Chi mi segue da tempo sa che il delitto perfetto non esiste, ma che al massimo resta impunito. Ciò significa che anche Unabomber ha le ore contate? Quel che è certo è che i periti del Gip di Trieste, nominati nel corso del secondo troncone d’inchiesta partito nel 2022, hanno chiesto una proroga di sessanta giorni per il deposito della perizia. Difatti, incaricati di comparare i profili genetici rinvenuti su alcuni reperti con il dna delle undici persone indagate, il colonnello Lago e la dottoressa Elena Pilli avrebbero chiesto di aggiungere alle analisi anche i campioni biologici di altre quindici persone. Persone che erano finite nella rosa dei sospettati nei tredici anni di attività del bombarolo. Il loro dna potrebbe essere la chiave di volta? Altamente probabile. Ma chi è questo soggetto che ha preso il testimone da Mad Bomber e Theodore Kaczynski? Unabomber italiano colpisce per la prima volta l’8 dicembre 1993, a Portogruaro, in provincia di Venezia. Ad esplodere è una cabina telefonica. Da quel giorno il bombarolo del Nord-Est colpisce più di trenta volte. Trentaquattro per l’esattezza. L’ultimo episodio, a oggi, risale al 2006. Quando una coppia di fidanzati che si trovava sulla spiaggia di Caorle, a Venezia, raccoglie da terra una bottiglia. Una bottiglia che è poi esplosa tra le mani del giovane e ha provocato ferite a entrambi. Le indagini hanno fatto flop, con sospetti che si sono rivelati dei ciechi indovinelli. Tirando le fila. Secondo quanto profilato all’epoca dei fatti, Unabomber sarebbe stato un uomo con un’età compresa tra i trentacinque e i cinquant’anni, con abili doti manuali, vista l’abilità nel confezionare i suoi ordigni, e con notevoli conoscenze in ambito chimico. Ora. Senza dubbio è possibile affermare che si tratta di un soggetto con caratteristiche personologiche disturbate, un uomo con alterazioni a carico della sfera sessuale, verosimilmente sadico, e che trae rifornimento dal sentire i media che parlano di lui. Tutte informazioni rilevanti, per carità, ma fin troppo generiche per condurre un’indagine. Figuriamoci per circoscrivere una rosa di possibili sospettati. Ciò perché, a differenza dei più noti serial killer o aspiranti tali, il bombarolo del nord-est non ha mai scelto una sua vittima né mostrato un consolidato modus operandi. Quello che invece sembra aver rappresentato il filo conduttore nella sua attività è la volontà di seminare terrore diffuso e generalizzato. Per questo ha colpito in maniera più disparata posti affollati, piccoli centri e festività. Nessun movente e nessuna preda designata. Forse una vendetta contro qualcuno o contro l’intera umanità.
Per il tempo che deve aver necessariamente utilizzato per confezionare gli ordigni è molto probabile che abitasse da solo e che, almeno fino all’ultima aggressione, abbia vissuto nella zona del Friuli occidentale dove si è concentrata maggior parte della sua attività criminale. Le indagini hanno fatto sempre un buco nell’acqua a causa delle molteplici Procure coinvolte. In tredici lunghi anni due sono state le persone particolarmente attenzionate: una persona appartenente a una rete terroristica e una persona che di professione faceva l’ingegnere. Solo quest’ultima però è stata formalmente indagata nel 2004. Tra tutti gli indizi ce n’è stato uno che sembrava dirimente. Un paio di forbici le cui lame erano sovrapponibili ai tagli su di un lamierino impiegato per fabbricare una delle bombe. Se non fosse che quelle forbici, repertate nell’appartamento e che potevano formare prova, furono rese inutilizzabili perché inquinate in sede d’indagine. Per questo il procedimento penale venne archiviato. E, per fortuna, dopo quell’archiviazione, Unabomber ha smesso di colpire. Una coincidenza? Non di certo. Anche se purtroppo le ragioni possono essere le più disparate. È possibile che il bombarolo del nord-est abbia avuto paura perché gli inquirenti sono arrivati a un passo da smascherarlo, oppure abbia contratto una grave malattia, sia morto o sia stato assicurato alla giustizia e si trova in carcere per aver commesso altri reati. C’è però una granitica certezza. Nessun killer seriale interrompe la sua attività se non è in qualche modo costretto. Ai posteri l’ardua sentenza.