricavano gli alcaloidi della cocaina). E di conseguenza si escludono le vittime dei trasferimenti forzati, come le comunità indigene e contadine che sono costrette ad abbandonare le proprie riserve perché i gruppi armati devono coltivarvi materie prime illegali per finanziare le loro battaglie. Succede in Colombia, Venezuela, Ecuador e nelle aree remote di altri paesi come Perù e Bolivia. "Dobbiamo coltivarla per sopravvivere, ma sappiamo che ha ucciso e ucciderà i nostri figli", dice una donna indigena con le lacrime che le rigano il viso, che ho incontrato nella “ruta del narcotráfico” al confine tra Colombia e Ecuador. "I soldi che si guadagnano con il traffico della droga non bastano per pagarti poi gli avvocati e per rimediare ai propri errori. Errori di cui non ti rendi conto di fare quando ci sei dentro e non hai la lucidità per capire. La mia salvezza, oltre all’arresto, è stato l’Islam. Sono diventato musulmano durante la detenzione a Montpellier. Oggi, mi piacerebbe parlare ai ragazzi e dire loro che sarebbe una bella dipendenza portare ogni giorno un panino a qualcuno che ne ha bisogno anziché bucarsi. E sarebbe anche opportuno far conoscere meglio le droghe ai nostri figli perché se io fossi stato meglio informato avrei evitato di caderci dentro". Ghada Fathi Waly, direttrice esecutiva dell’Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine, nel comunicato di giugno 2024 conclude: "Dobbiamo curare e dare sostegno alle vittime della tossicodipendenza e investire molto di più nella prevenzione, anziché concentrarci solo sui mercati illegali".